Aggiornamento - Civile

Corte costituzionale, sent. n. 482 del 9 novembre 2000, sul risarcimento dei danni in caso di ritardato rilascio dell’immobile in locazione

                                            SENTENZA

          nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n.
          431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), promossi
          con ordinanze emesse il 29 aprile 1999 dal Pretore di Napoli nel procedimento civile vertente
          tra Fiengo Raffaele e Triola Clementina, iscritta al n. 421 del registro ordinanze 1999 e
          pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno
          1999 e il 1° luglio 1999 dal Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Albertoni
          Valeria e Cadamosti Crespi Ines, iscritta al n. 606 del registro ordinanze 1999 e pubblicata
          nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 1999.
          Visti l’atto di costituzione di Albertoni Valeria nonché gli atti di intervento del Presidente del
          Consiglio dei ministri;
          udito nell’udienza pubblica del 4 luglio 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri;
          uditi gli avvocati Vittorio Angiolini e Nicolò Zanon per Albertoni Valeria e l’avvocato dello
          Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
                                         Ritenuto in fatto
          1. – Il Pretore di Napoli, nel corso di un giudizio in materia di locazione - nel quale il
          convenuto locatore aveva proposto domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento
          dei danni da ritardato rilascio dell’immobile locato ad uso abitativo, quantificandoli nella
          differenza tra il canone di mercato e quello effettivamente corrisposto dal conduttore - con
          ordinanza emessa il 29 aprile 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 42, secondo
          comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 6, della
          legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad
          uso abitativo), nella parte in cui esime il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno,
          ai sensi dell’art. 1591 del codice civile, allorché sia corrisposta la maggiorazione del venti per
          cento dell’importo del canone.
          Il rimettente osserva anzitutto che la norma impugnata, applicabile anche alle controversie
          pendenti alla data di entrata in vigore della nuova legge, stabilisce l’entità del corrispettivo
          dovuto dal conduttore dopo la cessazione del contratto in tutte le ipotesi in cui il locatore
          non abbia potuto porre in esecuzione il titolo per il rilascio dell’immobile, a causa delle
          sospensioni della esecuzione o della graduazione degli sfratti previste da normative
          precedenti o da disposizioni della stessa legge n. 431 del 1998; il richiamo alle normative
          previgenti, contenuto nella disposizione impugnata, dimostra che il legislatore ha voluto
          introdurre, con effetto retroattivo, una limitazione al risarcimento del danno da ritardato
          rilascio dell’immobile, determinandolo in una somma mensile pari all’ammontare del canone
          dovuto alla cessazione del contratto, con applicazione automatica degli aggiornamenti
          annuali nella misura del settantacinque per cento della variazione dell’indice dei prezzi al
          consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente e con
          l’ulteriore maggiorazione del venti per cento sull’importo aggiornato.
          Ad avviso del giudice rimettente, l’art. 6, comma 6, della legge n. 431 del 1998,
          predeterminando in maniera forfettaria il maggior danno subito dal locatore, si porrebbe in
          contrasto con il criterio di ragionevolezza nelle scelte legislative, poiché non consentirebbe
          la dimostrazione dell’entità dell’effettivo pregiudizio cagionato dal comportamento illecito del
          conduttore ed esporrebbe quindi il locatore al rischio di ottenere un risarcimento solo
          parziale del danno subito, soprattutto nelle ipotesi in cui il canone corrisposto dal
          conduttore sia largamente inferiore a quello di mercato.
          La norma censurata contrasterebbe anche con l’art. 24 della Costituzione, in quanto al
          locatore sarebbe negata la possibilità di far valere in giudizio il diritto ad ottenere un
          risarcimento in misura superiore a quella predeterminata dalla norma stessa.
          Sussisterebbe, infine, ad avviso del rimettente, una violazione della garanzia costituzionale
          del diritto di proprietà, poiché la norma impugnata non consentirebbe al proprietario di
          ottenere un pieno ristoro del suo patrimonio, depauperato dal comportamento illecito del
          conduttore. 
          2. – E’ intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
          dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’infondatezza della questione.
          La difesa erariale osserva anzitutto che il bilanciamento di interessi costituzionalmente
          protetti spetta al legislatore, il quale, nel caso di specie, ha attribuito prevalenza
          all’interesse del conduttore rispetto a quello del locatore alla reintegrazione del proprio
          patrimonio.
          Tale prevalenza, ad avviso dell’Avvocatura, non sarebbe che una conseguenza della scelta
          legislativa di prorogare l’esecuzione degli sfratti, la quale scelta non appare irragionevole se
          posta in relazione sia alla situazione del mercato immobiliare - caratterizzato da canoni
          elevati, in ragione della penuria dell’offerta di abitazioni, cui fa riscontro un modesto reddito
          pro capite - sia alla transitorietà della disciplina della proroga degli sfratti. 
          3. – Il Tribunale di Milano, nel giudizio di appello avverso una sentenza pretorile - con la
          quale la conduttrice di un immobile adibito ad uso abitativo era stata condannata a risarcire
          il danno per ritardato rilascio nella misura del venti per cento del canone contrattuale, ai
          sensi dell’art. 1-bis della legge n. 61 del 1989, e con la quale era stata rigettata la più
          ampia domanda di risarcimento proposta dal locatore - ha sollevato, con ordinanza emessa il
          1° luglio 1999, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 6, della legge 9
          dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso
          abitativo), in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.
          Il Tribunale rimettente censura la disposizione contenuta nell’art. 6, comma 6, della citata
          legge, con argomentazioni analoghe a quelle svolte dal Pretore di Napoli, ponendo in
          particolare risalto l’incoerenza del meccanismo risarcitorio stabilito dalla disposizione
          impugnata e deducendo la violazione del principio di eguaglianza che deriverebbe dalla
          parificazione di situazioni diverse.
          4. – Nel giudizio davanti alla Corte si è costituita la locatrice appellante, che ha sostenuto
          la tesi della illegittimità costituzionale della norma impugnata. 
          5. - Anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
          rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’infondatezza della
          questione sulla base delle medesime considerazioni svolte in relazione alla questione
          sollevata dal Pretore di Napoli.
          Considerato in diritto
          1. - Il Pretore di Napoli ed il Tribunale di Milano dubitano della legittimità costituzionale
          dell’art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del
          rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), nella parte in cui esime il conduttore
          dall’obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell’art. 1591 del codice civile, allorché sia
          corrisposta la maggiorazione del venti per cento dell’importo del canone, prevista dalla
          medesima norma.
          Ad avviso dei giudici rimettenti, la predeterminazione del maggior danno subito dal locatore,
          così come stabilita nella disposizione censurata, non solo si porrebbe in contrasto con il
          criterio di ragionevolezza nelle scelte legislative, non consentendo la dimostrazione
          dell’entità dell’effettivo pregiudizio cagionato dal comportamento illecito del conduttore ed
          equiparando situazioni diverse, ma darebbe luogo anche ad una violazione della garanzia
          costituzionale del diritto di proprietà, in quanto il proprietario non potrebbe ottenere il pieno
          ristoro del suo patrimonio, depauperato dal comportamento illecito del conduttore. Il Pretore
          di Napoli assume a parametro anche l’art. 24 della Costituzione, affermando che al locatore
          sarebbe negata la possibilità di far valere in giudizio il diritto ad ottenere un risarcimento in
          misura superiore a quella prestabilita dalla norma stessa.
          La sostanziale identità delle questioni sollevate consente la riunione dei giudizi affinché
          siano decisi con un’unica sentenza.
          2. – La questione è fondata nei limiti di seguito indicati.
          3. - La legge n. 431 del 1998, recante la nuova disciplina delle locazioni e del rilascio degli
          immobili adibiti ad uso abitativo, rappresenta sotto più profili il superamento dei precedenti
          regimi vincolistici necessitati dalla grave situazione del mercato immobiliare e
          particolarmente di quello locativo, che per oltre un quarantennio ha rappresentato una delle
          più rilevanti cause di tensione e di conflitto sociale. 
          Le disastrose condizioni economiche in cui versava il Paese all’indomani della seconda guerra
          mondiale provocarono una serie di provvedimenti legislativi i quali, prorogando i contratti
          ovvero sospendendo le esecuzioni degli sfratti, contribuirono a rendere meno aspro il
          confronto sociale in quella severa contingenza storica, assicurando la permanenza dei
          conduttori negli immobili locati, in attesa di un’opera di ricostruzione che si preannunciava
          lenta e difficile. 
          La carenza di alloggi si rivelò però come un fenomeno non transeunte né limitato agli anni
          del dopoguerra: essa si protrasse nel tempo, segnatamente nelle città verso le quali fu
          maggiore il flusso migratorio interno.
          La riforma delle locazioni, emanata con la legge n. 392 del 1978, prende atto che ancora a
          quell’epoca non erano maturate le condizioni economico-sociali per porre termine al regime
          vincolistico. 
          Un significativo graduale ritorno all’autonomia contrattuale nella determinazione del canone
          si poté realizzare con l’art. 11 del decreto-legge n. 333 del 1992 (Misure urgenti per il
          risanamento della finanza pubblica), convertito, con modifiche, dalla legge n. 359 del 1992,
          che consentì alle parti di stipulare o rinnovare contratti in deroga alle disposizioni limitative
          del canone contenute nella legge n. 392 del 1978. Con la nuova tipologia di contratti (cd.
          "patti in deroga"), destinata peraltro ad avere applicazione fino alla revisione della disciplina
          delle locazioni, si volle perseguire la finalità di dare impulso al mercato delle locazioni,
          arricchendolo di quegli immobili rimasti per lungo tempo al di fuori di esso a causa della
          reazione opposta dai proprietari ai vincoli relativi alla determinazione del canone; e ciò per
          rendere più agevole il passaggio dal vecchio regime vincolistico ai nuovi modelli locativi
          delineati poi dalla legge n. 431 del 1998. 
          La nuova disciplina delle locazioni ha avuto per scopo, come risulta dalla relazione alla
          Camera dei deputati, di superare "il complesso di norme transitorie, temporanee o
          derogatorie ad altre normative, che non hanno più riscontro nella realtà" e la
          "liberalizzazione controllata del settore delle locazioni a fini abitativi". 
          Il raggiungimento dei detti obiettivi non avrebbe potuto attuarsi senza la emanazione di
          norme temporanee e destinate ad agevolare la transizione al nuovo regime delle locazioni,
          come quella impugnata nel presente giudizio. 
          4. – L’art. 6 della legge n. 431 del 1998, che disciplina il rilascio degli immobili, si caratterizza
          per la limitazione temporale e spaziale dei suoi effetti, poiché contiene disposizioni
          evidentemente volte a regolare e a definire situazioni sorte nel vigore delle precedenti
          normative e circoscrive il proprio ambito di operatività ai comuni ad alta tensione abitativa,
          di cui all’art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551 (Misure urgenti per fronteggiare
          l’eccezionale carenza di disponibilità abitative), convertito, con modificazioni, dalla legge 21
          febbraio 1989, n. 61. 
          Tali peculiarità assumono rilievo essenziale nella valutazione di costituzionalità della norma
          impugnata, la quale, al comma 6, statuisce, in relazione ai periodi di sospensione
          dell’esecuzione specificamente indicati e fino all’effettivo rilascio, la misura del risarcimento
          del danno per ritardata restituzione dell’immobile, quantificandola in una somma
          corrispondente al canone dovuto alla cessazione del contratto, a cui si applicano
          automaticamente ogni anno aggiornamenti in misura pari al settantacinque per cento della
          variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi
          nell’anno precedente, e disponendo che l’importo così determinato è maggiorato del venti
          per cento. La corresponsione di tale maggiorazione esime il conduttore dall’obbligo di
          risarcire il maggior danno ai sensi dell’art. 1591 del codice civile.
          La norma, pur risultando formulata in termini analoghi a quelli dell’art. 1-bis del d.l. n. 551
          del 1988, che predeterminava in base ad identici parametri la somma mensile dovuta dal
          conduttore, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., durante il periodo di sospensione
          dell’esecuzione, chiarisce tuttavia che la quantificazione legale del danno opera fino
          all’effettivo rilascio dell’immobile, e ciò nel palese intendimento di superare i contrasti
          giurisprudenziali insorti nel vigore del citato decreto-legge in ordine all’applicabilità della
          disposizione nel periodo compreso tra la cessazione della sospensione dell’esecuzione e
          l’effettivo rilascio.
          Il legislatore del 1998, nella già rilevata finalità di agevolare la transizione al nuovo regime
          locativo, ha disposto la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio durante il
          periodo di centoottanta giorni dall’entrata in vigore della legge, quantificando
          correlativamente l’importo delle somme dovute dal conduttore nel detto periodo e negli altri
          periodi di sospensione delle esecuzioni, di cui all’art. 11, comma quarto, del d.l. n. 9 del
          1982 e all’art. 3 del d.l. n. 551 del 1988. 
          Le due misure consistenti nella sospensione dell’esecuzione e nella determinazione del
          quantum sono dunque strettamente connesse, in quanto alla sospensione ex lege
          dell’esecuzione corrisponde, quale previsione altrettanto eccezionale e temporanea, la
          determinazione parimenti ex lege dell’indennità relativa allo stesso periodo. 
          Non vi è alcun elemento di contrasto con il canone della ragionevolezza nella previsione
          normativa che disponendo, attraverso la sospensione delle esecuzioni, uno spostamento del
          termine di rilascio provvede anche a stabilire la misura dell’indennità da corrispondersi nello
          stesso periodo, poiché essa costituisce il risultato di una equilibrata valutazione di
          contrapposti interessi ed esigenze, i cui caratteri di eccezionalità e temporaneità pongono la
          norma stessa al riparo dalle censure di incostituzionalità dedotte dai giudici rimettenti.
          La ragionevolezza della norma risiede quindi nel suo stesso motivo ispiratore, consistente nel
          definire quei rapporti locativi sorti e sviluppatisi in epoche di seria e spesso drammatica
          emergenza che ha dato origine a tutta la legislazione vincolistica in materia; non si tratta
          perciò di un regime ordinario bensì di un provvedimento a carattere temporaneo, che esplica
          i propri effetti nella fase del graduale passaggio alla nuova disciplina delle locazioni.
          Questa Corte ha già avuto modo di affermare che i limiti legali al diritto di proprietà, previsti
          dall’art. 42 della Costituzione al fine di assicurarne la funzione sociale, consentono di
          ritenere legittima la disciplina vincolistica a condizione che essa abbia un carattere
          straordinario e temporaneo (sent. n. 108 del 1986). Il medesimo principio deve riaffermarsi
          con riferimento a quella parte della norma impugnata che pone in correlazione la limitazione
          risarcitoria ai periodi di sospensione ex lege delle esecuzioni, riconoscendosi ad essa quella
          finalità temporanea e di emergenza, che giustifica e rende legittimo l’intervento legislativo in
          esame (sentenza n. 148 del 1999 con riferimento al limite del risarcimento del danno nelle
          occupazioni appropriative). 
          Nel contemperamento dei confliggenti interessi delle parti, il legislatore ha tuttavia mitigato
          le sfavorevoli conseguenze economiche derivanti per il locatore dalla predeterminazione della
          misura del risarcimento, introducendo a suo favore una presunzione di notevole rilievo sotto
          il profilo probatorio: infatti la norma in esame per un verso esonera il conduttore dall’obbligo
          di risarcire il danno oltre il limite prestabilito ma per altro verso esonera il locatore stesso
          dall’onere della prova del danno da ritardato rilascio, presumendone l’esistenza e
          determinandone l’ammontare. 
          Anche sotto tale aspetto la norma appare dotata di intrinseca coerenza. 
          Le censure mosse dai giudici rimettenti non possono perciò condividersi: il parametro
          dell’art. 42 Cost. non è certamente invocabile nella specie, poiché la funzione sociale della
          proprietà, intesa quale "dovere di partecipare alla soddisfazione di interessi generali"
          (sentenza n. 108 del 1986), legittima interventi legislativi finalizzati all’attuazione di
          esigenze di carattere primario; né tantomeno può valere il richiamo all’art. 24 della
          Costituzione, poiché la tutela giurisdizionale dei diritti è garantita a condizione che i diritti
          stessi siano riconosciuti e attribuiti da norme sostanziali (tra le tante, sentenza n. 420 del
          1998).
          5. – La disposizione censurata contrasta tuttavia con il canone della ragionevolezza, là
          dove estende i suoi effetti al periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione o
          di quello giudizialmente fissato per l’esecuzione, prolungando l’esenzione fino all’effettivo
          rilascio dell’immobile.
          Occorre considerare che mentre la predeterminazione legale del danno risulta, nei limiti della
          temporaneità già sottolineati, una misura coerente alla sospensione ope legis
          dell’esecuzione, non altrettanto può ritenersi nelle ipotesi in cui essa sia svincolata da un
          termine di esecuzione legislativamente o giudizialmente fissato. Potendosi verificare la
          mancata coincidenza tra la scadenza del termine di rilascio ed il momento dell’effettiva
          riconsegna dell’immobile ed essendo altresì ipotizzabile che tra i due momenti intercorra un
          periodo di tempo anche considerevole, l’incongruenza del sistema che disciplina gli obblighi
          risarcitori al di fuori del controllo giudiziale emerge con tutta evidenza.
          Nelle anzidette ipotesi viene meno l’equilibrato componimento dei contrapposti interessi, in
          quanto la limitazione dell’entità del risarcimento non è più sorretta dalla ragione
          giustificatrice sopra illustrata e rappresentata dalla temporaneità della esenzione in relazione
          ai soli periodi di sospensione della esecuzione. La conseguente protrazione sine die
          dell’esenzione del conduttore dall’obbligo di risarcire il danno secondo le regole ordinarie,
          essendo il termine del rilascio ormai sottratto alla valutazione del giudice, costituisce un
          elemento gravemente perturbatore di quell’equilibrio in precedenza menzionato: in esso si
          sostanzia la irragionevolezza della norma. 
          Nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione legale ovvero di quello
          fissato dal giudice e fino all’effettivo rilascio non vi è motivo per cui non debba operare il
          regime ordinario, che regola il risarcimento del maggior danno secondo la disciplina dell’art.
          1591 cod. civ. e che ne rimette al giudice la determinazione sulla base degli elementi
          probatori che il locatore sarà in grado di offrire secondo le regole ordinarie.
          E’ quindi costituzionalmente illegittimo l’art. 6, comma 6, della legge n. 431 del 1998, nella
          parte in cui esime il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell’art.
          1591 del codice civile, anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di
          sospensione della esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il
          rilascio dell’immobile.
                                        PER QUESTI MOTIVI
                                    LA CORTE COSTITUZIONALE
          riuniti i giudizi,
          dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431
          (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), nella parte in
          cui esime il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell’art. 1591 del
          codice civile, anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione della
          esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell’immobile.
          Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25
          ottobre 2000.

 

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