Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza
25 settembre - 13 novembre 2012, n. 19702 l'impegno del venditore a riparare il bene
implica il riconoscimento del vizio da cui esso è affetto e impedisce
quindi la decadenza comminata al compratore dall'art. 1495 c.c.
Con il quarto motivo di ricorso si sostiene che il
riconoscimento dei vizi e l'impegno a eliminarli, da parte della s.p.a. Sergiani, seppure non
avesse comportato una novazione, avrebbe avuto comunque l’effetto di
assoggettare alla prescrizione ordinaria decennale, anziché a quella
annuale, il diritto di garanzia fatto valere dalla s.r.l. Gamma mediante
l'azione quanti minoris.
Per la soluzione di tale questione di massima, reputata di particolare
importanza, la seconda sezione di questa Corte con ordinanza del 26 marzo 2012, ha prospettato
l’opportunità dell'assegnazione del ricorso alle sezioni unite, che in effetti è stata poi discosta dal Primo Presidente.
La giurisprudenza di legittimità è univocamente orientata nel senso che
l'impegno del venditore a riparare il bene implica il riconoscimento del
vizio da cui esso è affetto e impedisce quindi la decadenza comminata al
compratore dall'art. 1495 c.c. per il caso di mancata tempestiva denuncia;
l’obbligazione assunta è autonoma e distinta della garanzia che
legittima l'esercizio delle azioni di riduzione del prezzo o di risoluzione
del contratto, soggette alla prescrizione di un anno dalla consegna,, stabilita dalle stesso art. 1495 c.c.; il consenso
del compratore (che può essere dato eventualmente per facta
concludentia, ma è comunque necessario,
trattandosi di operare su un bene ormai di sua proprietà) fa sorgere quindi
un nuovo e differente diritto, la cui prescrizione, appunto in ragione di
tale diversità, non e disciplinata dalla norma sopra citata e si compie
pertanto nel termine ordinario di dieci anni (v., per tutte, Cass. 2, sez.
12 maggio 2000 n. 6089).
È stato altresì precisare, da Cass. sez. un. 21
giugno 2005 n. 132 94, che l’impegno a eliminare i vizi non determina
ai per sé la sostituzione della nuova obbligazione alla precedente e
l'estinzione di questa, poiché un tale effetto novativo,
per il disposto dell'art. 1230 c.c., conseguire soltanto a una espressa
volontà manifestata in tal senso dalle parti, sicché di regola le due obbligazioni
coesistono. Con riferimento a questa ipotesi, con la
stessa sentenza, si è altresì affermato - ma il tema era estraneo alla
materia del contenderò devoluta in quella sede – che il termine di
prescrizione decennale si applica anche alle azioni di riduzione del prezzo
e di risoluzione del contratto, poiché “si tratta di assegnare un
significato, ai fini dell’esercizio delle azioni edilizie e del
relativo termine prescrizionale, alla circostanza che fra le parti è in
corso, un tentativo di far ottenere dal compratore il risultato che egli
aveva il diritto di conseguire fin dalla conclusione del contratto di
compravendita. E altro significato non può essere
che quello di svincolare il compratore dai termini e condizioni per
l’esercizio delle azioni edilizie, atteso che queste non vengono da
lui esercitate in pendenza degli interventi del venditore finalizzati
all’eliminazione dei vizi redibitori, al fine di evitare di frapporre
ostacoli, secondo le regole della correttezza (art. 1175 c.c.), alla realizzazione
della prestazione cui il venditore è tenuto”.
Alla stessa conclusione è poi pervenuta anche
Cass. sez. 3, 14 gennaio 2011 n. 747 – ugualmente in via di obiter dictum – ma per
ragioni diverse: sulla scorta di una concezione procedimentale della
garanzia dei vizi, caratterizzata “da un suo momento genetico (la
stipula della convenzione negoziale di compravendita), da un suo
(eventuale) momento attuativo/correttivo (l’offerta/richiesta
sostitutivo/riparatoria), da un suo momento
“processuale attuativo/risarcitorio/caduca torio (richiesta di esatto
adempimento/riduzione del prezzo/risoluzione speciale)”, si è
ritenuto “evidente come il riconoscimento operoso del venditore sia
idoneo ad esaurire definitivamente, sul piano funzionale, una fase del
rapporto inter partes,
ivi comprese le limitazioni temporali, affatto eccezionali, connesse con le
esigenze di stabilità negoziale..., onde la sostituzione, a quegli
originari termini iugulatori, dell’ordinanza regula
iuris della prescrizione ordinaria, una volta emersa,
in via definitiva e con l’accordo delle parti, la nuova e reale
giustapposizione di diritti e obblighi (alla riparazione/sostituzione) del
compratore e del venditore”, con conseguente esclusione della
“perdurante operatività dei limiti (decadenziali
e) prescrizionali stabiliti, in via eccezionalmente derogativa,
dall’art. 1495 c.c. per tutte le azioni “di garanzia”, e
dunque tanto per le azioni edilizie che per quella di esatto
adempimento”.
Da questi precedenti – invocati l’uno nel ricorso,
l’altro nella memoria dalla s.r.l. Gamma, a sostegno della sua tesi
– ritiene il collegio di doversi discostare. Il contenuto
dell’obbligazione “di garantire il compratore ... da vizi di
cosa”, che nell’art. 1476 n. 3 c.c. è inserita tra quelle
“principali del venditore”, è precisato dagli artt. 1492, 1493
e 1494, i quali attribuiscono al compratore (salve le esclusioni stabilite
dagli artt. 1490 e 1491) sia la facoltà di “domandare a sua scelta la
risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo, salvo che, per
determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione”, sia le
restituzioni e i rimborsi conseguenti alla risoluzione, sia il
“risarcimento del danno”, se il venditore “non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa”,
e comunque per i “danni derivati dai vizi” stessi.
In queste disposizioni si esaurisce la regolamentazione
dell’istituto, che pone quindi il venditore in una situazione non
tanto di “obbligazione”, quanto piuttosto di
“soggezione”, esponendolo all’iniziativa del compratore,
intesa alla modificazione del contratto di vendita, o alla sua caducazione, mediante l’esperimento
rispettivamente dell’actio quanti minoris o dell’actio
redibitoria. Il venditore deve subire tali effetti, che si
verificato nella sua sfera giuridica ope iudicis, senza essere tenuto ad eseguire alcuna
prestazione, a parte il dare il solvere derivanti dai doveri di
restituzione e di risarcimento. La diversa obbligazione di facere, che egli assume impegnandosi a eliminare i vizi
della cosa, se non dà luogo all’estinzione per novazione della
garanzia apprestata dagli artt. 1490 ss. c.c.,
sicché non vi è spazio per ritenere che possa influire sulla sua
disciplina, in particolare trasformando da annuale in decennale il termine
di prescrizione previsto dall’art. 1495 c.c., che è insuscettibile di
modificazioni per volontà delle parti, stante il divieto sancito
dall’art. 2936 c.c.. Dunque
l’ulteriore diritto, che il compratore acquisisce, è soggetto alla
prescrizione ordinaria decennale, in quanto è estraneo alla previsione
degli artt. 1490 s.. c.c., ma proprio per questa stessa ragione resta
applicabile alle azioni edilizie, che al compratore stesso già competevano,
la prescrizione annuale che per esse specificamente è stabilita.
Non appaiono idonei a inficiare questa conclusione gli argomenti esposti
nelle citate Cass. 13294/2005 e 747/2011. il
pericolo che le azioni di riduzione del prezzo e di risoluzione si
prescrivano nel periodo in cui il compratore si astiene
dall’esercitarle, essendo in corso gli interventi del venditore per
l’eliminazione dei vizi, è agevolmente evitabile ponendo in essere
atti interruttivi. Non ha riscontro nella disciplina della garanzia per
vizi, la quale non prevede l’obbligo di eliminarli, l’assunto
secondo cui il momento attuativo/correttivo, originato dall’accordo
per la riparazione del bene, possa avere effetto su quello
risarcitorio/caduca torio, rappresentato dalle azioni edilizie, tanto da
far assimilare il termine di prescrizione previsto per il secondo a quello
operante per il primo.
Un analogo effetto espansivo di una “obbligazione” verso
l’altra, era stato ritenuto operante, ma in senso inverso, da Cass.
sez. 2, 29 dicembre 1994 n. 11281, secondo cui “il riconoscimento dei
vizi della cosa venduta ed il contestuale impegno
del venditore ad eliminarli in sede di esecuzione del contratto non è che
uno dei modi con cui il venditore, che ha l’obbligo di consegnare una
cosa immune da vizi di cui all’art. 1490 c.c., assicura ed attua,
l’esatto adempimento della sua prestazione, e, di per sé, non dà
luogo, pertanto, ad un accordo novativo se non
sia in concreto provata la volontà delle parti di sostituire al rapporto
originario un nuovo rapporto con diverso oggetto o titolo, così come
richiesto per la novazione dell’art. 1230 c.c. e dell’art. 1231
stesso codice, che estesamente chiarisce come non si abbia novazione nel
caso di mera modifica degli elementi accessori della obbligazione;
conseguentemente, in mancanza della predetta prova, il riconoscimento dei
vizi della cosa venduta e l’impegno a ripararla determina solo
l’interruzione del termine di prescrizione annuale di cui
all’art. 1495 c.c., e non la sostituzione di questo termine con il
nuovo e diverso termine di prescrizione ordinaria”.
Neppure questa tesi – adombrata anche
nell’ordinanza di rimessione degli atti al Primo Presidente –
appare condivisibile.
Il suo presupposto è che il compratore disponga di
una azione “di esatto adempimento” per ottenere dal venditore
l’eliminazione dei vizi della cosa: azione compresa tra quelle
edilizie e quindi soggetta anch’essa al termine di prescrizione
annuale stabilito dall’art. 1495 c.c..
Invece un tale rimedio, come già si è detto, non è apprestato dalla
disciplina della garanzia per vizi, che attribuisce al compratore la scelta
soltanto tra la riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto. Il
diritto di ottenere, in alternativa, la riparazione del bene, infatti, è
riconosciuto soltanto in particolari ipotesi: limitatamente ai beni mobili,
quando “il venditore ha garantito per un tempo determinato il buon
funzionamento della cosa venduta”, oppure “gli usi ...
stabiliscono che la garanzia di buon funzionamento è
dovuta anche in mancanza di patto espresso” (art. 1512 c.c.,
che fissa in sei mesi dalla scoperta il termine di prescrizione); sempre
limitatamente ai mobili, “per qualsiasi difetto di conformità
esistente al momento della consegna del bene”, se il venditore è un
“professionista” e il compratore un “consumatore”
(artt. 128 ss. del codice del consumo, adottato con il decreto legislativo
6 settembre 2005, n. 206, che fissano in ventisei mesi dalla consegna il
termine di prescrizione).
Che il compratore possa chiedere, indipendentemente da un impegno in tal
senso del venditore, la condanna di costui all’eliminazione dei vizi,
è stato talora ipotizzato in dottrina anche sotto il profilo del
risarcimento del danno in forma specifica: si tratterebbe quindi di
un’azione insita nel diritto di garanzia e in
quanto tale soggetta anch’essa alla prescrizione annuale.
L’assunto appare incompatibile con il disposto dell’art. 1494
c.c., che configura come risarcimento “per equivalente” quello
che compete al compratore, poiché lo collega alla riduzione del prezzo o
alla risoluzione del contratto, che presuppongono la mancata riparazione
del bene.
Si deve quindi concludere nel senso che
l’impegno del venditore all’eliminazione dei vizi, accettato
dal compratore, fa sorgere il corrispondente diritto, che è soggetto alla
prescrizione decennale, mentre i diritti alla riduzione del prezzo e alla
risoluzione del contratto restano soggetti alla prescrizione annuale.
Non ne consegue tuttavia, che il ricorso vada rigettato in toto.
Essendo stata comunque investita della questione relativa
all’avvenuta estinzione – o non – per prescrizione
delle azioni di riduzione del presso e di risarcimento del danno esercitate
in via riconvenzionale dalla s.r.l. Gamma, questa Corte può e deve
risolverla secondo diritto, indipendentemente dalle argomentazioni svolte
in proposito dalle parti. Va allora rilevato che la causa è stata promossa
dalla s.p.a. Sergiani
con domanda di condanna della convenuta al pagamento del prezzo residuo del
macchinario vendutole. Si verte dunque nell’ipotesi prevista
dall’art. 1495 c.c., nella parte in cui dispone che il compratore
convenuto per l’esecuzione del contratto, anche dopo il decorso del
termine annuale di prescrizione ”può sempre far valere la
garanzia”.
Né la norma può intendersi limitata al caso delle eccezioni; riguarda
invece proprio le azioni (riconvenzionali) poiché la garanzia che il
compratore può “far valere” implica una pronuncia costitutiva
del giudice di riduzione del prezzo o di
risoluzione, comportante la modificazione o la caducazione
del contratto di vendita.
In questi limiti il ricorso viene pertanto
accolto.
Non sussistono le condizioni perché la causa possa essere decisa nel
merito, come la s.r.l. Gamma ha richiesto.
La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio ad altro giudice, che si
designa in una diversa sezione della Corte d’appello di Bari, cui
viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza
impugnata; rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di
Bari, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di
legittimità.
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