Aggiornamento - Civile

I danni riflessi o danni “da rimbalzo” o danni esistenziali

Con la sentenza di seguito trascritta la Cassazione muta il proprio orientamento riconoscendo il diritto al risarcimento dei prossimi congiunti non solo in caso di morte ma anche di lesioni. L’indirizzo è successivamente confermato anche con la sentenza della Cass. civ., sez. III, 19 maggio 1999, n. 4852

Cassazione civile, 23 aprile 1998, n. 4186 

Omissis”
   1.1. Vanno, anzitutto, riuniti i ricorsi.
   Occorre, poi, esaminare il primo motivo del ricorso incidentale,   attesane la pregiudizialita' in relazione ai motivi del ricorso   principale.
   Con detto motivo la ricorrente incidentale ……… s.p.a.   lamenta la violazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., poiche', a parere   della ricorrente, il ristoro dei danni morali non puo' essere  riconosciuto in favore dei prossimi congiunti del soggetto vittima di   lesioni colpose.
   1.2. Detto motivo e' infondato.
  Va, anzitutto, rilevato che per la giurisprudenza costante di   questa Corte i prossimi congiunti della persona offesa dal reato di   lesioni personali, ancorche' minore di eta', non hanno diritto al   risarcimento dei danni non patrimoniali, mentre hanno diritto al   risarcimento in caso di omicidio e quindi di decesso della vittima   (Cass. 17.11.1997, n. 11396; Cass. 17.10.1992, n. 11414; Cass.   16.2.1988, n. 6854; Cass. 21.5.1976, n. 1845; Cass. 13.4.1973, n.   1056; Cass. 25.5.1972, n. 1658; Cass. 15.10.1971, n. 2915).  In questo quadro risulta quindi isolata la decisione di   legittimita' costituita da Cass. Pen. 2.11.1983, n. 9113, secondo cui   se i postumi invalidanti sono talmente gravi da determinare la
   perdita delle piu' importanti funzioni e capacita' dell'individuo,   si' che egli si riduce ad una mera vita vegetativa, il danno morale   dei prossimi congiunti e' danno risarcibile, dovendosi un tale stato   assimilare alla morte dell'offeso, con conseguente pregiudizio   morale, direttamente ed immediatamente ricadente sui parenti.
   La giurisprudenza di merito, per quanto non maggioritaria, ha   spesso riconosciuto il danno morale anche ai prossimi congiunti del   soggetto leso ritenendo che non vi e' ragione alcuna per distinguere   l'ipotesi di lesioni colpose da quelle di omicidio poiche' nell'uno   come nell'altro caso, le sofferenze dei prossimi congiunti derivano   direttamente dal fatto illecito costituente reato.   La giurisprudenza di legittimita' esclude il risarcimento del   danno morale in siffatti ipotesi per il difetto di nesso causale ai   sensi dell'art. 1223 c.c..
   Si osserva che per il principio della risarcibilita' del solo   danno diretto ed immediato, stabilito dall'art. 1223 c.c., il
   risarcimento del danno non patrimoniale spetta soltanto a chi ha   direttamente ed immediatamente subito la sofferenza, e cioe' al   soggetto leso e non anche ai prossimi congiunti, perche' costoro,   soffrendo per le sofferenze del proprio familiare, non sono colpiti   in modo diretto ed immediato dalla condotta lesiva del terzo.
   Nell'ipotesi di omicidio, invece, essendo venuta meno la persona   colpita, i prossimi congiunti sono i soggetti che in primis subiscono   la sofferenza, mentre altrettanto non puo' dirsi nel caso di lesioni   ove vi e' gia' un soggetto, cioe', il leso, il quale subendo la   sofferenza in modo diretto ed immediato, beneficia del risarcimento   del danno in esame.
   Viene, altresi', osservato che un'eventuale risarcibilita' di tale   danno anche in favore dei prossimi congiunti del soggetto leso   condurrebbe al risultato che il responsabile sarebbe tenuto ad una   sola liquidazione nel caso di omicidio (a favore dei prossimi   congiunti della vittima) ed a duplice liquidazione nel caso di   lesioni (a favore del leso e dei prossimi congiunti).
   Per superare questo ostacolo della risarcibilita' del solo danno,   quale conseguenza immediata e diretta del fatto lesivo del terzo, a   volte la giurisprudenza di merito ha ritenuto che il danno morale   subito dai prossimi congiunti si identifica in un danno alla loro   serenita' familiare ed altre volte in un danno all'esplicazione della   personalita' di genitore , costituendo, quindi, una conseguenza   immediata e diretta del fatto lesivo.
   1.3. Questa Corte, rimeditando la questione, ritiene di non poter   condividere il principio secondo cui i prossimi congiunti del   soggetto, vittima di lesioni, non hanno diritto al risarcimento dei   danni non patrimoniali.
   Non pare, infatti, che possa condividersi l'assunto secondo cui   costerebbe a tale riconoscimento il fatto che tale danno, essendo in   vita la vittima della lesione, sarebbe solo un danno costituente   conseguenza mediata ed indiretta della lesione, e come tale non   risarcibile a norma dell'art. 1223 c.c., richiamato dall'art. 2056   c.c..
   Infatti, a parte la dibattuta questione se la norma di cui   all'art. 1223 c.c. regoli il nesso di causalita' giuridica, mentre il   nesso di causalita' materiale sia regolato esclusivamente dai   principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p.c., con conseguente
   distinzione tra causalita' di fatto (contenuta nella struttura   dell'illecito ed avente come referenti le predette norme penali) e   causalita' giuridica (contenuta nella struttura della valutazione del   danno, di cui agli artt. 2056 1223 c.c.), sta di fatto che per la  giurisprudenza pacifica il criterio in base al quale sono risarcibili   i danni conseguiti dal fatto illecito (o dall'inadempimento in tema   di responsabilita' contrattuale), deve intendersi, ai fini della   sussistenza del nesso di causalita', in modo da comprendere nel   risarcimento i danni indiretti e mediati, che si presentino come   effetto morale, secondo il principio della c.d. regolarita' causale   (Cass. 6.3.1997, n. 2009; Cass. 10.11.1993, n. 11087; Cass.   11.1.1989, n. 65; Cass. 18.7.1987, n. 6325; Cass. 20.5.1986, n. 3353;   Cass. 16.6.1984, n. 3609).
   Pertanto un evento dannoso e' da considerare causato da un altro   se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe   verificato in assenza del secondo (cd. teoria della condicio sine qua   non): ma nel contempo non e' sufficiente tale relazione causale per   determinare una causalita' giuridicamente rilevante, dovendosi,   all'interno delle serie causali cosi' determinate, dare rilievo a   quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l'evento causante
   non appaiono del tutte inverosimili (cd. teoria della causalita'   adeguata o della regolarita' causale, la quale in realta', come e'   stato esattamente osservato, oltre che una teoria causale, e' anche   una teoria dell'imputazione del danno).
   Ritenuto quindi, che ai fini del sorgere dell'obbligazione di   risarcimento, il nesso di causalita' fra fatto illecito ed evento,   puo' essere anche indiretto e mediato (Cass. n. 65/1989, cit.),   purche' con le caratteristiche suddette, non e' sufficiente fare   riferimento al disposto dell'art. 1223 c.c., per escludere il   risarcimento del danno morale in favore dei congiunti del leso,   poiche' non vi e' dubbio che lo stato di sofferenza dei congiunti,   costituente il loro danno morale, trova causa efficiente, per quanto   mediata, pur sempre nel fatto illecito del terzo nei confronti del   soggetto leso.
   1.4. Cosi' rivisitato il nesso di causalita', la dottrina e la   giurisprudenza hanno individuato la figura del cd. danno riflesso   (anche sulla scia della giurisprudenza francese, dove si parla di   danno da rimbalzo).   La giurisprudenza riconosce la risarcibilita' dei cosiddetti danni   riflessi, ossia delle lesioni di diritti, conseguenti al fatto   illecito altrui, di cui siano portatori soggetti diversi   dall'originario danneggiato, ma in significativo rapporto con lui   (Cass. n. 60 del 1991).
Il principio applicato e' sempre quello della regolarita' causale,   in quanto sono considerati risarcibili i danni che rientrano nel   novero delle conseguenze normali ed ordinarie del fatto. Cosi' e'   stato concesso il risarcimento del danno per la lesione del diritto   del coniuge ai rapporti sessuali, in conseguenza di un fatto lesivo   che abbia colpito l'altro coniuge, cagionandogli l'impossibilita' di   tali rapporti (Cass. 11/11/1986, n. 6607).
Con riguardo a fatto illecito che abbia colpito il congiunto senza   causarne la morte, e' stata ritenuta ammissibile la richiesta del   risarcimento della lesione dei cd. diritti riflessi, di cui sono   portatori soggetti diversi dalla vittima iniziale del fatto ingiusto,   quando la lesione di tali diritti sia eziologicamente collegata con   il fatto illecito. Pertanto, in siffatta ipotesi, e' stata   riconosciuta la legittimazione dei prossimi congiunti ad agire nei   confronti dell'autore del fatto per ottenere il risarcimento dei   danni subiti in conseguenza delle lesioni patite dal congiunto e cio'   anche con riferimento non solo al danno patrimoniale (danno   conseguenza), ma anche con riferimento allo stesso danno biologico   (danno evento, rientrante pero' pur sempre nell'ambito dell'art. 2043   c.c.) (Cass. 17.9.1996, n. 8305).
   Per quanto la problematica del danno riflesso (e quindi del   diritto riflesso) sia stata sviluppata prevalentemente con
   riferimento alla fattispecie del risarcimento del danno patrimoniale   di cui all'art. 2043 c.c., tuttavia non vi sono ostacoli sotto il   profilo teorico a concepire anche un danno non patrimoniale riflesso   (a parte il rilievo, tutt'altro che secondario, che risulterebbe   estremamente arduo, oltre che iniquo, negare consistenza teorica ad   un fatto che nella realta' e' unanimemente riconosciuto esistente).
   Ritenuto, quindi, che il danno morale dei congiunti della vittima   di una lesione puo' rientrare nell'ambito dei danni riflessi, deve   concludersi che non vi e' un ostacolo alla sua risarcibilita' per   effetto della sua intima struttura.
  1.5. Occorre ora esaminare se l'eventuale irrisarcibilita' di   detto danno discenda dalla struttura della norma che lo prevede e   cioe' dell'art. 2059 c.c..   Detta norma stabilisce limiti assai rigidi al risarcimento del   danno non patrimoniale (costituendo lo stesso una figura tipica e non   atipica, come quella di cui all'art. 2043 c.c.), con il rinvio   all'art. 185 c.p. che trovasi sotto il titolo delle "sanzioni   civili", (salvi pochi altri casi marginali), per cui autorevoli
   Studiosi ne hanno tratto la conseguenza che solo la persona offesa   dal reato, e cioe' il titolare del bene giuridico leso dallo stesso,   puo' far valere la relativa pretesa.
   Il secondo comma di detto art. 185 c.p. statuisce che:
   "Ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non   patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che,   a norma delle leggi civili debbono rispondere per il fatto di lui".   Senza voler entrare nel merito della vexata quaestio se il danno   risarcibile sia il danno criminale (cioe' il danno causato dal   lesione del bene protetto dalla norma) o il danno civile (che   prescinde da qualsiasi legame con l'oggettivita' giuridica del   reato), va tuttavia preso atto che il recente incontrastato   orientamento della giurisprudenza penale (sia di legittimita' che di   merito) distingue tra persona offesa dal reato (art. 90 c.p.p.), che   e' il titolare del bene giuridico protetto dalla norma, ed il   danneggiato civile, che e' il soggetto che dal reato ha ricevuto un   danno non necessariamente coincidente con la persona offesa, e che e'   legittimato a costituirsi parte civile (art. 74 c.p.p.) (Cass. Pen.   19.12.1990, n. 16708; Cass. Pen. 3.3.1993, Del Salvio; Cass. Pen.   18.10.1995, Costioli).
   Stante questa impostazione e riconosciuta, quindi, la   legittimazione attiva a richiedere il risarcimento del danno   patrimoniale ad ogni soggetto che abbia subito un siffatto   pregiudizio dal reato, sia esso il soggetto passivo o non lo sia, non   si puo' escludere detta legittimazione relativamente al danno non   patrimoniale nei confronti del soggetto che l'abbia subito (e quindi   come tale sia danneggiato), pur senza essere il soggetto passivo del   reato.
   Infatti ne' l'art. 185 c.p. ne' l'art. 7 4 c.p.p. stabiliscono una   diversa legittimazione attiva per la richiesta di risarcimento nel   caso in cui il danno sia patrimoniale o non patrimoniale, ma   richiedono solo che il danno sia stato cagionato dal reato,   riportando quindi tutta la questione esclusivamente nell'ambito del   nesso causale tra reato e danno.   Ne' una restrizione di legittimazione attiva in favore della sola   parte offesa dal reato emerge dall'art. 2059 c.c., che si pone sul   punto come norma di mero rinvio.
   D'altronde la fragilita' della tesi che riconosce la   legittimazione al risarcimento del danno solo in favore della persona
   offesa emerge dal fatto che detto orientamento poi per antica   tradizione riconosce, in caso di morte della vittima per effetto del   reato (e cioe' di omicidio), la legittimazione a richiedere il   risarcimento del danno anche non patrimoniale in favore dei   congiunti, che certamente non sono la persona offesa dal reato di   omicidio.
   Ne consegue che dalla struttura della norma di cui all'art. 2059   c.c.(nonche' dalle norme cui detto articolo rinvia) non emerge alcuna   limitazione alla legittimazione attiva dei congiunti della vittima a   richiedere il risarcimento del danno non patrimoniale. Essa si   limita, con il rinvio all'art. 185 c.p., solo a tipicizzare i casi di   risarcibilita' del danno non patrimoniale.   Escluso, quindi, che per il dato normativo (art. 2059 c.c.)   consegua un difetto del diritto al risarcimento del danno non   patrimoniale dei congiunti della vittima del reato di lesione,   occorre ora esaminare se cio' possa essere conseguenza della   particolare natura o funzione di questo tipo di risarcimento, come   pure sostenuto da alcuni Autori.
   1.6. Come e' noto sulla questione relativa alla natura del   risarcimento del danno ex art. 2059 c.c. vi sono quattro orientamenti   dottrinali (natura risarcitoria, satisfattiva, punitiva, satisfattiva   punitiva).   Rileva questa Corte che qualunque natura si riconosca al   risarcimento in questione, essa e' perfettamente compatibile (se non   addirittura rafforzativa) con quanto qui si sostiene.
   Infatti sia che si riconosca a detto "risarcimento" del danno non   patrimoniale la natura risarcitoria sia che si riconosca quella   satisfattiva, il referente rimane sempre il soggetto che ha subito il   danno (per quanto in via riflessa), per cui si avranno tanti   "risarcimenti" o "soddisfazioni" quanti sono i soggetti danneggiati.
   I sostenitori della natura punitiva (analoga a quella dei punitive   damages del diritto anglosassone) di detto risarcimento ritengono che   la pretesa riparatoria del soggetto leso trovi fondamento nel diritto   riconosciuto allo stesso di esercitare una reazione all'illecito   subito, al fine di "punire" il danneggiante, per cui e' del tutto   evidente che solo a questi spetti l'esercizio dell'azione giudiziale.  Se si ammettesse anche il diritto dei prossimi congiunti a   chiedere il risarcimento del danno morale si violerebbe il principio   del ne bis in idem, punendo piu' volte lo stesso soggetto per lo
   stesso fatto.
Senonche', anche se per ipotesi si condividesse detta tesi, va   rilevato che la funzione "punitiva" non attiene all'evento penale,   per il quale vi e' gia' la pena pubblica, ed in questo caso si' che   si avrebbe la violazione del principio per cui uno stesso soggetto   non puo' essere punito piu' volte per lo stesso fatto, ma attiene   agli eventi civili, che il fatto di reato ha prodotto.   Se il comportamento criminale dell'agente ha prodotto piu' danni   morali per quanto in via riflessa come sopra detto, ed in questo   senso ha, in sede civile, offeso piu' soggetti, a ciascuno di questi   spettera' esercitare l'asserita "funzione punitiva" in questione.   Peraltro anche questa tesi della funzione di pena privata del   risarcimento del danno ex art. 2059 c.c. (che fortemente sostiene che   i prossimi congiunti del soggetto leso non possono richiedere il risarcimento del danno morale proprio per il principio dell'unicita'   della pena) riconosce, nel caso di danno morale subito dai congiunti   della vittima di omicidio, a tutti i congiunti il diritto al   risarcimento ex art. 2059, c.c., dando luogo, quindi, ad una   pluralita' di "pene private" comminate per uno stesso fatto.   Se si segue la tesi compromissoria (satisfattiva punitiva),   valgono le osservazioni gia' fatte per ognuna delle due componenti.
   Ne consegue che, qualunque sia la natura del risarcimento del   danno di cui all'art. 2059 c.c., da essa, lungi dall'emergere motivi   che escludano il diritto al risarcimento del danno morale in favore   dei congiunti della vittima del reato di lesione, risultano ulteriori   elementi a sostegno della configurabilita' di tale diritto.
   1.7. Diversa questione, ma pure rispondente ad una reale esigenza   prospettata dall'orientamento che nega il diritto ai prossimi   congiunti del soggetto leso al risarcimento del danno morale, e'   quella di evitare un allargamento a dismisura dei risarcimenti di   danno morale.   Sennonche' cio' e' un posterius rispetto al problema che qui si e'   esaminato, che e' attinente alla legittimazione dei prossimi   congiunti alla domanda di risarcimento del danno morale ed andra'   risolto, come per il danno patrimoniale o biologico riflesso degli   stessi, non solo sulla base di una rigorosa prova dell'esistenza di   questo danno, evitando di rifugiarsi dietro il "notorio", ma anche   alla stregua di un corretto accertamento del nesso di causalita', da   intendersi come causalita' adeguata o regolarita' causale), nei   termini sopra detti.   Ne consegue che il primo motivo del ricorso incidentale
va rigettato.
   2.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti principali   lamentano la mancanza ed insufficienza della motivazione, riguardante   il mancato esame dei motivi di appello con cui i ricorrenti avevano   lamentato l'inadeguatezza della liquidazione del danno biologico   subito da P…. P……..per invalidita' permanente del 50%, nonche' del   danno da invalidita' permanente e quello morale, nonche' del danno   morale subito dai genitori del predetto.
   2.2. Il motivo e' fondato … (omissis)…
   3.1. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che   per quanto la …….. s.p.a. avesse solo proposto appello   incidentale sull'an del danno morale liquidato in favore dei   genitori, il giudice di appello, ritenendo illegittimamente che in   detta doglianza fosse anche compresa quella relativa al quantum, pur   affermando l'infondatezza della doglianza relativamente all'an,   riduceva la liquidazione di detto danno morale nella misura di L. 20
   milioni per ciascun genitore.
   3.2. Anche detto motivo e' fondato e va accolto… (omissis) …
   4.1. Parzialmente fondato e' il secondo motivo del ricorso   incidentale, con cui la ricorrente ……..s.p.a. lamenta la   violazione e falsa applicazione dell'art. 1226 c.c., in quanto la   sentenza di appello ha disposto la decorrenza degli interessi legali   sulle somme dovute a titolo di danno biologico e danno morale dalla   data del fatto, ed ha riformato sul punto la sentenza di primo grado   che faceva decorrere gli interessi dalla data della sentenza, pur   essendo state dette somme liquidate alla data attuale.
   4.2. … (omissis)…
   5.1. Fondato e' il terzo motivo del ricorso incidentale con cui la   ricorrente ….. s.p.a. lamenta che la sentenza impugnata non   abbia limitato la sua condanna al pagamento della somma liquidata nei   limiti del massimale.
5.2. … (omissis)… 
   6. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al I e   II motivo del ricorso principale ed al II motivo, per quanto di   ragione, e III motivo del ricorso incidentale con rinvio ad altra   sezione della Corte d'appello di Milano, che si uniformera' ai   principi suddetti e provvedera' anche sulle spese di questo giudizio   di legittimita'.   Rimane assorbito il III motivo del ricorso principale va rigettato   il primo motivo del ricorso incidentale.

P.Q.M
   Riunisce i ricorsi. Accoglie il primo e secondo motivo del ricorso   principale, assorbito il terzo, nonche' il secondo, per quanto di   ragione, e terzo motivo del ricorso incidentale, rigettandolo nel   resto. Cassa in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le   spese, ad altra sezione della Corte d'appello di Milano.
   Cosi' deciso in Roma 16.12.1997.
   DEPOSITATA IN CANCELLERIA, 23 APR. 1998
 
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