Cassazione civile, sez. I, Sent. n. 2492 del 21 febbraio 2001, sulla
rilevanza di un accordo ai fini della determinazione dell’assegno divorzile
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 7 - 29 ottobre 1998 il Tribunale di Trento, pronunziando
sulla domanda di
V. I.nei confronti dell' ex coniuge C. S. diretta alla revisione delle
condizioni di divorzio e di
attribuzione della percentuale del 40% dell' indennità di fine rapporto
dal medesimo
percepita, nonché sulla domanda riconvenzionale dei S., il quale
chiedeva la soppressione
ovvero la riduzione dell' assegno di divorzio ed in subordine la compensazione
dell'
eventuale aumento con la somma di L. 40.000.000, maggiorata degli interessi,
che il
medesimo aveva versato alla I. il 28 settembre 1994 - della quale quest'
ultima si era
impegnata per iscritto "a tener conto qualora si dovessero in futuro verificare
giustificati
motivi per possibile variazione dell' assegno" aumentava l' assegno stesso
a L. 2.700.000
mensili, con decorrenza dal 1° gennaio 1998, con rivalutazione ISTAT
e con onere di
effettuare il conguaglio con l'indicata somma di L. 40.000.000, intesa
sulla base della
scrittura prodotta in giudizio quale acconto sui futuri miglioramenti,
con i relativi interessi
dalla data indicata.
Proposto reclamo dalla I.e reclamo in via incidentale dal S., con decreto
del 16 marzo - 27
aprile 1999 la Corte di Appello di Trento, in parziale riforma, disponeva
che l' assegno
determinato dal Tribunale, soggetto a rivalutazione monetaria secondo gli
indici ISTAT e con
la decorrenza prevista, fosse compensato con la minor somma di L. 30.000.000
, senza
calcolo di interessi, versata a titolo di anticipazione, e confermava nel
resto.
Osservava in motivazione la Corte territoriale, per quanto in questa sede
rileva, che l'
accordo intercorso tra le parti il 28 settembre 1994, in occasione della
comparizione
personale dei coniugi dinanzi al presidente del Tribunale nel giudizio
di divorzio, non
appariva viziato da nullità, non precludendo affatto alla I. la
possibilità di chiedere aumenti
dell' assegno, ma soltanto impegnando la medesima a tener comunque conto
di detta
erogazione supplementare, e quindi, in sostanza. ad operare la compensazione
con
eventuali aumenti futuri, dei quali essa costituiva una forma di anticipo.
Peraltro l' importo
da calcolare in compensazione doveva ritenersi limitato a L. 30.000.000,
atteso che in base
al medesimo accordo la somma residua di L. 10.000.000 risultava versata
per le esigenze
dei figli e non del coniuge divorziato. Nè potevano essere conteggiati
gli interessi legali,
come ritenuto dal primo giudice, essendo stata detta somma corrisposta
nella piena
consapevolezza della natura anticipatoria del versamento.
Quanto all' ammontare dell' assegno divorzile, tenuto conto dell' elevato
tenore di vita della
famiglia durante il matrimonio, considerato che il S., dopo aver subito
una flessione dei
propri redditi nell' anno precedente la pronuncia del divorzio ( assunto
a riferimento nella
determinazione dell' assegno ) e nell' anno successivo, aveva successivamente
recuperato
il livello dei profitti del periodo anteriore, svolgendo le funzioni di
amministratore delegato
di un' importante società produttrice di serrature, onde dovevano
ritenersi venute meno le
ragioni che avevano indotto a fissare l' assegno mensile in L. 1.800.000,
e rilevato per
converso che la I.nell' anno 1996 aveva subito una flessione della propria
redditività,
riteneva equo l' aumento nella misura stabilita dal Tribunale.
Avverso tale decreto la I. ha proposto ricorso per cassazione sulla base
di un unico
complesso motivo. Il S. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso
incidentale
affidato a tre motivi, cui la I. ha a sua volta resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va innanzi tutto disposta la riunione del ricorso principale e di quello
incidentale, in quanto
concernenti la medesima sentenza.
Deve essere disattesa l' eccezione formulata dal S. di inammissibilità
del ricorso principale
per difetto di autonomia dello stesso e di specificità dei motivi,
consentendo il suo tenore
complessivo di acquisire una adeguata conoscenza dell' origine e dell'
oggetto della
controversia, dello svolgimento dei processo e delle posizioni in esso
assunte dalle parti,
così da permettere al giudice di legittimità di intendere
compiutamente il significato e la
portata delle censure rivolte alla sentenza impugnata ( v. per tutte sul
punto Cass. 1999 n.
2826; 1997 n. 9656; 1997 n. 871 l; 1997 n. 1113).
Con l' unico motivo del proprio ricorso la Inchiostri, denunciando violazione
di legge e falsa
applicazione degli artt. 5 e 9 della legge n. 898 del 1970, deduce l''
errore della Corte di
Appello per non aver ravvisato la nullità dell' accordo intercorso
tra le parti prima dell'
emissione della sentenza di divorzio, in quanto risolventesi in una rinuncia
alla revisione
dell' assegno. Sostiene altresì che somme versate prima della pronuncia
di scioglimento del
vincolo - e quindi chiaramente non erogate a titolo di assegno di divorzio
- non sono
compensabili con l' assegno stesso; che il conferire rilevanza alla corresponsione
di somme
pagate quattro anni prima ed il compensarle con l' assegno dovuto in base
alle attuali
condizioni economiche delle parti vanifica totalmente il principio " rebus
sic stantibus " e la
ratio della normativa in esame; che d' altro canto l' art. 9, nel prevedere
. la possibilità che l'
assegno di divorzio sia erogato una tantum subordina l' efficacia dell'
accordo tra le parti
alla valutazione di equità del tribunale. Osserva ancora che dal
dispositivo del
provvedimento sembra, in contrasto con la motivazione, che la compensazione
debba
operare sull' intero importo dell'assegno mensile.
Preliminarmente all' esame della complessa censura appare opportuno ricordare
che
avverso il decreto con il quale la Corte di Appello pronuncia in sede di
reclamo sulla
domanda di revisione delle condizioni di divorzio può proporsi ricorso
per cassazione ai
sensi dell' art. 111 Cost. solo per violazione di legge, mentre l' inosservanza
dell' obbligo di
motivazione è denunciabile in sede di legittimità solo quando
il vizio si traduca in una
radicale carenza della motivazione medesima, ovvero quando questa si estrinsechi
in
argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi o fra loro logicamente
incomprensibili, e sempre che tali difetti emergano dal provvedimento in
se, senza alcuna
possibilità di verifica della sufficienza e razionalità delle
argomentazioni svolte in relazione
alle risultanze probatorie ( v., tra le altre, Cass. 1999 n. 4623; 1997
n. 6567; 1997 n. 2731;
1995 n. 6974).
Tanto premesso, va rilevata I' infondatezza del motivo di ricorso in esame.
Ed invero le doglianze in esso espresse non appaiono coerenti rispetto
alla lettura offerta
dal provvedimento impugnato dell' accordo intercorso tra le parti in pendenza
del giudizio di
divorzio, fissato nella scrittura in data 28 settembre 1994. La Corte di
Appello ha ritenuto
-con motivazione non suscettibile di riesame in questa sede - che detta
intesa non
integrasse affatto una rinuncia alla revisione futura dell' assegno di
divorzio ( del quale ha
anzi confermato I' incremento disposto dal Tribunale ), ma riguardasse
una elargizione
ulteriore rispetto all' assegno da determinarsi da parte del giudice del
divorzio, con
funzione chiaramente integrativa di esso, da tenere in conto ove in futuro
sì verificassero le
condizioni per un suo aumento, e pertanto da considerare come una forma
di anticipazione
del maggiore importo eventualmente spettante in futuro, in quanto tale
opponibile in
compensazione di detto incremento ( così dovendo intendersi , sulla
base di un corretto
coordinamento tra motivazione e dispositivo, l' ambito di applicabilità
della compensazione
fissato nel decreto in esame).
A fronte di una siffatta ricostruzione della volontà delle parti
infondatamente la ricorrente
prospetta la nullità del suindicato accordo in forza del principio
di indisponibilità preventiva
dei diritti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del vincolo coniugale,
non contenendo
esso - secondo l' interpretazione resa - alcuna pattuizione preventiva
dei coniugi sul
rapporti patrimoniali successivi al divorzio e quindi alcuna limitazione
della loro libertà di far
valere in giudizio i propri diritti, sia in sede di divorzio che in sede
di revisione, nè
implicando alcuna interferenza su decisioni collegate ad interessi di ordine
generale, nè d'
altro canto sussistendo ragioni ostative all' operatività della
prevista compensazione con l'
eventuale credito relativo a futuri incrementi dell' assegno ( v. sul punto
Cass. 1996 n.
6519).
Con il primo motivo del ricorso incidentale, denunciando violazione e/o
falsa applicazione
degli artt. 5 e 9 della legge sul divorzio, omissione o insufficienza di
motivazione, si deduce
che la Corte di Appello ha confermato l' aumento dell' assegno di divorzio
disposto dal
primo giudice sulla base della sola variazione del reddito del S., omettendo
di assumere a
parametro di comparazione il precedente assetto degli interessi tra le
parti ed a criterio di
commisurazione dell' aumento la dimensione attuale dell' obbligo assistenziale.
Si precisa al
riguardo che a fronte dell' aumentato reddito dell' ex coniuge non era
ravvisabile uno stato
di bisogno della I., la quali anzi disponeva di numerosi cespiti immobiliari
e dopo il
trasferimento dei figli dalla sua abitazione era stata sollevata da ogni
onere economico nei
loro confronti. Si aggiunge che la stessa Corte ha omesso di considerare,
mancando anche
di disporre la prova orale sul punto, che dal 1° marzo 1999 il S. aveva
cessato di svolgere l'
incarico temporaneo in precedenza assunto presso la CISA s.p.a. e percepiva
la sola
pensione: si osserva che tale circostanza avrebbe dovuto eventualmente
indurre a tener
ferma la misura dell' assegno determinata dal primo giudice fino al 28
febbraio 1999 e a
ridurla da quella data nella misura precedente la domanda di revisione.
Il motivo è
inammissibile.
Ed invero le doglianze proposte si sostanziano, nonostante il richiamo
formale anche al
vizio di violazione di legge, unicamente in censure di difetto di motivazione
in ordine all'
accertamento delle condizioni economiche dell' uno e dell' altro coniuge
ed alle loro
variazioni nel tempo, o addirittura in argomentazioni dirette ad un diverso
apprezzamento
degli elementi esaminati e valutati al riguardo dalla Corte di Appello,
così da esulare dal
limiti di ammissibilità posti dall' art. 111 Cost.
Con il secondo motivo dello stesso ricorso, denunciando violazione dell'
art. 5 comma 7
della legge sul divorzio, difetto assoluto di motivazione, si deduce l'errore
del
provvedimento impugnato per aver confermato la rivalutazione ISTAT dell'assegno
di
divorzio senza considerare che quanto meno dal 1° marzo 1999 il S.
percepisce la sola
pensione, soggetta a rivalutazione in misura sensibilmente inferiore.
Il motivo è privo di fondamento.
Come è noto, secondo la disposizione di cui all' art. 5 comma 7
delle legge n. 898 del 1970,
nel testo modificato dall' art. 10 della legge n. 74 del 1987, l' adeguamento
automatico dell'
assegno di divorzio, quale componente necessaria di esso volta ad assicurargli
l' originario
potere di acquisto, da disporre di ufficio, ancorché in mancanza
di esplicita domanda, può
essere escluso solo in caso di palese iniquità, che richiede specifica
motivazione ( v. in tal
senso Cass. 1992 n. 3019). Nella prospettiva adottata dal legislatore del
1987 il riferimento
agli indici ufficiali di svalutazione monetaria costituisce - come è
agevole desumere dal
termine " almeno il criterio minimo di adeguamento garantito, mentre l'
attribuzione al
giudice di un ampio potere di scelta, in relazione alle peculiarità
delle fattispecie, tra gli altri
criteri possibili fornisce uno strumento flessibile volto a rapportare
l'' interesse del
beneficiario ad una totale conservazione del potere di acquisto dell' assegno
al grado di
elasticità dei redditi del soggetto obbligato ( v. sul punto Cass.
1996 n. 2273; 1993 n.
8570).
Tanto ritenuto in diritto, va chiaramente escluso il vizio di violazione
di legge per avere la
Corte territoriale confermato l' adeguamento dell' assegno secondo il criterio
minimo degli
indici ISTAT. L' ulteriore doglianza di difetto di motivazione al sensi
dell' art. 360 n. 5 c.p.c. è
peraltro inammissibile, attesi i richiamati limiti di ammissibilità
delle censure in sede di
ricorso per cassazione ai sensi dell' art. 111 Cost.
Con il terzo motivo del medesimo ricorso incidentale, denunciando violazione
degli artt.
1282, 1362 e ss. c.c., difetto assoluto di motivazione, si deduce che la
Corte di Appello
avrebbe dovuto ritenere compensabile l' intera somma di L. 40.000.000,
atteso che nell'
intenzione delle parti l' anticipazione rispetto ad eventuali aumenti dell'
assegno di divorzio
concerneva l' importo totale e che all' epoca di detta erogazione i figli
delle parti erano già
maggiorenni e nessun contributo era stato previsto in loro favore in sede
di divorzio.
Si deduce altresì che la Corte di merito avrebbe dovuto riconoscere
e compensare anche gli
interessi legali su detta somma, ai sensi dell' art. 1282 c.c.
Il primo profilo di censura è inammissibile, in quanto rivolto a
prospettare una lettura della
scrittura privata intercorsa tra le parti ed una determinazione degli impegni
in essa assunti,
con riferimento alla destinazione della somma di L. 10.000.000 ed alla
sua compensabilità
con eventuali incrementi dell' assegno di divorzio, diverse da quelle effettuate
dalla Corte di
merito.
La seconda doglianza contenuta nello stesso motivo, ammissibile in quanto
diretta a
denunciare un vizio di violazione di legge, è invece infondata.
Ritenuto invero come accertato che la somma di L. 30.000.000 era stata
corrisposta dal S. a
titolo integrativo rispetto all' assegno di divorzio, con la previsione
in via meramente
eventuale di una sua compensazione con maggiori somme future se e quando
spettanti,
correttamente la Corte di Appello ha escluso dal computo al fini di detta
compensazione gli
interessi corrispettivi ai sensi dell' art. 1282 c.c., atteso che il tenore
stesso dell' accordo
non consentiva di ravvisare in capo al S. la titolarità in relazione
a detto importo di un
credito liquido ed esigibile.
I due ricorsi devono essere in conclusione rigettati.
L' esito della lite induce a disporre la totale compensazione tra le parti
delle spese di
questo giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte di Cassazione riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.
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