Cassazione civile, sez. un., 09/10/2017,
n. 23601, sulla registrazione tardiva del contratto di locazione
La mancata
registrazione del contratto di locazione di immobili
ne comporta nullità; essa, ove da sola sussistente, consente la produzione
degli effetti del contratto con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la
registrazione sia effettuata tardivamente. E' nullo il patto col quale le
parti di un contratto di locazione di immobili ad
uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello
dichiarato; detta nullità “vitiatur sed non vitiat”, con la
conseguenza che solo il patto risulterà insanabilmente nullo, a prescindere
dall'avvenuta registrazione
7. All'esito dell'udienza
pubblica del 13
aprile 2016, la terza sezione civile di questa Corte, con
ordinanza n. 16604 del 5 agosto 2016, ha trasmesso gli atti al Primo
Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ponendo una
questione di massima di particolare importanza "in una materia
connotata da diffusissima contrattazione e caratterizzata da un'accentuata
litigiosità", quale quella concernente i contratti di locazione ad uso diverso da abitazione, che può riassumersi nei
termini che seguono:
"Se, in tema di contratti di locazione ad
uso diverso da quello di abitazione, nell'ipotesi di tardiva registrazione
(anche) del contestuale e separato accordo recante l'importo del canone
maggiorato rispetto a quello indicato nel primo contratto registrato, sia
configurabile un'ipotesi di sanatoria di tale nullità, ovvero se anche per
le locazioni ad uso diverso da abitazione debba farsi applicazione del
principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U., 17 settembre 2015, n. 18213, rv. 636471) con riferimento ai
contratti di locazione ad uso abitativo, secondo il quale, su di un più
generale piano etico/costituzionale, l'esclusione di una qualsivoglia
efficacia sanante della registrazione tardiva consente di impedire che
dinanzi ad una Corte suprema di un paese Europeo una parte possa invocare
tutela giurisdizionale adducendo apertamente ed impunemente la propria
qualità di evasore fiscale, e sia proprio la Corte di legittimità ad
affermarne la liceità".
7.1. In particolare,
si legge nell'ordinanza interlocutoria:
- che, per effetto della
libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili
destinati ad uso diverso da abitazione, deve
ritenersi legittima la clausola con cui si convenga una determinazione del
canone in misura differenziata, crescente per frazioni successive di tempo
nell'arco del rapporto, purchè ancorata ad elementi certi e predeterminati
(idonei ad influire sull'equilibrio economico del sinallagma contrattuale e
del tutto indipendenti dalle eventuali variazioni annuali del potere di
acquisto della moneta), e sempre che non risulti una sottostante volontà
delle parti volta in realtà a perseguire surrettiziamente lo scopo di
neutralizzare esclusivamente gli effetti della svalutazione monetaria e ad
eludere pertanto i limiti quantitativi posti dall'art. 32 della legge c.d.
sull'equo canone, incorrendo conseguentemente nella sanzione di nullità
prevista dal successivo art. 79 (principio consolidato nella giurisprudenza
di legittimità: per tutte, Cass. 5 marzo
2009, n. 5349 e, di recente, Cass. 24 marzo
2015, n. 5849);
- che,nella
specie, la pattuizione "si appalesava in effetti volta a perseguire
proprio siffatta finalità vietata, unitamente a quella di risparmio fiscale
per la locatrice";
- Che particolare rilievo
rivestiva proprio la finalità fiscale della vicenda, ricostruita (come
affermato dalla Corte d'appello e come in sostanza ammesso dalla stessa
locatrice) in termini di pattuizione complessa volta a perseguire e
realizzare un'elusione fiscale a vantaggio del locatore, e pertanto
costituente un'operazione simulatoria che ne lasciava emergere la "sua
intima realtà di strumento negoziale funzionalmente volto ad eludere i diritti di terzi, ed in particolare del
Fisco".
- che, alla luce della stessa
giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell'interpretazione dell'intera
operazione negoziale, assumeva decisivo rilievo la sua natura sostanziale,
della quale sicuro indice rilevatore era anche la causa
concreta del negozio, cioè lo scopo pratico perseguito dalle parti, che,
nella fattispecie in esame, rilevava "come imprescindibilmente
connotato dalla vietata finalità di elusione fiscale, e, pertanto,
conseguentemente affetta da invalidità".
- Che, alla luce delle
osservazioni di cui al"ordinanza interlocutoria n.
37 del 3
gennaio 2014, che aveva rimesso a queste sezioni Unite (onde
rimeditare gli esiti di un precedente orientamento), la questione del
significato da attribuire alla L. n. 431 del
1998, art. 13, comma 1, là dove prevede la nullità di ogni
pattuizione volta a determinare un importo di canone superiore a quello
risultante dal contratto scritto e registrato, le S.U. si erano pronunciate
con la sentenza n. 18213 del 2015, operando un radicale revirement nella
materia delle locazioni abitative rispetto alla precedente e consolidata
giurisprudenza;
- Che, per altro verso,
questa Corte, anche a Sezioni Unite, aveva avuto modo di affermare (in
diverse fattispecie ma in termini generali), e sia pur con giurisprudenza
non uniforme, che "la norma tutelante interessi pubblicistici si profila per ciò stesso come imperativa ed inderogabile,
non soltanto nei rapporti tra privati" e che, pertanto, il patto
avente finalità di elusione fiscale non poteva riconoscersi come valido ed
efficace "impinguendo nella violazione dell'interesse pubblicistico
sotteso alla norma fiscale elusa", così ponendosi "in contrasto
con il generale principio antielusivo desumibile dall'art. 53 Cost.",
la cui tutela aveva altresì trovato riconoscimento nella giurisprudenza di
legittimità mediante il ricorso alla figura dell'abuso del diritto (Cass. S.U. n.
5520 del 17 giugno 1996, Cass. S.U. n.
6600 del 17 dicembre 1984, Cass., sez. 1,
n. 12495 del 17 dicembre 1993, e, nello specifico tema delle
locazioni, Cass. sez. 3,
n. 1155 del 4 febbraio 1992). L'orientamento contrario era,
invece, rappresentato, tra le altre, da Cass. sez. 3,
n. 5672 del 22 marzo 2004.
- che, nella
identica fattispecie esaminata nel 2015 dalla Sezioni Unite di
questa Corte con riferimento alle locazioni ad uso abitativo (in una
vicenda ratione temporis non soggetto alla Legge del 2004), era stato
comunque posto in rilievo che l'art. 1, comma 346, prevedeva in termini
generali la nullità dei contratti di locazione non registrati, e che la Corte costituzionale,
investita della questione di costituzionalità di tale norma, aveva ritenuto
come essa non introducesse ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale,
elevando la norma tributaria al rango di norma imperativa, la cui
violazione determinava la nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418 c.c..
8. In ragione di tali
riflessioni, l'ordinanza interlocutoria ha posto a
queste sezioni unite la questione se, pur al di là ed a prescindere dalla
violazione della L. n. 392 del
1978, art. 79, anche per i contratti di locazione ad uso diverso
da abitazione debba farsi - in ipotesi di atti negoziali integranti un mero
escamotage per realizzare una finalità di elusione fiscale - applicazione
del principio affermato nella citata sentenza del 2015 con riferimento ai
contratti di locazione ad uso abitativo, giungendo così a formulare la
questione poco sopra riportata.
Diritto
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è inammissibile
quanto al suo primo motivo, mentre risulta fondata
la seconda censura.
1.1. L'inammissibilità del
primo motivo risulta evidente conseguenza della
facoltà, per il giudice del merito, di esaminare le questioni di diritto a
lui sottoposte nell'ordine che egli ritiene più opportuno, per giungere
alla soluzione della vicenda processuale sulla base di quella che viene
ritenuta (nella specie, del tutto correttamente) la ragione più liquida (Cass. ss.uu.
26242/2014).
2. Quanto al secondo motivo
di ricorso, si osserva in premessa che le questioni di diritto poste al
collegio sono state oggetto di approfondimento e di ampliamento, da parte
del ricorrente, in seno alle memorie depositate ex art. 378
c.p.c., all'esito della pubblicazione della sentenza di queste
stesse sezioni unite (Cass.
18123/2015) resa su una analoga
questione, in tema, peraltro, di locazioni abitative.
2.1. A tale approfondimento ed ampliamento ha puntualmente ed esaustivamente
replicato la controricorrente (così mostrando di accettare il
contraddittorio sulle questioni proposte in extensum dalla controparte), e
tanto esime questa Corte dal sottoporre ad entrambe le parti, ex art. 101
c.p.c., comma 2, le eventuali questioni rilevabili ex officio al
fine di consentire "il deposito in cancelleria di quelle (stesse) memorie
contenenti osservazioni sulle medesime questioni" (art. 101, comma 2,
ult. parte, nella formulazione L. n. 69 del
2009, ex art. 45), osservazioni che risultano, nei fatti, già
sottoposte all'attenzione del collegio (supra, sub 6.5. della parte
espositiva).
3.La
questione degli effetti di un tardivo adempimento all'obbligo di
registrazione del contratto di locazione deve essere esaminata alla luce di
un complesso e talvolta disarmonico quadro normativo.
3.1. Viene in rilievo, in
primo luogo, la normativa fiscale che prevede la registrazione del
contratto di locazione al D.P.R. 26
aprile 1986, n. 131, art. 2, lett. a) e
b), e art. 3,
lett. a), (Testo unico sull'imposta di registro), nonchè all'art. 5, comma
1, lett. b) della "Tariffa" allegata, parte I, e all'art. 2 bis,
parte II della medesima Tariffa, richiamata dal citato art. 2. Per quanto di interesse in questa sede, tali disposizioni
stabiliscono che sono soggetti a registrazione i contratti di locazione
immobiliare, sia se stipulati per iscritto sia se conclusi verbalmente,
indipendentemente dall'ammontare del canone, esclusi i contratti di durata
non superiore a trenta giorni nell'anno (i quali sono soggetti a
registrazione solo in caso d'uso), nonchè i contratti di comodato conclusi
per iscritto.
3.1.1. Ai sensi dell'art. 17, comma 1, del medesimo D.P.R., come modificato dalla L. 21 novembre
2000, n. 342, art. 68, la registrazione deve essere effettuata
entro trenta giorni dalla data dell'atto o dalla sua esecuzione in caso di
contratto verbale.
3.2. L'orientamento
giurisprudenziale largamente prevalente di questa Corte ha, in proposito,
ripetutamente escluso la nullità del contratto a fronte della violazione di
una norma tributaria, pur in presenza di alcune
pronunce contrastanti con l'orientamento maggioritario, che hanno ritenuto
nullo il negozio volto a conseguire un illecito risparmio d'imposta per
difetto di causa in concreto, abuso del diritto e/o frode alla legge,
evocando all'uopo il generale principio antielusivo desumibile dall'art. 53 Cost.,
(a mente del quale "tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema
tributario è informato a criteri di progressività"), la cui natura di
norma imperativa - e la conseguente sanzione di nullità delle
manifestazioni di autonomia negoziale con essa confliggenti - è stata
riconosciuta da questo giudice di legittimità fin dalla risalente pronuncia
di cui a Cass. ss.uu.
n. 6445 del 1985 (sia pur con riguardo al diverso tema della
legittimità della traslazione degli obblighi fiscali).
3.3. Va ancora evidenziato
come la stessa normativa consenta la possibilità di una registrazione
tardiva anche in caso di decadenza dall'azione di riscossione. A mente del
citato D.P.R. n. 131
del 1986, art. 76, comma 5, infatti,
"l'intervenuta decadenza non dispensa dal pagamento dell'imposta in
caso di registrazione volontaria o quando si faccia uso dell'atto ai sensi
dell'art. 6", e il sistema tributario consente il c.d.
"ravvedimento operoso", riconoscendo l'attenuazione della
sanzione prevista per la violazione delle norme tributarie nei casi ed alle
condizioni indicate dal D.Lgs. 18
dicembre 1997, n. 472, art. 13.
3.4. Quanto alle imposte sui
redditi, con specifico riferimento ai contratti di locazione immobiliare,
il D.P.R. n. 600
del 1973, art. 41 ter, (inserito nel
testo del citato D.P.R., dalla L. 30 dicembre
2004, n. 311, art. 1, comma 342), al comma 2, stabilisce, a sua
volta, che "in caso di omessa registrazione del contratto di locazione
di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l'esistenza del
rapporto di locazione anche per i quattro periodi d'imposta antecedenti
quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso".
3.5. Il principio di
tendenziale non interferenza tra le regole di diritto tributario e quelle
attinenti alla validità civilistica degli atti è stato poi recepito dalla stesso legislatore tributario nella L. 27 luglio
2000, n. 212, art. 10, comma 3, (cd. Statuto dei
diritti del contribuente), a mente del
quale "le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente
tributario non possono essere causa di nullità del contratto".
3.5.1. Coerentemente, lo
stesso L. n. 212 del
2000, successivo art. 10 bis, (articolo
aggiunto legge dal D.Lgs. 5
agosto 2015, n. 128, art. 1), che abroga e sostituisce il D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, art. 37 bis, (già inserito nel testo del
citato D.P.R. dal D.Lgs. 8
ottobre 1997, n. 358, art. 7), stabilisce la mera inopponibilità
all'amministrazione finanziaria dei fatti, degli atti e dei contratti che
siano sprovvisti di "sostanza economica" e finalizzati, "pur
nel rispetto formale delle norme fiscali" a realizzare
"essenzialmente vantaggi fiscali indebiti".
3.6. Meritano inoltre di
essere ricordati il D.P.R. n. 131
del 1986, art. 20, dal quale si è ulteriormente desunto il
principio dell'autonomia dell'interpretazione fiscale del contratto
rispetto alla sua interpretazione civilistica ("L'imposta è applicata
secondo la intrinseca natura e gli effetti
giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi
corrisponda il titolo o la forma apparente"), l'art. 62 dello stesso
decreto (a mente del quale "i patti contrari alle disposizioni del
presente testo unico, compresi quelli che pongono l'imposta e le eventuali
sanzioni a carico della parte inadempiente, sono nulli anche fra le
parti") e l'art. 72, il quale specifica la sanzione tributaria
conseguente alla "occultazione di corrispettivo" (stabilendo che
"se viene occultato anche in parte il corrispettivo convenuto, si
applica la sanzione amministrativa dal duecento al quattrocento per cento
della differenza tra l'imposta dovuta e quella già applicata in base al
corrispettivo dichiarato, detratto, tuttavia, l'importo della sanzione
eventualmente irrogata ai sensi dell'art. 71").
3.7. In tale quadro si collocheranno, peraltro, diacronici e non consonanti
interventi legislativi nella specifica materia locatizia, che, da un lato,
hanno previsto nullità testuali a presidio dell'osservanza degli obblighi
tributari, dall'altro hanno specificato ore rotundo gli effetti della
(mancata) registrazione del contratto di locazione.
3.8. La prima novità è
costituita dalla L. 9 dicembre
1998, n. 431, art. 13, comma 1, a
mente del quale "è nulla ogni pattuizione volta a determinare un
importo del canone di locazione di immobili urbani superiore a quello
risultante dal contratto scritto e registrato".
3.9. A distanza di sei anni,
il legislatore è nuovamente intervenuto con una norma che ha ulteriormente
esteso la rilevanza della registrazione in ambito privatistico con
riferimento alle locazioni di immobili, ivi
comprese quelle ad uso diverso dall'abitazione, stabilendo, con la L. 30 dicembre
2004, n. 311, art. 1, comma 346, che "i contratti di
locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di
unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli
se, ricorrendone i presupposti, essi non sono registrati".
3.10. Sebbene non più vigente, è
utile ancora ricordare che il D.Lgs. 14
marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo
municipale), all'art. 3, commi 8 e 9, aveva previsto un particolare regime
in caso di omessa o tardiva registrazione del contratto di locazione,
nonchè in caso di registrazione di un contratto di comodato fittizio e di
una locazione recante un canone inferiore rispetto a quello realmente
pattuito: la durata del rapporto avrebbe dovuto essere legalmente rideterminata
in quattro anni rinnovabili decorrenti dal momento della registrazione
tardiva e il canone annuale veniva predeterminato nella misura del triplo
della rendita catastale dell'immobile, ove inferiore a quella pattuita:
tali disposizioni sono state successivamente dichiarate incostituzionali,
sia pur per eccesso di delega, con sentenza della Corte Cost. 14
marzo 2014 n. 50, e la stessa sorte ha subito il D.L. 28 marzo
2014, n. 47, art. 5, comma 1 ter, (convertito in L. 23 maggio
2014, n. 80), destinato ad evitare temporaneamente la
caducazione degli effetti già prodotti sui contratti di locazione in virtù
della disciplina di cui alle norme incostituzionali - a sua volta
dichiarato incostituzionale con sentenza del 16 luglio 2015 n. 169.
3.11. Le misure adottate dal legislatore nel 2011 sono
state, da ultimo, sostanzialmente riproposte con la L. 28 dicembre
2015, n. 208, art. 1, comma 59, il
quale ha novellato la L. n. 431 del
1998, art. 13, introducendo significative modifiche. Il nuovo
testo di tale articolo, oltre a riproporre, al
comma 5, quel meccanismo di sanzione della mancata registrazione del
contratto di locazione mediante la determinazione autoritativa del canone
imposto, di cui al D.Lgs. n. 23
del 2011, art. 3, comma 8, già dichiarato incostituzionale,
prevede altresì l'obbligo unilaterale del locatore di provvedere alla
registrazione del contratto di locazione entro il "termine
perentorio di trenta giorni" (comma 1, secondo periodo) stabilendo
che, in caso di inottemperanza a tale obbligo, il conduttore possa
chiedere al giudice di accertare la esistenza del contratto e
rideterminarne il canone in misura non superiore al valore minimo di cui
al precedente art. 2.
4. La sanzione testuale della
nullità conseguente alla omessa registrazione
introdotta dalla menzionata normativa in materia locatizia, ove intesa in
senso conforme alla lettera della legge (conformità che, in dottrina e
nella giurisprudenza di merito, ha peraltro costituito oggetto di non poche
critiche ed oscillazioni interpretative), pone poi il conseguente problema
della sanabilità del negozio attraverso una tardiva registrazione, da
esaminare (anche) alla luce dell'art. 1423 c.c.,
in forza del quale "il contratto nullo non può essere convalidato, se
la legge non dispone diversamente".
4.1. Non appare un fuor
d'opera, sotto il profilo dell'interpretazione storica della normativa
succedutasi nel tempo in subiecta materia, rammentare infine l'antico
disposto del R.D.L. 27
settembre 1941, n. 1015, art. 1, (abrogato dal D.Lgt. 20 marzo 1945,
n. 212, art. 1),
che
aveva introdotto la sanzione della nullità "di pieno diritto"
degli atti di trasferimento immobiliare ove non registrati in termini di
legge.
5. La Corte costituzionale è
stata più volte investita della questione di legittimità costituzionale
delle norme volte a riconoscere una rilevanza civilistica al difetto di
registrazione degli atti, anche con specifico riferimento a quelle
concernenti la materia delle locazioni, sia in relazione
alla disciplina introdotta dalla riforma del 1998 che a quella del
2004.
5.1. Dopo la riforma del
1998, la prima pronuncia del giudice delle leggi apparve in linea con i
principi tradizionali, attesa la declaratoria di incostituzionalità
della L. n. 431 del
1998, art. 7, che poneva, quale condizione per l'esecuzione del
provvedimento di rilascio dell'immobile locato adibito ad uso abitativo, la
dimostrazione, da parte del locatore, della regolarità della propria
posizione fiscale quanto al pagamento dell'imposta di registro sul
contratto di locazione, dell'ICI e dell'imposta sui redditi relativa ai
canoni (Corte cost. n.
333 del 2001).
5.2. In seguito, investita
della questione di costituzionalità della L. n. 431 del
1998, art. 13, nella parte in cui sancisce, con riferimento ai
soli contratti di locazione ad uso abitativo, la
nullità delle pattuizioni volte a determinare un importo del canone
superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato (comma 1)
e consente al conduttore di chiedere la restituzione delle somme
indebitamente corrisposte (comma 2), il giudice delle leggi, premessa
l'esistenza di diversi orientamenti interpretativi (questa Corte, aderendo
ad una posizione dottrinaria isolata, aveva interpretato la norma nel senso
che essa si limitasse a ribadire la regola della invariabilità soltanto in
corso di rapporto del canone originariamente pattuito, con una soluzione
che eludeva la questione dei rapporti fra norme fiscali e civilistiche e
che, come sottolineato dalla dottrina, si risolveva in una sostanziale
interpretatio abrogans della disposizione), con l'ordinanza n. 242 del 2004
dichiarò la manifesta inammissibilità della questione, facendo proprio, sia
pur indirettamente, l'interpretazione del giudice di legittimità.
5.3. In tale contesto, il legislatore, come già ricordato, è
nuovamente e più incisivamente intervenuto sulla materia con la disciplina
di cui alla L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 346, introducendo expressis verbis una comminatoria
di nullità conseguente alla mancata registrazione del contratto di
locazione, norma peraltro applicabile a tutti i contratti di locazione
indipendentemente dall'uso abitativo o meno cui l'immobile sia destinato.
5.4. La Corte Costituzionale
sarà chiamata a pronunciarsi per ben tre volte sulla legittimità
costituzionale anche di tale norma.
5.4.1. La prima pronuncia, di manifesta infondatezza (ordinanza n. 420
del 2007), evidenziò l'inconferenza del parametro costituzionale invocato
dal remittente (l'art. 24 Cost.),
stante il carattere sostanziale della norma denunciata. In tale occasione,
tuttavia, la Corte
affermerà un principio di particolare importanza, secondo il quale la L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 346, "non introduce ostacoli al
ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango
di norma imperativa, la violazione della quale
determina la nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418
c.c.".
5.4.2. Altra questione di
legittimità costituzionale della L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 346, verrà
sollevata in due distinte occasioni dal Tribunale di Napoli in relazione
agli artt. 41,3 e
24 Cost..
In entrambi i casi, la Corte
ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione, con riferimento ai
parametri 41 e 3 Cost., e manifestamente infondata quanto al parametro
dell'art. 24 Cost.,
(Corte cost.
ord. n. 389 del 19 novembre 2008 e n. 110 del 9 aprile 2009). In
particolare, la declaratoria di inammissibilità è
stata fondata, quanto al parametro dell'art. 3, sul rilievo che il giudice
remittente non aveva adeguatamente individuato "i motivi
dell'ipotizzata irragionevolezza intrinseca della norma, limitandosi ad
indicare, in termini meramente descrittivi, l'ovvia diversità delle
conseguenze per le parti derivanti dalla previsione della nullità del
contratto rispetto al regime precedente", nonchè, quanto al parametro
dell'art. 41, sulla considerazione che nell'ordinanza di remissione non erano
state "neppure chiarite le ripercussioni della nullità sull'interesse
pubblico perseguito dall'amministrazione finanziaria sotto il profilo della
possibilità o meno per la stessa di trattenere le somme eventualmente
versate a titolo di imposta di registro", mentre la manifestata
infondatezza delle questioni, con riferimento al parametro dell'art. 24 Cost.,
è stata invece motivata richiamando la motivazione della precedente
ordinanza n. 420 del 2007.
5.5. Merita ancora di essere
segnalata la sentenza n. 50 del 14 marzo 2014, dichiarativa della illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 23
del 2011, art. 3, commi 8 e 9, per eccesso di delega. Tali
disposizioni, relative alle sole locazioni ad uso
abitativo, prevedevano, come si è accennato in precedenza, che dalla
mancata registrazione "entro il termine di legge" (specificazione
temporale che non è invece presente nella L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 346) derivassero conseguenze invalidanti per
effetto delle quali sorgeva un diverso rapporto locativo, legalmente
determinato quanto a durata e misura del canone. Sebbene la pronuncia della
Consulta non abbia sottoposto le summenzionate disposizioni allo scrutinio
di ragionevolezza (la questione di costituzionalità era stata sollevata da
diversi Tribunali con riferimento anche ai parametri 3,
23, 41, 42, 53 e 97), stante la assorbente declaratoria di illegittimità
per eccesso di delega, meritano di essere ricordati due passaggi della
motivazione, rilevanti ai fini interpretativi delle norme in tema di
contratto di locazione non registrato: da un lato, infatti, la disciplina
oggetto di censura viene definita "sotto numerosi profili
rivoluzionaria sul piano del sistema civilistico vigente"; dall'altro,
dopo aver ricordato che la legge delega (L. n. 42 del
2009) conteneva la prescrizione di procedere all'esercizio della
delega nel "rispetto dei principi sanciti dallo Statuto dei
diritti del contribuente di cui alla L. 27 luglio
2000, n. 212", viene richiamato in particolare l'art. 10 della
citata L. n. 212 del 2000, rilevando che "tanto più la mera
inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione
non può legittimare (come sarebbe nella specie) addirittura una novazione -
per factum principis - quanto a canone e a durata".
6. Appare nondimeno utile, ai
fini che occupano il collegio, ripercorrere brevemente le tappe segnate
dagli orientamenti della giurisprudenza di questa Corte sul delicato tema
del rapporto fra diritto tributario e diritto
privato con riguardo alle conseguenze civilistiche che possono derivare
dalle violazioni tributarie.
6.1. In assenza di
disposizioni che sancissero testualmente la nullità del negozio giuridico
elusivo di una norma tributaria, si è posta la questione se fosse o meno configurabile una nullità virtuale del contratto
per frode alla legge (art. 1344 c.c.)
o per violazione di una norma imperativa (art. 1418 c.c.,
comma 1).
6.1.1. La risposta della
giurisprudenza largamente prevalente è stata nel senso di negare che la
norma fiscale avesse carattere imperativo - in conseguenza della
distinzione tra norme imperative e norme
inderogabili, nonchè del peculiare carattere settoriale dell'interesse
sotteso -. Di qui, l'affermazione secondo la quale le norme tributarie,
essendo poste a tutela di interessi pubblici di
carattere settoriale e non ponendo, in linea di massima, divieti, pur
essendo inderogabili, non possono qualificarsi imperative, presupponendo
tale qualificazione che la norma abbia carattere proibitivo e sia posta a
tutela di interessi generali che si collochino al vertice della gerarchia
dei valori protetti dall'ordinamento giuridico (tra le altre, funditus, Cass. sez. 5,
n. 11351 del 3 settembre 2001, n. 12128 del 28 settembre 2001, n. 5582 del
18 aprile 2002).
6.2. Pur in
presenza di pronunce di segno opposto - le quali, con specifico
riferimento alla pratiche societarie di c.d. dividend washing e dividend
stripping, hanno ritenuto nullo il contratto che realizzava un illecito
risparmio di imposta (Cass. sez. 5,
n. 20398 del 21 ottobre 2005, n. 20816 del 26 ottobre 2005, n. 22932 del
14 novembre 2005) -, successive decisioni riaffermeranno
nuovamente il tradizionale principio secondo il quale le pattuizioni
contenute in un contratto che siano dirette ad eludere, in tutto o in
parte, la normativa fiscale, non implicano di per sè la nullità del
contratto stesso, trovando nel sistema tributario le relative sanzioni (Cass., sez. 2,
n. 4785 del 28 febbraio 2007, nonchè, nella specifica materia
delle locazioni ad uso non abitativo, Cass. sez. 3,
n. 7282 del 18 marzo 2008).
6.3. Altre decisioni hanno
tratto dalla figura dell'abuso del diritto tributario,in
tema didividend washing e dividend stripping, la conseguenza della mera
inopponibilità all'amministrazione finanziaria dell'operazione elusiva,
senza spingersi però a dichiarare la nullità del negozio (Cass. S.U., n.
30055 del 23 dicembre 2008; Cass., sez. 5,
n. 4583 del 25 febbraio 2009).
6.4. E' stato pertanto
riconosciuto, e affermato in larga prevalenza, un principio di non
interferenza fra le regole del diritto tributario e quelle attinenti alla
validità civilistica degli atti, principio che si è ritenuto confermato
dalla stessa normativa tributaria di contrasto all'elusione fiscale, la
quale sancisce la mera inopponibilità all'amministrazione finanziaria dei
fatti, degli atti e dei contratti che siano sprovvisti di "sostanza
economica" e finalizzati, "pur nel rispetto formale delle norme
fiscali" a realizzare "essenzialmente vantaggi fiscali
indebiti" (così la L. n. 212 del
2000, art. 10 bis, aggiunto dal D.Lgs. 5
agosto 2015, n. 128, art. 1, che abroga e sostituisce il D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, art. 37 bis, a sua volta già inserito
nel testo del D.P.R. n. 600 del 1973, dal D.Lgs. n. 358
del 1997, art. 7) e rafforzato dalla stessa L. n. 212 del
2000, art. 10, comma 3, a mente del quale, "le violazioni
di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere
causa di nullità del contratto".
6.5. In questo quadro
"di sistema" si inserisce la norma che introduce la sanzione
della nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone
di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e
registrato nelle locazioni abitative (L. n. 431 del
1998, art. 13, comma 1), della quale la
giurisprudenza di legittimità adotterà ancora una volta un'interpretazione
stringentemente restrittiva e strettamente civilistica, tale da escludere
ogni interferenza tra la regola tributaria concernente l'obbligo di
registrazione e la validità dell'atto (e ciò sino all'intervento di queste
sezioni unite con la sentenza n. 18213 del 2015), interpretando la
disposizione alla luce di un preteso quanto indimostrato principio di
immodificabilità del canone di locazione abitativa soltanto in corso di
rapporto, ed escludendo quindi che essa sanzionasse la diversa ipotesi del
patto occulto contestuale alla stipula del contratto di locazione, al quale
pertanto veniva riconosciuta validità (Cass. n. 16089
del 27 ottobre 2003 e successiva giurisprudenza conforme, tanto
di legittimità quanto di merito).
6.5.1. Le Sezioni Unite di
questa Corte, con la sentenza poc'anzi citata, modificheranno
radicalmente tale orientamento, affermando che la nullità prevista dalla L. n. 431 del
1998, art. 13, comma 1, sanziona esclusivamente il patto occulto
di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre
resta valido il contratto registrato e dovuto il canone apparente; tale
patto occulto, si legge ancora in sentenza, in quanto nullo, non è sanato
dalla registrazione tardiva, vicenda extranegoziale inidonea ad influire
sulla testuale (in)validità civilistica (la fattispecie, relativa ad una
locazione abitativa, era disciplinata dalla L. del 1998, ed era anteriore
all'entrata in vigore della L. del 2004, art. 1 comma 346).
6.5.2. Preciserà, infatti,
questa stessa Corte che "non la mancata registrazione dell'atto recante il prezzo reale..., ma la illegittima
sostituzione di un prezzo con un altro, espressamente sanzionata di
nullità, è colpita dalla previsione legislativa, secondo un meccanismo del
tutto speculare a quello previsto per l'inserzione automatica di clausole
in sostituzione di quelle nulle: nel caso di specie, l'effetto diacronico
della sostituzione è impedito dalla disposizione normativa, sì che sarà
proprio la clausola successivamente inserita in via interpretativa
attraverso la controdichiarazione ad essere affetta da nullità ex lege, con
conseguente, perdurante validità di quella sostituenda (il canone
apparente) e dell'intero contratto".
6.5.3. Da tale ricostruzione,
che va in questa sede confermata, deriva che nessun rilievo può assumere la
successiva registrazione dell'atto contro-dichiarativo recante la
pattuizione di un canone maggiore, posto che l'adempimento formale (ed
extranegoziale) dell'onere di registrazione di tale patto "non vale a
farne mutare sostanza e forma rispetto alla simulazione", risultando "inidoneo a spiegare influenza
sull'aspetto civilistico della sua validità/efficacia". Infatti,
chiarirà ulteriormente la sentenza, qualsiasi ricostruzione volta a
riconoscere un effetto di sanatoria della registrazione "appare
questione del tutto mal posta", poichè
"manca proprio l'oggetto (e il presupposto) di tale sanatoria":
ciò in quanto l'atto negoziale contro-dichiarativo risulta insanabilmente e
testualmente nullo per contrarietà a norma di legge (da ravvisare nell'art.
13, comma 1, espressamente volto ad impedire la sostituzione del canone
apparente con quello reale convenuto con il patto occulto), restando tale
anche a seguito della sopravvenienza di un requisito extraformale ed
extranegoziale quale la registrazione.
6.5.4. Oltre che di natura
testuale, secondo il ragionamento di queste Sezioni Unite, la riconosciuta,
in parte qua, invalidità negoziale aveva altresì i connotati della nullità
virtuale, attesa la causa concreta del patto occulto, ricostruita alla luce
del precedente procedimento simulatorio, illecita perchè caratterizzata
dalla vietata finalità di elusione fiscale e, quindi, insuscettibile di
sanatoria (in proposito, autorevole dottrina, non condividendo tale
soluzione, ha osservato che il problema del rapporto tra regola tributaria
e sistema civilistico sarebbe stato eluso dal questa
Corte, alla quale sarebbe "ripugna(to) affermare che la nullità del
patto potesse derivare dalla mancata registrazione". La critica non
pare cogliere nel segno, volta che una più attenta lettura della sentenza
avrebbe consentito di rilevare come, pur non potendo farne applicazione
nella fattispecie ratione temporis, il problema, ben lungi dall'essere
eluso, venisse affrontato apertis verbis con la
precisazione secondo la quale "se la sanzione della nullità derivasse
dalla violazione dell'obbligo di registrazione, allora sembrerebbe ragionevole
ammettere un effetto sanante al comportamento del contraente che, sia pur
tardivamente, adempia a quell'obbligo (nel sistema tributario è previsto,
difatti, il cosiddetto "ravvedimento" D.Lgs. n. 471
del 1997, ex art. 13 comma 1...", non senza aggiungere,
ancora, che la soluzione adottata con riferimento alla L. n. 431 del
1998, art. 13, comma 1, aveva il pregio "di porsi in
armonia, quoad effecta (anche se non sotto il profilo formale
dell'efficacia negoziale della registrazione, predicabile solo a far data
dalla L. n. 311 del
2004) con la successiva legislazione intervenuta in subiecta
materia".
6.5.5. Sotto tale, ulteriore profilo, si è criticato il ragionamento
sviluppato da questa Corte in punto di raccordo tra la disciplina dell'art.
13, comma 1 e l'istituto della simulazione, osservando che le Sezioni Unite
avrebbero accolto un inquadramento "monistico" del fenomeno della
simulazione relativa oggettiva, in virtù del quale il procedimento
simulatorio consterebbe soltanto di accordo di simulare e negozio
ostensibile, mentre il patto dissimulato non avrebbe alcuna autonomia
strutturale, bensì natura di mero strumento probatorio così che la
conseguenza di tale premessa, che nega la sussistenza di un autonomo
contratto dissimulato, non potrebbe essere allora la nullità riferita alla
controdichiarazione, ma dovrebbe essere la nullità dell'accordo
simulatorio, il cui destino verrebbe invece del tutto sottaciuto".
6.5.6. Osserva il collegio
che tali rilievi, da un canto, prescindono del tutto dal dato normativo,
che limita al solo patto di maggiorazione del canone, e non all'intero
contratto, la sanzione della nullità, con conseguente validità (e
sopravvivenza) ex lege dell'accordo negoziale "depurato" dal
patto illecito; dall'altro, sovrappongono indebitamente la morfologia del
"patto dissimulato", di cui si evoca una pretesa "autonomia
strutturale", alla sua funzione, così ricadendo nell'errore di
considerare il procedimento simulatorio caratterizzato da una duplicità di
strutture contrattuali - caratterizzazione, in realtà,
del tutto impredicabile, come condivisibilmente sostenuto dalla più accorta
dottrina, volta che la fattispecie disciplinata dagli artt. 1414
e 1417 c.c.,
è fenomenologicamente, prima ancora che giuridicamente, unitaria (di tal
che il destino dell'accordo simulatorio, ben lungi dall'essere del tutto
sottaciuto, è proprio quello scolpito dalla norma che ne sancisce la
perdurante validità ed efficacia, una volta depurato dal patto controdichiarativo
contenente la illegittima maggiorazione del canone).
6.6. Tali considerazioni si
segnalano per la loro specifica attinenza alla questione oggi nuovamente
sottoposta al collegio con riferimento alle locazioni ad
uso diverso da abitazione alle quali sia applicabile ratione temporis la L. n. 311 del
2004, e possono offrire un primo spunto interpretativo
nell'analisi della fattispecie in esame.
6.7. Nella motivazione della
sentenza del 2015 si rinvengono, difatti, ulteriori
indicazioni, definite di carattere storico-sistematico ed
etico-costituzionale (queste ultime significativamente enfatizzate dall'ordinanza
interlocutoria n. 16604/2016), che richiamano l'attenzione dell'interprete
sull'avvenuta introduzione nel nostro ordinamento, nella specifica materia
della locazione, di un principio generale di interferenza dell'obbligo
tributario con la validità negoziale, nonchè sulla opportunità di
raggiungere una omogeneità di effetti tra le discipline succedutesi nel
tempo (in particolare quella del 1998 e quella del 2004) e, infine, sul
rilievo etico/costituzionale del corretto adempimento degli obblighi tributari.
6.7.1. In particolare, quanto
alle ragioni di tipo storico-sistematico, si legge che "le
disposizioni di legge successive al 1998 introducono un principio generale di inferenza/interferenza dell'obbligo tributario con la
validità del negozio, principio generale di cui è sostanziale conferma nel
dictum dello stesso giudice delle leggi (Corte cost.
420 del 2007), il che consente di rendere omogenea (sia pur per
altra via, che non impinge nell'efficacia delle registrazione) la soluzione
adottata con quella scaturente dalla normativa successiva al 1998".
6.8. La ricostruzione della fattispecie costituita dalla maggiorazione
occulta del canone in termini di procedimento simulatorio deve essere, sul
piano morfologico - sia pur con le evidenti ed
innegabili differenze funzionali tra locazioni abitative e non - in questa
sede confermata, anche (e soprattutto) alla luce dei successivi interventi
normativi in subiecta materia.
7. Nella giurisprudenza di
merito si registrano soluzioni interpretative assai difformi, che
riflettono il dibattito dottrinario emerso a seguito della Finanziaria del
2005, e che possono sostanzialmente ricondursi a tre orientamenti: quello
dell'interpretazione antiletterale della nullità conseguente alla mancata
registrazione, ritenuta condizione di efficacia sanabile ex tunc (Trib. Modena 12 giugno 2006; Trib.
R. Emilia; Trib. Firenze 1 aprile 2009; Trib. Bergamo 7 febbraio 2012); quello
predicativo della nullità sanabile con effetti ex nunc (Trib. Napoli 19 ottobre 2009;
Trib. Bari 24 ottobre 201; Trib. Lecce 8 gennaio 2014;
TAR Trento,
9.12.2010, n. 230); quello, infine, della nullità assoluta ed
insanabile (Corte di
appello Roma n. 3753 del 24 giugno 2015), mentre la soluzione
adottata dal legislatore con la L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 346, è stata accolta, in dottrina, da
critiche ad oggi ancora non sopite, quasi tutte tendenzialmente tendenti
ad interpretazioni abroganti o, quantomeno, volte a limitare la portata
della invalidità sancita dalla norma (le soluzioni proposte spaziano
dall'ipotesi della nullità, sanabile o insanabile, a quella, prevalente, della
condicio juris, a quella della fattispecie a formazione progressiva, a
quella ancora del difetto di un elemento costitutivo del negozio, a
quella, infine, della "validità o invalidità sospesa").
8. E' convincimento del
collegio che la soluzione del caso in esame non consenta un'interpretazione
diversa da quella che ricostruisce la sanzione legislativa per omessa
registrazione in termini di nullità sopravvenuta del contratto di locazione per mancanza di un requisito extraformale
di validità. E tale requisito, che opera in guisa di co-elemento esterno di
validità del negozio, è stato introdotto dal
legislatore per contrastare tanto l'elusione quanto l'evasione fiscale (e
non solo l'elusione o l'evasione dell'imposta di registro, ma anche
l'evasione delle imposte dirette da parte del locatore sui canoni
riscossi).
8.1. Milita in tal senso, in
primo luogo, la chiara lettera della disposizione normativa, così che risulterebbe innegabile la forzatura di ogni opzione
interpretativa volta a discostarsi da essa, ritenendo (assai
sbrigativamente quanto assai poco convincentemente) che il legislatore sia
incorso in un lapus calami, adottando in senso del tutto atecnico un
termine che, nella teoria del contratto, ha un significato ben definito e
non equivoco.
8.2. In secondo luogo,la norma in parola non solo ha reiterato la
qualificazione del vizio in quegli stessi termini di nullità già utilizzati
dalla L. n. 431 del
1998, art. 13, con riferimento alle sole locazioni ad uso
abitativo, ma ne ha anche ampliato l'incidenza, estendendola a tutti i
contratti di locazione, e altresì riferendola all'intero contratto e non soltanto
al patto occulto di maggiorazione del canone.
8.3. Decisivo risulta, in
terzo luogo, l'inequivoco dictum della Corte costituzionale,a mente del quale, come più volte rammentato, l'art. 1,
comma 346, eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la
violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418 c.c..
8.3.1. Nella pronuncia del
2007, il giudice delle leggi opera, peraltro, un generico richiamo all'art. 1418 c.c.,
senza precisare quale comma di tale articolo verrebbe in rilievo nel caso
specifico, ossia se si tratti di una nullità virtuale ai sensi dell'art. 1418 c.c.,
comma 1, ovvero di una nullità testuale ai sensi
del comma 3 del medesimo articolo. In considerazione dell'esplicito
riferimento al rango di norma imperativa che la disposizione dell'art. 1, comma 346, avrebbe conferito alla norma tributaria
sull'obbligo di registrazione, potrebbe, difatti, ipotizzarsi che la Corte abbia inteso
riferirsi ad una fattispecie di nullità virtuale, anche se ciò potrebbe
apparire prima facie incongruo, essendo la comminatoria di nullità sancita
in modo espresso da una norma di legge (nullità testuale), onde l'apparente
irrilevanza della qualificazione della disposizione sull'obbligo di
registrazione in termini di norma imperativa o meno.
8.3.2. Ma la scelta
terminologica adottata dalla Corte costituzionale potrebbe assumere, ad una più attenta riflessione, una duplice valenza: da
un lato, quella di ribadire che proprio di nullità si discorre nella norma
(e non già di inefficacia o di altre fattispecie ipotizzate in dottrina e nella
giurisprudenza di merito); dall'altro, quella di affermare che comunque, al
di là della nullità testuale ivi sancita, la norma tributaria ha assunto
per il legislatore carattere imperativo, quantomeno con riferimento ai
contratti indicati dal cit. art. 1, comma 346, con conseguente loro nullità
(anche) virtuale in caso di omessa registrazione, anche quando non ricorra
la specifica ipotesi riconducibile nell'alveo della nullità testuale -
considerazione, quest'ultima, che, per quanto si dirà più avanti, potrebbe
rilevare con riferimento al caso, propriamente oggetto della questione
sollevata dall'ordinanza interlocutoria n. 16604/2016, di doppia
pattuizione del canone, l'una indicata in un contratto simulato e
registrato, l'altra (maggiore) specificata in un atto dissimulato e non
registrato.
9. Come più volte rammentato,
questa stessa Corte, pronunciandosi in tema di locazioni ad
uso abitativo soggette ratione temporis ad altra disciplina normativa (la L. n. 431 del
1998, art. 13), e stabilendo che il patto occulto di
maggiorazione del canone è nullo e che tale nullità non è sanata dalla
registrazione tardiva, in quanto quest'ultima, in quella fattispecie
(locazione stipulata ante 2004, e soggetta alla sola disciplina dell'art.
13 cit.), costituiva un fatto extranegoziale inidoneo ad influire sulla
(in)validità civilistica della fattispecie, ha poi specificato come la
sanzione di nullità derivasse non dalla mancata registrazione, bensì dalla
(diversa) vicenda endonegoziale costituita dalla illegittima sostituzione
di un prezzo con un altro, espressamente sanzionata di nullità - mostrando
così di ritenere, sia pur implicitamente, la L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 346, senz'altro idoneo ad incidere a sua volta,
ed autonomamente, sul negozio civilistico in termini di (in)validità, in
consonanza con il dictum del giudice delle leggi di cui alla ordinanza n.
420 del 2007.
10. La stessa ordinanza interlocutoria che ha rimesso a queste Sezioni Unite la
questione non sembra dubitare che la stipulazione oggetto della
controversia al suo esame, in considerazione della causa concreta che la
caratterizza, si riveli come imprescindibilmente connotata dalla vietata
finalità di elusione fiscale, e pertanto conseguentemente affetta da
invalidità. Pur ravvisando una evidente
fattispecie di nullità nella pattuizione de qua, il collegio remittente
sembra altresì ricollegare tale invalidità allo scopo pratico perseguito
dalle parti (Le. alla sua causa concreta), in
quanto in contrasto con il generale principio antielusivo desumibile dall'art. 53 Cost.,
piuttosto che alla previsione della L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 346, la quale viene menzionata solo
indirettamente, operando così un riferimento alla fattispecie della nullità
virtuale, e non (solo) testuale, dettata dalla norma ora citata.
11. La ricostruzione in
termini di vera e propria nullità testuale sancita dall'art. 1, comma 346 cit. resiste poi, ad avviso del collegio,
alle molteplici critiche, pur efficacemente e suggestivamente argomentate,
mosse da autorevole dottrina anche successivamente alle menzionate pronunce
della Corte costituzionale (ord. n. 420 del 20007) e delle Sezioni Unite di
questa Corte (sent. n. 18213 del 2015).
11.1. In particolare, non
sembra dirimente il rilievo secondo il quale la nullità, in ossequio ai
principi del codice civile, andrebbe riferita ai vizi riguardanti l'iter
formativo e costitutivo dell'atto negoziale, essendo stato condivisibilmente
osservato che esistono nel nostro ordinamento anche altre ipotesi di
nullità derivanti da un difetto extragenetico attinente ad
elementi estrinseci e successivi rispetto alla formazione del contratto,
tali da indurre ad una rivisitazione della categoria tradizionale della
nullità (un esempio è offerto dall'art. 67
septiesdecies del codice del consumo, di cui al D.Lgs. 6
settembre 2005, n. 206, che prevede la nullità del contratto se
il fornitore ostacola l'esercizio del diritto di recesso da parte del
contraente, non rimborsa le somme da questi eventualmente pagate o viola
gli obblighi di informativa precontrattuale; o ancora dal D.P.R. n. 380
del 2001, artt. 46 e 47,
che, in tema di compravendita immobiliare stipulata in violazione di norme
edilizie che impongono alle parti specifiche dichiarazioni o allegazioni
urbanistiche, discorrono di atti nulli "che possono essere
confermati" e di atti nulli "non convalidabili").
11.2. Neppure giova
richiamare il tradizionale orientamento sul principio di non - interferenza
delle violazioni di carattere tributario rispetto alla validità del
contratto, elevato a regola positiva dalla statuto dei
diritti del contribuente (L. n. 212 del
2000, art. 10, comma 3), volta che, al di là
di ogni considerazione sulla effettiva portata di tale norma, la
disposizione dell'art. 1, comma 346, della Finanziaria 2005, circoscritta
al solo ambito delle locazioni (e dunque lex specialis), non costituisce
una prescrizione di esclusivo carattere tributario, ma introduce un regola
di diritto civile, comminando una speciale nullità nei rapporti tra
privati, sia pure per effetto di una violazione di carattere tributario,
come autorevolmente sostenuto dallo stesso giudice delle leggi.
11.3. Le stesse riflessioni
critiche che fan leva sulla ragione fiscale la quale resterebbe
insoddisfatta dalla ricostruzione della norma in termini di nullità (in
ipotesi, insanabile) - non risulta di per sè
decisiva, ben potendo il legislatore, nella sua discrezionalità politica,
scegliere di adottare una disposizione normativa caratterizzata da finalità
preventive e dissuasive, rendendo non conveniente alle parti di omettere la
registrazione salvo provvedervi in caso di sopravvenuto conflitto tra gli
stessi contraenti, così prefiggendosi (come è stato condivisibilmente
osservato) un obiettivo conformativo ben più ambizioso rispetto a quello
conseguibile dalle eventuali sanatorie a posteriori, circoscritte alle
ipotesi di contenzioso tra le parti.
11.4. Con riguardo, infine,
alla disposizione di cui alla stessa L. n. 311 del
2004, comma 342, la quale presuppone espressamente l'esistenza
del rapporto di locazione, in caso di omessa registrazione, per i quattro
anni anteriori a quello in cui il rapporto è stato accertato, appare poi
condivisibile l'osservazione che ne evidenzia la natura, questa
si, di disposizione esclusivamente tributaria, volta cioè ad
assicurare una adeguata entrata fiscale a fronte della riscontrata
evasione, senza alcun effetto di diritto civile.
12. Vanno
pertanto riaffermati, sul piano dell'analisi morfologica della fattispecie,
i principi affermati da queste sezioni unite con la più volte citata
sentenza del 2015 in
tema di locazioni abitative, predicativi della natura di procedimento
simulatorio della vicenda negoziale volta ad occultare la maggiorazione
convenzionale del canone.
13. Occorre ora indagare il
tema, del tutto speculare, delle locazioni non abitative volta che le
parti, oltre od a prescindere dalla registrazione
del contratto, ovvero nonostante essa, abbiano concordato un certo canone,
dichiarandone però un altro.
13.1. Va osservato, in
premessa, che, sul piano funzionale, le fattispecie locative sembrerebbero
differenziarsi a seconda che il rapporto contrattuale abbia o meno carattere abitativo.
13.2. Con riguardo alle
locazioni non abitative, difatti, potrebbe rilevarsi, prima facie, la
mancanza di una norma espressa che sancisca la nullità testuale del patto
di maggiorazione del canone, come invece
espressamente previsto dalla L. n. 492 del 1998, art. 13, per le locazioni
abitative.
13.2.1. Per esse, la sanzione
di nullità del (solo) patto di maggiorazione - che, attesane la natura di
controdichiarazione dissimulatoria (al di là ed a
prescindere dalla forma negoziale di volta in volta assunta), ne impedisce
il dispiegarsi degli effetti - non si estende, difatti, all'intero
contratto (se registrato), che resta, pertanto, valido ed efficace, ai
sensi del citato art. 13, salva, dopo il 2004, la nullità del contratto
tout court per omessa registrazione.
13.2.2. Tale previsione
normativa non è stata espressamente estesa, dal legislatore del 1998, alle
locazioni non abitative, in relazione alle quali,
pertanto, non risulterebbe apparentemente predicabile alcuna nullità
testuale dell'accordo di maggiorazione occulta del canone.
13.3. Il procedimento
simulatorio, costituito dall'accordo tra le parti (che ne consacra e ne
cristallizza l'incontro delle volontà volto a stipulare una locazione con
prezzo fittizio) e dall'(unica) convenzione negoziale
(i.e. il contratto di locazione), perfetta in ogni suo elemento, il cui
oggetto (il prezzo) simulato risulta essere diverso alla luce della
controdichiarazione contenente l'oggetto (il prezzo, non il negozio)
dissimulato, risulterebbe, pertanto, prima facie "neutro" (come
accade per ogni vicenda di simulazione relativa, rispetto alla quale il
legislatore del ‘42 adotterà un atteggiamento felicemente definito
agnostico dalla dottrina), sul piano tanto volontaristico, quanto causale
(salvo quanto ancora si dirà sull'intento evasivo/elusivo del locatore),
proprio per l'assenza di una norma che sancisca la nullità del patto
controdichiarativo di maggiorazione del canone.
La nullità è, di converso,
stabilita per l'intero contratto (e non per il solo patto controdichiarativo),
in conseguenza non già di un vizio endonegoziale, ma (della mancanza) di un
requisito extraformale costituito dall'omissione della registrazione del
contratto.
13.4.
Questa stessa Corte, con la sentenza del 2015, aveva avuto modo di
affermare che, se la sanzione della nullità derivasse dalla sola violazione
dell'obbligo di registrazione, allora sembrerebbe ragionevole ammettere un
effetto sanante al comportamento del contraente che, sia pur tardivamente,
adempia a quell'obbligo.
Si pone allora, come prima
questione, quella della configurabilità di una possibile sanatoria a
seguito della tardiva registrazione di un (qualsivoglia)
contratto di locazione che contenga l'indicazione del canone reale, come
convenuto fin ab origine tra le parti.
14. In tale prospettiva,
occorre preliminarmente verificare se una tardiva registrazione possa dirsi
legittima.
La normativa tributaria
sembra offrire una risposta positiva al quesito, considerato che il termine
di trenta giorni previsto per assolvere al
pagamento dell'imposta di registro non è qualificato come perentorio (D.P.R. n. 131
del 1986, art. 17, comma 1, come modificato dalla L. 21 novembre
2000, n. 342, art. 68) e che l'art. 38, dello stesso decreto,
prevede che "la nullità... dell'atto non dispensa dall'obbligo di
chiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta". E' inoltre
prevista la possibilità di una registrazione volontaria tardiva anche in
caso di decadenza dall'azione di riscossione (citato D.P.R. n. 131
del 1986, art. 76, comma 5), ed è lo stesso sistema tributario a
consentire il c.d. "ravvedimento operoso", riconoscendo
l'attenuazione della sanzione prevista per la violazione delle norme
tributarie nei casi ed alle condizioni indicate
dal D.Lgs. 18
dicembre 1997, n. 472, art. 13.
14.1. Resta da valutare se un
ostacolo alla possibilità di tardiva registrazione sia stato introdotto a
seguito della novella della L. n. 431 del
1998, art. 13, come recentemente modificato dalla L. 28 dicembre
2015, n. 208, art. 1, comma 59, (c.d. legge di
stabilità 2016), laddove è stato previsto l'obbligo unilaterale
del locatore di provvedere alla registrazione del contratto di locazione
entro il termine perentorio di trenta giorni (comma 1,
secondo periodo dell'art. 13 cit.) stabilendosi altresì che, in caso di
inottemperanza a tale obbligo, il conduttore possa chiedere al giudice di
accertare la esistenza del contratto e rideterminarne il canone in misura
non superiore al valore minimo di cui al precedente art. 2.
15. Valutando
complessivamente tale disposizione, peraltro dettata con esclusivo
riferimento alle locazioni ad uso abitativo, non
sembra che da essa possa desumersi l'introduzione di una generalizzata
"perentorietà" del termine per la registrazione previsto dalla
normativa tributaria, considerato che la perentorietà del termine sembra
circoscritta alla condotta del solo locatore, ed esclusivamente al fine di
far operare la correlata possibilità per il conduttore di ottenere la
conformazione del contratto (altrimenti nullo perchè non registrato nel
termine) al canone autoritativamente predeterminato, come previsto dalla
nuova disposizione. Ma ciò, si ripete, per i soli contratti di locazione ad uso abitativo.
16. Ritenendo, pertanto, non
illegittima una registrazione tardiva, sembra coerente riconoscere a tale
adempimento tardivo l'effetto di sanare la nullità sancita dal comma 346
della Finanziaria 2004, attesone il carattere:
- sul piano morfologico, di
nullità per difetto di un coelemento di validità
extranegoziale
- sul piano funzionale, di invalidità da inadempimento (dell'obbligo di
registrazione).
17. Tale soluzione si pone in
linea con quanto condivisibilmente affermato da quella dottrina che propone
una lettura restrittiva dell'art. 1423 c.c.,
limitata alla insanabilità del negozio nullo salvo
convalida, così che (al di là dell'improprietà del termine adottato dal
legislatore del 1942, essendo l'effetto di convalida predicabile con
riferimento al solo negozio annullabile, del quale è destinato a fissarne
definitivamente l'efficacia già temporaneamente e provvisoriamente
prodottasi fin dalla conclusione del contratto), la norma non può ritenersi
ostativa alla (eccezionale) ammissibilità di altre ipotesi di cd. sanatoria
(ovvero di "recupero" degli effetti negoziali, come più
correttamente proposto da altra dottrina) delle nullità contrattuali (ne
testimonierebbero la legittimità alcune fattispecie previste dallo stesso
codice, come la conferma delle disposizioni testamentarie e delle donazioni
nulle; il matrimonio putativo; l'esecuzione del contratto di lavoro nullo;
la cosiddetta pubblicità sanante ex art. 2652
c.c., n. 6; la sanatoria delle nullità delle deliberazioni
assembleari di s.p.a. per mancanza del verbale, emendabile mediante
verbalizzazione che preceda la successiva assemblea con effetto ex tunc;
l'obbligo dell'assicuratore di pagare l'indennizzo anche quando il
contratto sia nullo, perchè stipulato in assenza di autorizzazione
all'esercizio, ex art. 167,
comma 2, Cod. ass.).
18. Può, pertanto, concludersi che il contratto di locazione ad uso non
abitativo (non diversamente, peraltro, da quello abitativo), contenente ab
origine la previsione di un canone realmente convenuto e realmente
corrisposto (e dunque, in assenza di qualsivoglia fenomeno simulatorio),
ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi della L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 346, ma, in caso di sua tardiva
registrazione, da ritenersi consentita in base alle norme tributarie,
sanabile, volta che il riconoscimento di una sanatoria "per
adempimento" appare coerente con l'introduzione nell'ordinamento di
una nullità (funzionale) "per inadempimento" (entrambi i termini
da intendersi, come ovvio, in senso diverso da quello tradizionalmente
riservato al momento esecutivo del rapporto negoziale).
18.1. E' difatti innegabile
che, nel caso di specie, l'interprete sia chiamato a confrontarsi con una
vicenda di nullità efficacemente definita impropria o atipica - a tacer
d'altro perchè il contratto produce i suoi effetti almeno fino a trenta
giorni dalla sua stipulazione, termine ultimo per effettuare
la registrazione, per poi assumere la qualificazione negativa sancita dal
legislatore, mentre l'ammissibilità di un effetto di sanatoria troverebbe
ulteriore conferma nella interpretazione sistematica delle norme di
registro, e, segnatamente, di quelle sulla registrazione d'ufficio (D.P.R. n. 131
del 1986, artt. 15 e 65).
19. La conseguente questione
che si pone, all'esito del riconoscimento, alla registrazione tardiva, di
un effetto sanante, è quella se tale effetto operi
una reviviscenza del contratto con effetti retroattivi o meno.
19.1. La evidente
anomalia della vicenda, che diacronicamente alterna una fase di piena
validità ed efficacia del rapporto contrattuale ad una in cui subentra la
totale invalidità ed inefficacia proprie della disciplina della nullità, in
assenza di significativi indici normativi che possano indirizzare
l'interprete verso l'una o l'altra soluzione (la sola fattispecie di
sanatoria ove viene sancita espressamente la retroattività è quella di cui
all'art. 2379 bis
c.c., in tema di verbali assembleari di società), induce a
ritenere che l'effetto sanante sia destinato a retroagire alla data della
conclusione del contratto (in termini, di recente, Cass. sez. III
n. 10498 del 2017).
19.1. L'effetto di sanatoria
con efficacia retroattiva consente, difatti, di stabilizzare
definitivamente gli (assai instabili) effetti del contratto, assicurando
piena tutela alla parte debole del rapporto, volta che il conduttore non
sarà esposto ad azioni di rilascio, godrà della
durata della locazione come prevista ab origine nel contratto (e non dalla
data della registrazione che, intervenendo a distanza di tempo dalla
stipulazione, ne abbrevierebbe significativamente quanto arbitrariamente i
termini di scadenza), conserverà il diritto all'avviamento, quello alla
prelazione, ed ancora quello alla libera trasferibilità dell'azienda e del
contratto.
19.2. Una diversa opzione, collocando il dies a quo della convenzione
negoziale soltanto alla data della registrazione (lasciandone inalterato il
dies ad quem), finirebbe poi per contrastare con la stessa disciplina
legale della durata del contratto, ponendosi al di fuori della stessa ratio
della sanatoria, che finirebbe per creare un impredicabile effetto di
novazione del contratto originario (indirettamente) per factum principis.
20. Resta ora da esaminare se
tale conclusione possa estendersi anche al caso che oggi occupa la Corte, e cioè
all'ipotesi in cui la fattispecie concreta sia costituita da un accordo
simulatorio cui consegua non già la tardiva registrazione dell'intero
contratto che preveda, ab origine, la corresponsione del canone reale, ma
quella del solo patto dissimulato (raccordo integrativo" del caso di
specie) volto ad occultare un canone maggiore,
dopo che il contratto contenente il canone simulato sia stato a sua volta e
previamente registrato, sulla premessa per cui la sanatoria da tardiva
registrazione elimina soltanto la nullità (testuale) sopravvenuta,
lasciando impregiudicata la sorte del contratto qual era fino alla
violazione dell'obbligo di registrazione (inidonea a spiegare efficacia
sanante su di una eventuale nullità da vizio genetico).
La eventuale
sanatoria della nullità sopravvenuta, in altri termini, non esime
l'interprete dall'esaminare il contratto nel suo status quo ante.
21. Tanto la giurisprudenza
quanto la dottrina che hanno affrontato il tema
della nullità introdotta dall'art. 1, comma 346 cit. hanno, difatti,
trattato le connesse problematiche senza distinguere tra le ipotesi di
totale omissione della registrazione del contratto contenente ab origine
l'indicazione del canone realmente dovuto (in assenza, pertanto, di
qualsivoglia procedimento simulatorio) e quelle di simulazione del canone
con registrazione del solo contratto simulato recante un canone inferiore,
cui acceda il cd. "accordo integrativo" con canone maggiorato
(ipotesi alla quale potrebbe ancora aggiungersi quella della mancata
registrazione dello stesso contratto contenente il canone simulato, oltre
che del detto accordo integrativo).
22. E' convincimento del
collegio che le due fattispecie non consentano di pervenire ad una soluzione omogenea.
Sul piano tanto morfologico,
quanto (e soprattutto) su quello funzionale, difatti, le due vicende
negoziali sono caratterizzate da evidenti dissonanze, volta che:
22.1. il contratto non
registrato in toto, contenente l'indicazione del reale corrispettivo della
locazione, è "sconosciuto" all'Erario dal punto di vista fiscale e nullo dal punto di vista civilistico in virtù
di una testuale previsione normativa che ricollega la sanzione di
invalidità al comportamento illecito (l'inadempimento all'obbligo di
registrazione). Sanata l'invalidità successivamente
alla stipula del contratto attraverso la registrazione tardiva,ciò che
rileva è proprio (e solo) l'oggettiva tardività dell'assolvimento
dell'obbligo tributario,ed è proprio (e solo) tale inadempimento ad essere
sanzionato, al di là ed a prescindere dalla circostanza che esso sia o meno
riconducibile all'accordo negoziale delle parti, potendo dipendere dalla
scelta di uno solo dei contraenti e finanche da un impedimento alla
tempestiva registrazione o da una mera incuria; in altri termini, in tale
ipotesi non viene in rilievo un vizio genetico dell'atto, ma la mancata
attuazione di un obbligo ad esso conseguente, in relazione al quale ben può
ricavarsi dal sistema la possibilità di un adempimento tardivo, che integri
diacronicamente la fattispecie con il necessario co-elemento esterno di
validità, costituito dal requisito extra formale della registrazione, con
effetti sananti dal momento in cui l'atto stesso è stato posto in essere.
22.2. Diverso è il caso di un
contratto debitamente registrato, contenente un'indicazione simulata di
prezzo, cui acceda una pattuizione a latere (di regola denominata "accordo
integrativo", come nel caso di specie), non registrata e destinata a
sostituire la previsione negoziale del canone simulato con quella di un canone maggiore rispetto a quello formalmente risultante
dal contratto registrato. Appare inevitabile la riconduzione di tale
fattispecie nell'orbita dell'istituto della simulazione, in sintonia con
quanto affermato da queste stesse Sezioni Unite con riferimento alla
speculare (e in parte qua del tutto sovrapponibile) vicenda delle locazione ad uso abitativo. Il (medesimo)
procedimento simulatorio si sostanzia, difatti, sul piano morfologico, in
un previo accordo simulatorio e in una successiva, unica convenzione
negoziale, tanto nell'ipotesi di simulazione assoluta (assenza di effetti
negoziali) quanto di simulazione relativa (produzione di effetti diversi da
quelli riconducibili al negozio apparente), mentre la cd.
controdichiarazione non è altro che uno strumento probatorio idoneo a
fornire la "chiave di lettura" del negozio apparente,
caratterizzata dalla sua eventualità e dalla irrilevanza della contestuale
partecipazione alla sua stesura di tutti i soggetti protagonisti
dell'accordo - tanto che l'atto contro dichiarativo può anche provenire da
uno solo di essi, e sostanziarsi in una dichiarazione unilaterale, perciò
solo priva di ogni veste contrattuale. Sicchè non appare corretto, in punto
di diritto, va ripetuto, discorrere di contratto simulato e contratto
dissimulato come di due diverse e materialmente separate convenzioni
negoziali (nè tantomeno appare corretto ricondurre il cd.
negozio dissimulato alla controdichiarazione, come talora si suole
affermare). Ebbene, proprio tale accordo simulatorio, in
quanto volto a celare un canone maggiore rispetto a quello indicato
nel contratto scritto e registrato, disvela la finalità di elusione ed
evasione fiscale che un simile patto è funzionalmente destinato a
realizzare e, dunque, la sua causa concreta, da intendersi quest'ultima
nella più moderna nozione di scopo pratico del negozio, sintesi, cioè,
degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, quale
funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del
modello astratto utilizzato. Osservata da tale prospettiva, la fattispecie
della simulazione (relativa) del canone locatizio risulta
affetta da un vizio genetico, attinente alla sua causa concreta,
inequivocabilmente volta a perseguire lo scopo pratico di eludere (seppure
parzialmente) la norma tributaria sull'obbligo di registrazione dei
contratti di locazione. Se tale norma tributaria si ritiene essere stata
elevata a "rango di norma imperativa", come sembra suggerire
l'evoluzione normativa e giurisprudenziale più recente e come precisato
dalla stessa Corte costituzionale, deve concludersi
che la convenzione negoziale sia intrinsecamente nulla, oltre che per
essere stato violato parzialmente nel quantum l'obbligo di (integrale)
registrazione, anche perchè ab origine caratterizzata da una causa illecita
per contrarietà a norma imperativa (ex art. 1418
c.c., comma 1), tale essendo costantemente ritenuto lo stesso art. 53 Cost.
- la cui natura di norma imperativa (come tale, direttamente precettiva) è
stata, già in tempi ormai risalenti, riconosciuta dalla giurisprudenza di
questa Corte (Cass. n. 5 del
1985; Cass. ss. uu. n. 6445 del 1985). In tale ottica, acquista
una valenza particolarmente significativa
l'affermazione della Corte costituzionale che, nel qualificare la nullità
sancita dalla L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 346, come genericamente riconducibile all'art. 1418 c.c.,
non ha ristretto la (evidente) portata della norma al solo comma 3,
dell'articolo richiamato (nullità testuale), ma ne ha implicitamente
evidenziato la rilevanza anche ai fini del comma 1 (nullità virtuale),
sottolineandone l'effetto di aver elevato a norma imperativa la
disposizione tributaria sull'obbligo di registrazione dei contratti ivi
contemplati. Trattandosi di un vizio riconducibile al momento genetico del
contratto, e non (soltanto) ad un mero
inadempimento successivo alla stipula (sanzionato dalla nullità testuale di
cui al comma 346 della Finanziaria 2004), nelle fattispecie simulatorie del
canone locatizio contenuto in un contratto già registrato deve allora
ravvisarsi la diversa ipotesi di una nullità virtuale, secondo la
concezione tradizionale di tale categoria - e, quindi, tradizionalmente
insanabile ex art. 1423
c.c.: in tal caso, infatti, la nullità deriva non dalla mancata
registrazione (situazione suscettibile di essere sanata con il tardivo
adempimento), ma, a monte, dall'illiceità della causa concreta del negozio,
che una tardiva registrazione non appare idonea a sanare.
Non senza considerare,
ancora, che, dalla registrazione del cd. "accordo integrativo",
ove questo presenti i caratteri di cui all'art. 1321 c.c.,
se ne dovrebbe trarre, ove se ne predicassero liceità, validità ed
efficacia, la sua configurazione in termini di nuovo contratto, cui
attribuire (del tutto fittiziamente, e del tutto erroneamente, come si è
visto) il carattere o dell'accordo novativo ovvero del negozio di
accertamento: caratteri, evidentemente, del tutto inesistenti, salvo che,
nella sua riconosciuta facoltà di interpretazione
del contratto, il giudice di merito non accerti, nel singolo caso,
l'effettivo carattere novativo dell'accordo (novazione peraltro
impredicabile nel caso di coincidenza temporale tra i due atti), alla luce
dell'effettiva esistenza di un animus novandi e di un aliquid novi.
23. Si rende conseguentemente
necessario estendere l'indagine alla sorte del contratto di locazione
regolarmente registrato, e contenente l'indicazione del canone simulato.
23.1. Con specifico riguardo
all'analoga fattispecie simulatoria riferita alla locazione ad uso abitativo e soggetta alla disciplina della L. n. 431 del
1998, art. 13, comma 1, la più volte citata sentenza di queste
Sezioni Unite del 2015 ebbe modo di precisare come la sanzione legislativa
della nullità prevista da quella specifica norma colpisse non la mancata
registrazione dell'atto recante il prezzo reale (attesane la precipua
funzione di controdichiarazione), ma la illegittima sostituzione di un
prezzo con un altro, sicchè "sarà proprio la clausola successivamente
inserita in via interpretativa attraverso la controdichiarazione ad essere
affetta da nullità ex lege, con conseguente, perdurante validità di quella
sostituenda (il canone apparente) e dell'intero contratto".
24. Nell'ipotesi oggi
sottoposta al vaglio di questa Corte, che ha ad
oggetto una locazione ad uso non abitativo, ciò che la disciplina
legislativa del 2004 ha
inteso non solo sanzionare, ma anche elevare a rango di norma imperativa, è
proprio l'obbligo di registrazione, non il divieto di sostituzione di un
canone con un altro.
Ma è proprio quell'obbligo
che la causa concreta dell'accordo intercorso tra le parti è funzionalmente
volta (ancorchè parzialmente) ad eludere: occorre,
pertanto, valutare se, negata in premessa la esistenza di una autonomo
contratto dissimulato, la nullità possa ancora essere riferita alla sola
controdichiarazione, in (apparente) assenza di una norma simmetrica a
quella di cui alla L. del 1998, art. 13.
25. E' convincimento del
collegio che, se in caso di omessa registrazione del contratto contenente
la previsione di un canone non simulato ci si trova di fronte ad una
nullità testuale L. n. 311 del
2004, ex art. 1, comma 346, sanabile con effetti ex tunc a
seguito del tardivo adempimento all'obbligo di registrazione, nel caso di
simulazione relativa del canone di locazione, e di
registrazione del contratto contenente la previsione di un canone inferiore
per finalità di elusione fiscale, si è in presenza, quanto al cd. "accordo integrativo", di una nullità virtuale
insanabile, ma non idonea a travolgere l'intero rapporto - compreso,
quindi, il contratto reso ostensibile dalle parti a seguito della
sua registrazione.
26. Norma speculare, in via
interpretativa, rispetto a quella di cui alla L. del 1998, art. 13, deve,
difatti, ritenersi la L. n. 392 del
1978, art. 79.
26.1. Non ignora il collegio
che la costante interpretazione della disposizione in parola si sia
storicamente assestata, nella giurisprudenza di questa stessa Corte, nel
senso che la sanzione di nullità in essa prevista abbia avuto riguardo alle
(sole) vicende funzionali del rapporto, colpendo, pertanto, le sole
maggiorazioni del canone previste in itinere e diverse da quelle consentite
ex lege, e non anche quelle convenute al momento della conclusione dell'accordo.
26.2. Ma va altresì ricordato
come, mutatis mutandis, la stessa linea di pensiero sia stata adottata,
dalla stessa giurisprudenza di legittimità, anche con riferimento
all'interpretazione dell'art. 13, dettato in tema
di locazioni abitative - delle quali si era ritenuto parimenti predicabile
la sanzione di nullità della maggiorazione del canone se, e solo se, quella
maggiorazione avesse avuto diacronico riferimento a momenti diversi e
successivi rispetto a quello della stipula dell'accordo.
Al momento, cioè funzionale,
e non genetico, del rapporto.
Questa interpretazione è
stata rivisitata e modificata dalla sentenza del 2015.
Per le stesse ragioni in essa
esposte, è convincimento del collegio che anche la lettura dell'art. 79, della legge cd. sull'equo canone debba essere oggi
modificata nel senso che il patto di maggiorazione del canone è nullo anche
se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto
funzionale, del rapporto.
27. Il collegio non ignora
che, in tal modo, i casi, apparentemente più gravi, e cioè quelli di totale
omissione della registrazione del contratto, risulterebbero
soggetti ad un disciplina meno rigida (conseguente al riconoscimento di una
sanatoria della nullità derivante dalla loro omessa registrazione), ma la
diversa gravità delle conseguenze può trovare una congrua spiegazione nella
maggiore gravità del vizio che inficia le ipotesi simulatorie rispetto a
quelle in cui manchi la registrazione del contratto tout court: un vizio
genetico e voluto da entrambe le parti nel primo caso, un inadempimento
successivo alla stipula di un contratto geneticamente valido, nel secondo
caso.
27.1. E' vero, in altri
termini, che una simile soluzione renderebbe più gravose, quoad effecta, le
ipotesi di simulazione relativa del canone nei contratti di locazione
soggetti rispettivamente, alla disciplina della L. n. 431 del
1998, art. 13, (per come interpretato dalle S.U. con la sentenza
n. 18213 del 2015, che ha ritenuto la perdurante validità del canone
apparente e, quindi, dell'intero contratto) e della L. n. 392 del 1998,
art. 79, (per come oggi interpretato), rispetto a quelle concernenti i
contratti di locazione, ad uso abitativo e non,
cui sia invece applicabile la normativa (e la possibilità di sanatoria, per
quanto in precedenza esposto) introdotta dalla Finanziaria del 2004.
Tuttavia, una simile
conseguenza sembra coerente non solo con il diverso tenore delle predette
norme, le une intese a vietare la sostituzione di una clausola sostanziale
del contratto, l'altra a sanzionare direttamente la violazione della norma
tributaria, ma anche con l'intenzione del legislatore del 2004, evidentemente
tesa ad ampliare e rafforzare, rispetto alla normativa del 1998, l'effetto
dissuasivo nei confronti degli infedeli locatori, e non
pare affatto priva di ragionevolezza rispetto agli interessi
pubblici inerenti al prelievo fiscale, in quanto mira a spiegare proprio
quell'effetto dissuasivo, inteso nel senso di non rendere conveniente alle
parti la registrazione di un contratto contenente un canone simulato
consentendo loro di provvedere alla registrazione dell'"accordo
integrativo" solo in caso di sopravvenuto conflitto tra i contraenti -
in tal guisa prefiggendosi un obiettivo conformativo ben più ambizioso
rispetto a quello conseguibile dalle eventuali sanatorie a posteriori.
28. La soluzione così
adottata ha il pregio di ricondurre ad unità la
disciplina delle nullità e della (eventuale) sanatoria di tutti i contratti
di locazione, ad uso abitativo e non.
Il ricorso deve, pertanto,
essere accolto nei limiti di cui in motivazione.
Il procedimento è rinviato
alla Corte di appello di Catanzaro, in altra composizione, che, in sede di
rinvio, applicherà i seguenti principi di diritto, oltre a provvedere alla
liquidazione delle spese del presente giudizio:
(A) La mancata registrazione del
contratto di locazione di immobili è causa di nullità dello stesso;
(B) Il contatto di locazione di immobili, quando sia nullo per (la
sola) omessa registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con
decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata
tardivamente;
(C) E' nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione
di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone
superiore a quello dichiarato; tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la
conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente
nullo, a prescindere dall'avvenuta registrazione.
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