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Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, Sentenza del 24 giugno 2002 n. 9164 sul contratto che impone una forma negoziale La sentenza
Sacol srl, con sede in Ostuni, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. Eugenio Pomes, elettivamente domiciliata in Roma Via Zanardelli 16/20, presso lo studio dell'avvocato Giuseppe Sparano C/O Associazione Giustizia e Società Osservatorio, difesa dagli avvocati Cesare Attolini, Giuseppe Sparano, il primo giusta delega in atti ed il secondo giusta procura speciale per Notar Luigi Di Persia di Ceglie Messapica del 18/09/01 rep. n. 5748; - ricorrente - contro Melpignano Vincenzo, già titolare della Ditta Vinicola Olearia Vincenzo Melpignano, elettivamente domiciliato in Roma Via Muzio Clementi 70, presso lo studia dell'avvocato Francesco Carluccio, difeso dall'avvocato Giuliano Lucarini, giusta delega in atti; - controricorrente - avverso la sentenza n. 167/99 della Corte d'Appello di Lecce, Sezione 1° Civile, emessa il 23/03/99 e depositata il 05/05/99 (R.G. 225/97); udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/10/01 dal Consigliere Dott. Maria Margherita Chiarini; udito l'Avvocato Giuseppe Sparano; udito l'Avvocato Giuliano Lucarini; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Riccardo Fuzio che ha concluso per il rigetto del ricorso. La convenuta contestava l'assunto attoreo perchè tra le parti era ancora in vigore - come stabilito dal Pretore di Ostuni - il contratto di locazione, stipulato per iscritto il 1.7.1984, mentre le trattative intercorse per la modifica dello stesso, seppure avviate, non erano andate a buon fine per mancanza di accettazione scritta, da parte di essa conduttrice, delle bozze predisposte da un legale di fiducia del Melpignano. Concludeva pertanto per il rigetto della domanda. Il Tribunale, con sentenza del 23 marzo 1996, rigettava la domanda perchè non provata la conclusione di un nuovo contratto di affitta di immobile ad uso commerciale che, secondo le trattative intercorse tra le parti, doveva essere stipulato per iscritta. Proposto appello dal Melpignano, veniva accolto dalla Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 5.5.1999, che invece dichiarava risolto il contratto di locazione di immobile e pertinenze per uso commerciale - così qualificando il nuovo accordo intervenuto tra le parti nel novembre del 1985 - per grave inadempimento della conduttrice, condannandola al rilascio del medesimo e al pagamento dei canoni nella misura pattuita. In particolare, esclusa la necessità della forma scritta sia ad probationem (art. 2556 cod. civ.) - per non aver ravvisato un contratto di affitto di azienda, sia ad substantiam, essendo la durata della locazione inferiore ai nove anni, i giudici di appello escludevano altresì la necessità di forma scritta volontaria per difetto della convenzione scritta, indefettibilmente richiesta dall'art. 1352 cod. civ., sì - che a tal fine erano insufficienti le "mere modalità delle trattative". Quindi, dall'esame della testimonianza resa dal legale incaricato dal Melpignano e dal pagamento, per alcuni mesi, del canone da parte della s.r.l. Sacol nella nuova misura di £. 1.800.000 mensili, oltre iva, gli stessi giudici ritenevano raggiunta la prova della conclusione, nel novembre 1985, di un nuovo accordo per il godimento dell'immobile del Melpignano alle condizioni risultanti dalla seconda bozza predisposta dal predetto legale dal medesimo incaricato, con la conseguenza che l'autoriduzione del suddetto canone costituiva grave e notevole inadempimento da parte della s.r.l. Sacol. Ricorre per Cassazione la s.r.l. Sacol per due motivi, cui resiste Melpignano Vincenzo. La ricorrente ha altresì depositato memoria. Sia il primo contratto scritto, intervenuto nel 1981 tra Vincenzo Melpignano e la s.r.l. Alimenti per l'utilizzazione dell'immobile di cui è causa; sia la lettera del giugno 1984 con la quale il Melpignano consentiva alla s.r.l. Sacol di subentrare alla precedente conduttrice nel contratto alle stesse condizioni; sia il contratto del 1.7.1984, stipulato per iscritto tra s.r.l. Sacol ed il Melpignano; sia le trattative successivamente intraprese per addivenire ad un nuovo contratto per l'utilizzazione del medesimo immobile - costituite dalle bozze redatte dal legale di fiducia del Melpignano - costituivano la prova della convenzione tra dette parti della forma scritta per l'efficacia del nuovo contratto. Ne deriva che i giudici d'appello, non avendo preso in alcuna considerazione il precedente comportamento tenuto dalle stesse, hanno violato l'art. 1362 cod. civ., in relazione agli artt. 1326 quarto comma cod. civ., e 1352 cod. civ., perchè il nuovo contratto non si era perfezionato per mancanza della forma scritta voluta ad validitatem dello stesso, e non già per la sua mera documentazione, come invece affermato dal teste indotto dal locatore, inammissibilmente sul punto perché la prova testimoniale non può superare la presunzione di cui all'art. 1352 c.c.. E' evidente quindi - prosegue la ricorrente - la contraddittorietà della sentenza di appello nell'aver da un lato affermato che secondo la volontà delle parti le condizioni del nuovo contratto dovevano corrispondere al contenuto della seconda bozza modificata dal Melpignano - che però la s.r.l. Sacol non aveva firmato - dall'altro affermato che negli stessi termini era stato concluso oralmente un nuovo contratto. Quanto poi alla corresponsione, per alcuni mesi, del canone nella nuova misura risultante dalla bozza su richiamata, essa era stata determinata da un bonario atteggiamento anticipatorio di un futuro contratto, da concludere in forma scritta, convenzionalmente vincolata, e pertanto non poteva costituire esecuzione di un contratto già concluso. 2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia "Contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia". La Corte di Appello, dopo aver legittimamente qualificato il contratto del 1.7.1984 locazione di immobile commerciale e non affitto di azienda, come preteso dal Melpignano, ha omesso però di valutare che, proprio in quanto ancora discussa tra le parti la tipologia contrattuale perché non ancora definitiva la sentenza del Pretore di Ostuni del 17 ottobre 1985 - che aveva qualificato il contratto del luglio 1994 locazione di immobile ad uso commerciale - la s.r.l. S.A.C.O.L. aveva accondisceso ad avviare le trattative per la stipula un nuovo contratto, al fine di assicurarsi comunque la disponibilità dell'immobile. Ma, non essendosi più raggiunto l'accordo su di esso, alla s.r.l. Sacol non poteva essere contestata nessuna inadempienza al pagamento del nuovo canone, bensì, se mai, una responsabilità precontrattuale. 1.1.- I motivi, logicamente connessi, possono trattarsi congiuntamente. Preliminarmente deve essere dichiarata l'inammissibilità della produzione dei documenti specificati in ricorso, perché non compresi tra quelli ammessi dall'art. 372 cod. proc. civ., e cioè il contratto di locazione intercorso nel 1981 tra la s.r.l. Italiana Alimenti e Melpignano Vincenzo; la lettera di questi del 16.4.1984; il verbale di assemblea del 10.2.1986 della s.r.l. Sacol; il certificato della Ccia Brindisi del 25.8.1999, concernente il Melpignano. 1.2.- Qualificato da parte dei giudici di appello il contratto concluso nel novembre 1985 locazione infranovennale di immobile e pertinenze ad uso commerciale, sì che né per la legislazione speciale applicabile ratione temporis (art. 27 legge 27 luglio 1978 n. 392), né per quella ordinaria (art. 1350 n. 8 c.c.), era necessaria la forma scritta ad substantiam, i medesimi hanno escluso la conclusione tra le parti di un patto ad validitatem sulla forma perché "la scelta della forma contrattuale convenzionale ad substantiam (nella specie la forma scritta), deve risultare da un'apposita convenzione per iscritto, nel caso assolutamente mancante". Questa affermazione costituisce esatta interpretazione del chiaro precetto normativo (art. 1352 cod. civ.) ed é conforme ad un precedente di questa stessa Corte, secondo la quale il patto sulla forma convenzionale del futuro contratto ad substantiam, e cioè con funzione costitutiva - come sostiene la ricorrente - deve essere formato per iscritto (Cass. 909/1980, in motivazione). Costituendo poi tale patto eccezione al principio di libertà della forma dei contratti, codificato nell'art. 2325 n. 4 cod.civ., logico corollario è la stretta interpretazione del medesimo, da cui deriva la non rilevanza della stipula per iscritto del precedente contratto, perché comunque la convenzione sulla forma non può essere estesa, in via analogica, ad un contratto diverso da quello espressamente contemplato (Cass. 100/1991; 5583/1993). Ulteriore conseguenza, come considerato dai giudici di appello, è la irrilevanza della circostanza che le trattative per il nuovo contratto siano state trasfuse nelle bozze scritte - potendo tutt'al più configurare una proposta del Melpignano di convenzione sulla forma del futuro contratto, non perfezionatasi proprio per mancanza della firma della s.r.l. Sacol - perché il patto sulla forma convenzionale ad substantiam non può esser provato per indizi o per presunzioni, ai sensi dell'art. 2729, ultimo comma cod. civ., in relazione all' art. 2725 cod. civ.. Pertanto l'omessa valutazione da parte dei giudici di appello degli atti scritti intervenuti tra le stesse parti per il precedente rapporto contrattuale, e del comportamento delle medesime, tra cui la relazione delle bozze per il nuovo contratto, non costituisce violazione né dell' art. 1326, primo, quarto e quinto comma cod. civ., né degli artt. 1362 e 1352 cod. civ., in relazione all' art. 360 n. 5 cod. proc. civ.. 1.3.- Anche la seconda censura, secondo la quale i giudici di appello hanno violato l'art. 1362 cod. Civ. e 360 n. 5 cod. proc. civ. nel ritenere concluso, nel novembre del 1985, oralmente o per facta concludentia, un nuovo contratto, di durata inferiore ai nove anni, qualificato di locazione di immobile e pertinenze ad uso commerciale, è infondata, mirando in realtà ad una diversa ed inammissibile ricostruzione dei fatti e valutazione delle prove. Ed invero, ribadito il principio secondo il quale se una determinata forma non è necessaria, per legge o per volontà delle parti, per la validità di un negozio, la forma per la sua conclusione è libera, la relativa indagine si risolve sul piano della prova, testimoniale o presuntiva, del raggiungimento dell'accordo, che può esser manifestato con qualsiasi mezzo idoneo a renderlo riconoscibile all'esterno (Cass. 3003/1996). Ed infatti i giudici di secondo grado hanno ritenuto raggiunta la prova della conclusione di un nuovo contratto sia in base alla testimonianza resa dal legale del Melpignano - senz'altro ammissibile perché volta a provare l'esistenza del nuovo contratto di locazione, non del patto sulla forma convenzionale - secondo la quale egli stesso aveva raccolto la definitiva intesa raggiunta tra le parti anche sulle chiose apportate a penna dal Melpignano sulla seconda bozza - e quindi sul punto non vi è alcuna contraddizione da parte dei giudici di appello - sia in base alla corresponsione, da parte della s.r.l. Sacol, del canone nella misura corrispondente a quella stabilita con gli accordi di fine novembre 1985, e non contestata fino a novembre 1986, e cioè fintantoché non era divenuta inoppugnabile la sentenza del Pretore di Ostuni che aveva qualificato il contratto del 1.7.84 di locazione di immobile anzichè di affitto di azienda, sì che a detta data avrebbe potuto essere legalmente in corso. 2.- Concludendo il ricorso va respinto e la ricorrente condannata a pagare le spese di questo grado di giudizio. Così deciso in Roma il 22 ottobre 2001. DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 24 GIUGNO 2002
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