Cassazione civile sez. un., 23/04/2020, n.8092, sull'incomprimibilità
del diritto alla salute e conseguenti ricadute in tema di riparto di
giurisdizione.
La giurisdizione a decidere su immissioni da
attività industriale autorizzata, nocive alla salute, spetta al giudice
ordinario e non al giudice amministrativo
Danno
ambientale: devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo le controversie derivanti dall'impugnazione dei
provvedimenti amministrativi adottati dal Ministero dell'ambiente per la
precauzione, la prevenzione e il ripristino ambientale
RITENUTO IN
DIRITTO
6. Va preliminarmente ritenuta la integrità del contraddittorio in seguito
all'intervento in questo procedimento degli attori del giudizio davanti al
Tribunale di Grosseto che non sono stati evocati dal ricorso per
regolamento di giurisdizione.
7. Ai fini del riparto di
giurisdizione rileva il carattere reale e assoluto della tutela invocata
dagli odierni controricorrenti. Gli attori, nella
controversia instaurata davanti al Tribunale di Grosseto, sono portatori di
una posizione di diritto soggettivo individuale che hanno
azionato per far valere la tutela della loro salute e il rispetto della
tollerabilità delle immissioni nella loro proprietà. A fronte di questa
posizione di diritto soggettivo vi è l'attività imprenditoriale svolta dalle
società ricorrenti per l'espletamento di un servizio di rilevanza pubblica quale è il trattamento dei rifiuti mediante
l'utilizzazione di un impianto termovalorizzatore di incenerimento. Nel
conflitto fra il diritto delle società ricorrenti all'esercizio
dell'impresa autorizzata dalla pubblica amministrazione e quello dei controricorrenti alla salute e al rispetto del limite
di tollerabilità delle immissioni nella loro
proprietà non può che prevalere quest'ultimo come la giurisprudenza di
questa Corte ha più volte affermato.
8. Già con la sentenza n. 23735 dell'8
giugno 2006 la Cassazione a Sezioni Unite, ha ritenuto che il
diritto fondamentale alla salute, proclamato dall'art. 32 Cost.,
opera nelle relazioni private e limita l'esercizio dei pubblici poteri nel
senso che esso è sovrastante all'amministrazione la quale non ha alcun
potere, neppure per motivi di interesse pubblico,
non solo di affievolirlo, ma neanche di pregiudicarlo di fatto e
indirettamente. Pertanto, nelle controversie che hanno per oggetto la
tutela del diritto alla salute non vale il
richiamo alla posizione di preminenza della funzione della pubblica amministrazione,
la quale è priva di qualunque potere di affievolimento di un diritto
soggettivo valutato come fondamentale e assoluto dall'ordinamento. Ne
deriva, secondo la citata sentenza, che la domanda di risarcimento del
danno proposta dai privati nei confronti della pubblica amministrazione o
dei suoi concessionari, per conseguire il risarcimento dei danni alla
salute, è devoluta al giudice ordinario.
9. Come ha chiarito in altre decisioni la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass.
Civ. S.U. n. 2338 del 31.1.2018; n. 20571 del 6 settembre 2013 e n. 10186 del 15 ottobre 1998)
va ricondotta allo stesso criterio la tutela inibitoria e quella
risarcitoria del danno in forma specifica che anzi assume, come dimostra
del resto il caso in esame, un carattere prioritario e proprio rispetto
all'azione generale risarcitoria ex art. 2043
c.c. e ciò sia con riferimento al diritto alla salute di
rango costituzionale che a quello di proprietà per ciò che concerne la
tutela accordata al titolare del diritto reale dall'art. 844 c.c.. Appartiene
pertanto alla giurisdizione ordinaria la domanda del privato che si dolga
delle concrete modalità di esercizio del ciclo produttivo, assumendone
la pericolosità per la salute o altri diritti fondamentali della persona e
chiedendo l'adozione delle misure necessarie per eliminare i danni attuali
e potenziali e le immissioni intollerabili (Cass. civ. S.U. n. 11142 dell'8.5.2017).
10. Questo quadro giurisprudenziale è
valido e operante anche in materia di danno ambientale ed è conforme alla
legislazione in materia. In particolare il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 310, nel
prevedere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in materia
di danno ambientale, si riferisce alla sola ipotesi in cui i provvedimenti
amministrativi adottati dal Ministero dell'Ambiente per la precauzione, la
prevenzione e il ripristino ambientale siano impugnati dai soggetti
portatori di un interesse alla tutela ambientale indicati dal precedente
art. 309. Rimane invece ferma la
giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui l'azione sia promossa
da soggetti a cui il fatto produttivo del danno
ambientale abbia recato un danno personale alla salute o alla proprietà
secondo quanto previsto del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 313, comma 7.
11. Nè
questo sistema di attribuzione della giurisdizione viene ad alterarsi se
l'attività di impresa che si presenti nociva o
intollerabile per i terzi sia comunque conforme ai provvedimenti
autorizzativi della pubblica amministrazione perchè,
come si è detto, la pubblica amministrazione non ha un rapporto di
supremazia nei confronti dei soggetti terzi rispetto all'attività soggetta
alla sua autorizzazione e controllo e non può pertanto ledere nè affievolire con i suoi provvedimenti diritti
soggettivi fondamentali come il diritto alla salute o diritti reali come
quello di proprietà, la cui tutela dalle immissioni è già bilanciata
rispetto al diritto di utilizzazione delle proprietà confinanti sulla base
del parametro della tollerabilità. E' erroneo pertanto distinguere, ai fini
del riparto di giurisdizione, l'ipotesi in cui la nocività o
intollerabilità derivi da un comportamento
materiale non conforme ai provvedimenti amministrativi, che rendono
possibile l'esercizio della attività, dalla ipotesi in cui, al contrario, l'esercizio
dell'attività sia in concreto conforme ai provvedimenti amministrativi che
la legittimano e regolano. Nel primo caso il Giudice ordinario sarà tenuto
a sanzionare, inibendola o riportandola alla conformità, l'attività
rivelatisi nociva perchè non conforme alla
regolazione amministrativa, nel secondo caso dovrà disapplicare
quest'ultima e imporre la cessazione o l'adeguamento dell'attività in modo
da eliminare le conseguenze nocive o intollerabili in danno dei terzi.
12. Infine il ricorso non può trovare
accoglimento neanche avendo riguardo alla prospettazione
delle domande degli attori alla luce del criterio del petitum
sostanziale seguito univocamente dalla giurisprudenza di queste Sezioni
Unite (da ultima Cass. Civ. S.U. n. 23536 del 20.9.2019).
Non appare contestabile che gli attori abbiano agito per la tutela del loro
diritto alla salute e di proprietà, chiedendo l'inibizione totale
dell'attività di trattamento dei rifiuti o
eventualmente la sua riconduzione entro limiti di tollerabilità e non nocività
per la salute e non per l'annullamento dei provvedimenti amministrativi che
hanno legittimato l'attività delle ricorrenti. Sarà pertanto il Tribunale
civile di Grosseto, adito dai controricorrenti,
che, oltre a provvedere sulle spese del presente giudizio, accerterà se
l'attività di impresa delle società ricorrenti
rechi un pregiudizio alla salute o provochi immissioni intollerabili nelle
proprietà degli attori e, eventualmente, se essa sia di per sè incompatibile con la tutela dei diritti degli attori
ovvero se debba essere rimodulata quanto ai modi del suo esercizio per
renderla tollerabile e non nociva nei confronti degli attori.
Per questi motivi, rigettato il ricorso, va dichiarata la
giurisdizione del giudice ordinario.
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