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Cassazione civile, sez.
III, 08 giugno 2012, n. 9297, sulla posizione del curatore fallimentare ai
fini della prova della simulazione della quietanza rilasciata dal fallito
(prima del fallimento) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 4
febbraio 2010, Il Tribunale era stato adito con atto di citazione
notificato il 30 settembre 1996 col quale il Curatore del fallimento della
s.r.l. Base Nautica Pontina aveva evocato in giudizio T.S.,
chiedendo che - con riferimento all'atto a rogito notaio Silvestroni
del 31 gennaio 1992 col quale la s.r.l. Base Nautica Pontina (all'epoca in bonis) aveva ceduto a T.S. la
propria quota di partecipazione al capitale della s.a.s.
Assistenza Auto di Berardi Aldo & C. al prezzo pattuito di L. 125.000.000, del cui
pagamento la venditrice aveva rilasciato quietanza liberatoria nello stesso
atto - fossero dichiarati, previa declaratoria della simulazione della
quietanza di pagamento del prezzo, l'inadempimento
dell'acquirente e la risoluzione del contratto, con conseguente acquisizione
alla massa fallimentare della quota venduta e la condanna del convenuto al
risarcimento del danno. 1.2.- Costituitosi dinanzi al Tribunale, T.S. aveva contestato la domanda, chiedendone il rigetto. Il Tribunale di Latina, all'esito dell'istruttoria
documentale e per testi, aveva rigettato la domanda del Fallimento,
compensando le spese di causa. 2.- Proposto appello da parte della Curatela fallimentare,
e costituitosi l'appellato, 3.- Avverso la sentenza della Corte d'Appello, il
Fallimento Base Nautica Pontina s.r.l., in persona del curatore Dott. P. A.,
propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. T.S. resiste con controricorso,
illustrato da memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.- Col primo motivo di ricorso si denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 2722 e 2735 cod. civ., nonchè dell'art. 1416 cod. civ., comma 2 e art. 1417 cod. civ.. Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe
errata con riguardo alle seguenti due affermazioni: a) il curatore non può
essere considerato terzo quando agisce per la simulazione di un atto o contratto stipulato dal fallito; b) la simulazione di
una quietanza non può essere provata con testimonianze o prove presuntive. In
particolare, secondo il ricorrente, pur essendo tale seconda affermazione in
linea con la giurisprudenza di legittimità, il vizio sarebbe nella prima
affermazione, che comporterebbe, e di fatto ha
erroneamente comportato, l'applicabilità del limite probatorio al curatore
fallimentare. Il ricorrente svolge quindi una serie di considerazioni
concernenti la posizione assunta dal curatore nel giudizio di simulazione
della quietanza e diretto all'acquisizione alla massa del pagamento; richiama
numerosi precedenti giurisprudenziali, che dovrebbero dare riscontro al
motivo di ricorso. 1.1.- Il motivo non è meritevole di accoglimento. - il principio di diritto per il quale "non è ammissibile la prova testimoniale
diretta a dimostrare la simulazione assoluta della quietanza, che
dell'avvenuto pagamento costituisce documentazione scritta, ostandovi l'art. 2126 cod. civ.,
il quale, estendendo al pagamento il divieto, sancito dall'art. 2722 c.c., di provare con testimoni patti
aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, esclude che con
tale mezzo istruttorio possa dimostrarsi l'esistenza di un accordo
simulatorio concluso allo specifico fine di negare l'esistenza giuridica
della quietanza, nei confronti della quale esso si configura come uno di quei
patti, anteriori o contestuali al documento, che, appunto, il combinato
disposto dei citati artt. 2722 e 2726 vieta di provare con testimoni in
contrasto con la documentazione scritta di pagamento" (espresso
dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 6877/02, confermata da Cass. n. 3921/06, n. 1389/07, n. 15380/10); l'applicazione di questo
principio (non sempre univoca nella giurisprudenza di legittimità:cfr. Cass. n. 8649/03 e n. 6109/06), non è
contestata dal ricorrente, così come non era stata nemmeno contestata con
l'atto di appello; pertanto, esso va dato come presupposto anche dal
Fallimento impugnante; - il principio di diritto per il quale la posizione del
curatore fallimentare è differenziata secondo che
egli rappresenti gli interessi della collettività dei creditori ovvero
eserciti diritti di spettanza del fallito nei confronti dei terzi: nel primo
caso egli è terzo, nell'altro subentra nella medesima posizione del fallito,
facendone valere i diritti così come in capo a quello esistevano e si
configuravano (principio espresso da Cass. n. 8914/03, con riguardo all'azione per
la riscossione di un credito del fallito; da Cass. n. 8143/98, n. 9685/04, n. 18059/04, con riguardo all'azione per
l'adempimento di un contratto stipulato dall'imprenditore prima del
fallimento; da Cass. n. 3020/08, con riguardo all'azione
proposta dal curatore ai sensi dell'art. 1395 cod. civ., per l'annullamento del
contratto concluso in conflitto di interesse dall'imprenditore
successivamente fallito; da Cass. n. 27510/08, con riguardo all'azione di
ripetizione di indebito); sebbene esso non sia esplicitato nella sentenza
impugnata, questa è conforme al principio che, con riguardo al caso di
specie, va affermato, nel senso che allorchè agisca
in giudizio per ottenere la risoluzione di un contratto stipulato
dall'imprenditore prima del fallimento, facendo valere l'inadempimento della
controparte contrattuale all'obbligo di pagamento del prezzo, il curatore non
rappresenta la massa dei creditori, la quale pure si gioverebbe del risultato
utile in tal modo perseguito, ma rappresenta il fallito, nella cui posizione
giuridica egli subentra, e dei cui diritti si avvale. Ne deriva che, in tal
caso, il curatore non è terzo, e non può avvalersi della prova testimoniale e
per presunzioni per dimostrare la simulazione della quietanza di pagamento del prezzo, contenuta nel contratto della cui risoluzione
si tratta. 1.2.- Il ricorrente non ha censurato l'interpretazione che
il Tribunale, prima, e Non risultano quindi pertinenti i
precedenti richiamati in ricorso che riguardano l'azione di simulazione della
quietanza. Conseguentemente, non risultano
fondate le censure del ricorrente, che fanno leva su principi di diritto, che
pur dovendo essere ribaditi, non sono applicabili al caso di specie. Essi infatti concernono la diversa ipotesi in cui il curatore fallimentare del venditore
agisca per la dichiarazione di simulazione della quietanza relativa
all'avvenuto pagamento del prezzo di compravendita al fine di recuperare al
fallimento detto prezzo; solo in tal caso, cumula, con la rappresentanza del
fallito R.D. n. 267 del 1942, ex art. 43, anche la
legittimazione che la legge attribuisce ai creditori del simulato alienante
ai sensi dell'art. 1416 cod. civ., comma 2, con la
conseguenza che, agendo egli come "terzo", può fornire la prova
della simulazione "senza limiti", ai sensi del combinato disposto
dall'art. 1417 c.c. e art. 1416 c.c., comma 2, e, quindi, sia a
mezzo di testimoni, sia a mezzo di presunzioni (così Cass. n. 9835/94, n. 14481/05, n. 11144/09). Dal momento che nel presente
giudizio il curatore ha agito
domandando la risoluzione del contratto stipulato dalla società Base Nautica
Pontina s.r.l. in bonis e T.S.,
per l'inadempimento di quest'ultimo all'obbligo di pagare il prezzo, egli non
ha esercitato un diritto in rappresentanza della massa dei creditori, ma un
diritto già spettante alla società fallita, quale controparte contrattuale
del T.. E' quindi corretta
la statuizione di inammissibilità della prova
testimoniale e per presunzioni, che la sentenza impugnata ha fondato
sull'esclusione della qualità di terzo o di rappresentante dei creditori del
simulato alienante in capo al curatore fallimentare e quindi
sull'inapplicabilità dell'art. 1416 c.c., comma2 e dell'art. 1417 cod. civ.. 2.- Col secondo motivo di ricorso sono denunciati i vizi di insufficienza, contraddittorietà ed illogicità della
motivazione nonchè di violazione e falsa applicazione
dell'art. 115 cod. proc. civ. e art. 2697 cod. civ., sotto due profili: - per avere - per non avere adeguatamente valutato la mancata risposta
all'interrogatorio formale, che, secondo il ricorrente, dovrebbe rilevare
invece come ammissione del fatto. 2.1.- Sotto il primo profilo, la censura non è meritevole
di accoglimento, perchè A fronte di un motivo d'appello così proposto, secondo
quanto risulta dalla sentenza impugnata (sul punto
non censurata) , è corretta la decisione di rigetto del motivo d'appello perchè non è viziata la motivazione c.d. di secondo
livello. Infatti, Non risulta che, oltre che per il vizio di contraddittorietà
della motivazione, la sentenza di primo grado sia stata specificamente
censurata anche quanto alla valutazione che il Tribunale ha dato della prova testimoniale. In mancanza di apposito motivo d'appello, è corretta la decisione assunta
dal giudice di secondo grado. 2.2.- Sotto il secondo profilo, il motivo è inammissibile
per violazione dell'art. 366 cod. proc. civ.,
non essendo il ricorso autosufficiente quanto all'indicazione del contenuto
degli articoli dell'interrogatorio formale della cui mancata risposta si
tratta; il contenuto, infatti, non è riportato, nè
sintetizzato, nel ricorso. E' sufficiente, in proposito, richiamare il principio per
il quale il ricorrente che in sede di legittimità
denunci l'omessa, l'insufficiente o l'erronea valutazione di elementi di
prova, ha l'onere di indicare le circostanze che formavano oggetto della
prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della
decisività dei fatti da provare, e, quindi, della prova stessa che, per il
principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, 3.- In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese
seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Così deciso in Roma, il 11 aprile
2012. Depositato in Cancelleria il 8
giugno 2012 Cassazione civile;
Sez. Un.,13 maggio 2002, n. 6877 Non è ammissibile la prova testimoniale
diretta a dimostrare la simulazione assoluta della quietanza, che
dell'avvenuto pagamento costituisce documentazione scritta, ostandovi l'art.
2726 c.c., il quale, estendendo al pagamento il divieto, sancito dall'art.
2722 dello stesso codice, di provare con testimoni patti aggiunti o contrari
al contenuto del documento contrattuale, esclude che con tale mezzo
istruttorio possa dimostrarsi l'esistenza di un accordo simulatorio concluso
allo specifico fine di negare l'esistenza giuridica della quietanza, nei
confronti della quale esso si configura come uno di quei patti, anteriori o
contestuali al documento, che, appunto, il combinato disposto dei citati art.
2722 e 2726 vieta di provare con testimoni in contrasto con la documentazione
scritta di pagamento.
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