Cassazione
civile, sez. VI, 06/09/2017, (ud. 27/06/2017,
dep.06/09/2017),
n. 20858 sulla registrazione tardiva del contratto di locazione
T.M.
S.a.s. ha agito in giudizio nei confronti di L.M.
e M.G. per ottenere il rilascio di un proprio
immobile ed il pagamento di un'indennità per l'occupazione senza titolo
dello stesso.
Il L. e la M., nel resistere alla domanda, hanno dedotto
l'esistenza di un contratto di locazione
formalmente stipulato per la durata di dodici mesi, per esigenze
transitorie, a decorrere dal 1 dicembre 2007,
sebbene in realtà l'immobile fosse destinato alle stabili esigenze
abitative del nucleo familiare del conduttore L., contratto
registrato solo nel gennaio 2014 da esso convenuto, ai sensi del D.L. 14 marzo 2011,
n. 23, art. 3, comma 8.
In via riconvenzionale hanno quindi chiesto
accertarsi che il rapporto era regolato dalle disposizioni di cui al
suddetto del D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 3, comma 8, (e per gli altri aspetti dalle L. n. 431 del 1998), onde la locazione
aveva decorrenza dal 16 gennaio 2014 ed il canone dovuto era pari al triplo
della rendita catastale, nonchè condannarsi la
locatrice a restituire tutte le somme percepite in precedenza a titolo di
canoni in assenza di valido titolo ed il deposito cauzionale eccedente
quello dovuto per legge.
Il Tribunale di Roma, dichiarate
improponibili le domande avanzate da e contro M.G. per difetto di legittimazione attiva e
passiva, in accoglimento di quelle della società attrice, ha condannato il
L. al rilascio dell'immobile ed al pagamento di una indennità per
l'occupazione dello stesso.
La
Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della
decisione di primo grado, e su appello del L., nel confermare il rigetto
delle domande da quest'ultimo proposte, ha
rigettato anche quelle avanzate dalla società attrice.
Ricorre il L., sulla base
di tre motivi.
Resiste con controricorso la T.M.
S.a.s. in liquidazione.
Il ricorso è stato trattato in camera di
consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 - bis c.p.c.,
in quanto ritenuto destinato ad essere rigettato.
Il ricorrente L. ha depositato memoria ai
sensi dell'art. 380 - bis c.p.c., comma 2.
RAGIONI
DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso si
denunzia "nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c.
in relazione all'art. 360 c.p.c.,
n. 4".
Il motivo è manifestamente infondato.
La corte di appello ha espressamente
pronunziato, rigettandole, su tutte le domande avanzate dal ricorrente L.
(anche quella di ripetizione delle somme versate a titolo di canoni anteriormente alla registrazione del contratto,
come del resto quest'ultimo riconosce chiaramente: cfr. i primi 5 righi del
primo motivo del ricorso, a pag. 13 dello stesso).
Il ricorrente si duole in sostanza
dell'erronea interpretazione della propria domanda, che assume di avere
proposto non solo sulla base delle previsioni di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 3, comma 8, (disposizione dichiarata incostituzionale, così come
quella di cui al D.L. 28 marzo 2014, n. 47, art. 5,
comma 1 ter, convertito in L. 23 maggio 2014, n. 80, che ne aveva
fatti salvi transitoriamente gli effetti), ma anche sulla base dei principi
generali in tema di nullità.
E' peraltro sufficiente, in proposito,
richiamare il costante indirizzo di questa Corte, per cui "in sede di
legittimità occorre tenere distinta l'ipotesi in cui si lamenti l'omesso
esame di una domanda, o la pronuncia su una domanda non proposta, dal caso
in cui si censuri l'interpretazione data dal giudice di merito alla domanda
stessa: solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell'art. 112 c.p.c.,
per mancanza della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato,
prospettandosi che il giudice di merito sia incorso in un "error in procedendo", in
relazione al quale la
Corte di Cassazione ha il potere - dovere di procedere
all'esame diretto degli atti giudiziari, onde acquisire gli elementi di
giudizio necessari ai fini delle pronuncia richiestale; nel caso in cui
venga invece in considerazione l'interpretazione del contenuto o
dell'ampiezza della domanda, tali attività integrano un accertamento in
fatto, tipicamente rimesso al giudice di merito, insindacabile in cassazione
salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della
decisione impugnata sul punto" (Cass., Sez. L, Sentenza n. 20373 del 24/07/2008,
Rv. 604671 - 01; nel medesimo senso, ex multis: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7932 del 18/05/2012,
Rv. 622562 - 01; Sez. L, Sentenza n. 2630 del 05/02/2014, Rv. 630372 - 01; Sez. L, Sentenza n. 21874 del 27/10/2015,
Rv. 637389 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 12259 del 20/08/2002,
Rv. 556969 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 16596 del 05/08/2005,
Rv. 584751 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 15603 del 07/07/2006,
Rv. 592485 - 01).
D'altra parte - come meglio si vedrà
esaminando gli ulteriori motivo del ricorso - la
pretesa nullità del contratto di locazione
(anche al di là dell'applicabilità delle disposizioni di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23) è stata
implicitamente, ma inequivocabilmente, esclusa dai giudici del merito.
Le censure del ricorrente, sotto il profilo
in esame, non possono dunque trovare seguito.
2. Con il secondo motivo si denunzia
"violazione e falsa applicazione dell'art. 1421 c.c. e della L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1, in
relazione all'art. 360 c.p.c.,
n. 3".
Anche questo motivo è manifestamente
infondato.
Come emerge dallo stesso ricorso, il giudice
di primo grado aveva ritenuto nullo il contratto
di locazione
originariamente stipulato dalle parti, in quanto
non registrato, affermando che la registrazione operata dal conduttore
nel 2014 non era ad esso riferibile, ma ad un diverso contratto,
a sua volta nullo per difetto di forma scritta.
La corte di appello - in accoglimento
peraltro del gravame dello stesso L. - lo ha, al
contrario, espressamente considerato valido, dichiarando nulla (in quanto
simulata) solo la clausola relativa alla sua transitorietà.
Ha di conseguenza accertato la sussistenza di
una "locazione
abitativa ordinaria" con decorrenza dal 1 dicembre 2007
(e scadenza al 30
novembre 2015), avendo escluso la stipulazione di un diverso
successivo contratto
verbale, e avendo ritenuto configurabile un "contratto
unico, pur non registrato (se non successivamente, nel gennaio 2014, subito
dopo l'introduzione del presente giudizio) all'epoca".
Ha cioè (implicitamente, ma
inequivocabilmente) ritenuto che la registrazione tardiva
del contratto
di locazione
originariamente stipulato dalle parti non fosse di ostacolo
all'accertamento della sua validità.
Sotto questo
aspetto, la decisione è conforme al recente indirizzo di questa Corte
(specificamente riferito alle locazioni per uso commerciale, ma in base ad
un principio valido anche in relazione a quelle per uso abitativo) secondo
cui "in tema di locazione immobiliare (nella
specie per uso non abitativo), la mancata registrazione
del contratto
determina, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346,
una nullità per violazione di norme imperative ex art. 1418 c.c., la quale, in ragione
della sua atipicità, desumibile dal complessivo impianto normativo in
materia ed in particolare dalla espressa previsione di forme di sanatoria
nella legislazione succedutasi nel tempo e dall'istituto del ravvedimento operoso,
risulta sanata con effetti "ex tunc"
dalla tardiva
registrazione
del contratto
stesso, implicitamente ammessa dalla normativa tributaria, coerentemente
con l'esigenza di contrastare l'evasione fiscale e, nel contempo, di
mantenere stabili gli effetti negoziali voluti dalle parti, nonchè con il superamento del tradizionale principio di
non interferenza della normativa tributarla con gli effetti civilistici del
contratto,
progressivamente affermatosi a partire dal 1998" (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10498 del 28/04/2017,
Rv. 644006 - 01).
E' opportuno sottolineare
che, secondo quanto espressamente precisato nella decisione appena
richiamata, quella della nullità del contratto non registrato
costituisce fattispecie differente rispetto a quella (presa in
considerazione dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 18213 del 17/09/2015,
Rv. 636471 - 01) che si determina in caso di pattuizioni volte a determinare un canone superiore a
quello risultante dal contratto scritto e registrato,
laddove sussista cioè tra le parti un vero e proprio accordo simulatorio in
relazione all'entità del canone, onde ad essa non è comunque applicabile la L. 9
dicembre 1998, n. 431, art. 13, comma 1, invocato dal
ricorrente, e riguardante esclusivamente tale diversa fattispecie.
Ne consegue la manifesta infondatezza della
domanda del ricorrente di ottenere la restituzione
delle somme versate a titolo di canoni per il periodo anteriore alla registrazione
del contratto,
sulla base della pretesa nullità del rapporto per tale periodo, e la
correttezza della decisione impugnata, che tale domanda ha rigettato.
3. Con il terzo motivo si chiede la
"decisione nel merito della controversia ai sensi dell'art. 384 c.p.c.,
comma 2".
La richiesta di decisione della controversia
nel merito, a seguito di cassazione della decisione impugnata, è
evidentemente assorbita dal rigetto dei primi due motivi di ricorso.
4. Il ricorso è rigettato.
I mutamenti giurisprudenziali e legislativi
intervenuti nel corso del giudizio giustificano la integrale
compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
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