Cass. civ., sez. III, 10 dicembre
2004, n. 23086,sull'azione di rivendicazione e restituzione di un bene
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 13 dicembre 1996 Tarim Unal conveniva dinanzi al
Pretore di Torino Citriniti Michele chiedendo di accertare
l'occupazione abusiva e senza titolo di una cantina di proprietà
di esso attore da parte di costui e pertanto di condannarlo a
rilasciargliela.
Il convenuto eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva
perché essa gli era stato locata fin dal 31 marzo 1994 da
Mirabelli Cinzia unitamente all'alloggio e quale pertinenza dello
stesso, alla medesima intestato, e pertanto la domanda doveva essere
rivolta contro costei. Nel merito affermava la legittimità
dell'occupazione in base al predetto titolo.
Con sentenza dell'11 gennaio 1999 il Pretore accoglieva la domanda
perché dagli atti risultava che la proprietà della
cantina di cui era stato chiesto il rilascio apparteneva all'attore,
mentre dagli atti prodotti dal convenuto risultava che la cantina della
Mirabelli era contraddistinta con altro numero di catasto.
Proponeva appello il Citriniti perché il Tarim aveva specificato
di esercitare un'azione di restituzione - che ha natura personale - ed
aveva escluso di aver proposto sia un'azione petitoria che possessoria
- entrambe esercitabili soltanto nei confronti del locatore -
possessore, per conto del quale deteneva la cantina - e quindi il
giudice di primo grado non aveva il potere di risolvere una questione
petitoria, mentre l'azione personale di restituzione era infondata
perché non vi era nessun rapporto giuridico tra lui e il Tarim,
viceversa essendo valido ed efficace il suo titolo di detenzione della
cantina. Concludeva per la riforma della sentenza di primo grado.
Il gravame era accolto dal Tribunale di Torino, con sentenza del 26
maggio 2000, sulle seguenti considerazioni: 1) il Tarim aveva
espressamente specificato di aver esperito un'azione personale di
restituzione, e non reale; 2) l'azione esercitata presupponeva che
l'attore avesse un diritto alla riconsegna della cantina in base ad un
rapporto giuridico intercorso con il convenuto; 3) pertanto era
irrilevante la prova del diritto di proprietà o di possesso del
Tarim, mentre la prova del titolo giuridico in base ai quale il
Citriniti era obbligato a restituirgli la cantina era mancata.
Avverso questa sentenza ricorre per Cassazione Tarim Unal per due
motivi, cui resiste Citriniti Michele. Il ricorrente ha depositato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo di ricorso il Tarim deduce: "violazione e/o
falsa applicazione di norme di diritto (art. 2697 e segg. c.c., art.
115, 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.)".
Il proprietario che agisce per la restituzione della cosa è
sufficiente dimostri il suo diritto reale, mentre incombe al detentore
che afferma la titolarità di un diritto di godimento l'obbligo
di provare la legittimità della propria detenzione. E mentre il
Tarim aveva provato la proprietà della cantina, il Citriniti non
aveva provato il diritto alla detenzione in base ad un titolo
proveniente da detto proprietario ovvero a lui opponibile, tale non
potendo essere il contratto di locazione proveniente da terzi. Il
Tribunale, travolgendo i principi sull'onere della prova, ritiene
irrilevante il fatto costitutivo della proprietà del bene da
parte del Tarim e pretende di imporgli di dimostrare anche che non
esistono fatti impeditivi allo stesso diritto e pur se è
pacifico che con il Citriniti non è intercorso alcun rapporto
giuridico.
Il motivo è infondato.
1.1- E' opportuno preliminarmente richiamare la distinzione tra
l'azione di rivendica e quella di restituzione. La prima ha carattere
reale ed è fondata sul diritto di proprietà di un bene,
di cui l'attore assume di esser titolare, ma di non averne la materiale
disponibilità: é esperibile contro chiunque, di fatto,
possiede o detiene il bene (art. 948 cod. civ.), ed è volta ad
ottenere il riconoscimento del diritto di proprietà di esso e a
riaverne il possesso. La seconda è fondata sull'inesistenza,
ovvero sul sopravvenuto venir meno, di un titolo alla detenzione del
bene da parte di chi attualmente ne disponga per averlo ricevuto da
colui che glielo richiede o dal suo dante causa - e per questo ha
natura personale - ed è volta, previo accertamento di tale
mancanza, ad attuare il diritto - personale - alla consegna del bene.
Pertanto in quest'ultimo caso l'attore non ha l'onere di fornire la
prova del suo diritto di proprietà, bensì può
limitarsi ad allegare l'insussistenza ab origine, oppure il successivo
venir meno - per invalidità, inefficacia, decorso del termine di
durata, esercizio della facoltà di recesso del titolo giuridico
legittimante la detenzione del bene da parte del convenuto, che
perciò è obbligato a restituirlo.
Evidentemente le due azioni sono distinte, sia per causa petendi che
per petitum. Ciò non esclude, tuttavia che, essendo entrambe
dirette allo stesso risultato pratico del recupero della
disponibilità materiale del bene, possano essere proposte anche
in via alternativa o subordinata, ovvero l'una possa trasformarsi, in
corso di giudizio, nell'altra, in relazione alle eccezioni del
convenuto, nel rispetto delle preclusioni introdotte dalla legge
353/1990.
Pertanto, prescindendo dalla qualificazione dell'azione effettuata
dalla parte, la domanda di restituzione di un bene, fondata
sull'arbitraria disponibilità materiale da parte del convenuto,
non accompagnata dalla contestuale richiesta di accertamento del
diritto reale di proprietà su di esso, esula dall'ambito delle
azioni reali perché non può esser qualificabile come
rivendica, bensì come azione personale di rilascio o di
restituzione, e se il convenuto contrappone il suo diritto alla
detenzione in base ad un titolo giuridico, la validità e
persistenza di questo diviene l'oggetto della controversia.
Al riguardo va ribadito che se è vero che il giudice non
é vincolato dalla qualificazione dell'azione prospettata dalla
parte, essendo libero di discostarsene nell'esercizio del potere -
dovere di autonoma qualificazione di essa, discendente dal principio
"iura novit curia", tuttavia la qualificazione giuridica da lui
ritenuta più appropriata, anche in difformità da quella
che le parti, sia pure concordemente, indicano, non può
risolversi, senza violare l'art. 112 cod. proc. civ., nella
sostituzione dell'azione - espressamente o virtualmente - proposta con
altra, fondata su fatti diversi o su diversa "causa petendi", essendo
egli comunque vincolato sia ai fatti allegati dalle parti stesse, sia
alle domande ed eccezioni che su tali fatti le parti propongono per
ottenere un determinato bene (intendendo il termine bene sia come
attribuzione di un bene materiale - petitum mediato - sia come
attribuzione di un dato diritto o come creazione, regolamento,
annullamento, nullità o estinzione di un rapporto - petitum
immediato - Cass. 26 maggio 1995 n. 5814).
1.2- I giudici di appello hanno correttamente applicato tali principi
perché, come emerge dalla narrativa, è incontestato non
solo che il Tarim ha espressamente qualificato l'azione di restituzione
della cantina come personale, ma altresì che egli ha chiesto al
Citriniti di restituirgliela per mancanza di titolo alla detenzione, e
per questo i giudici di appello, nell'accogliere il motivo di gravame
di violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. da parte del primo giudice
per aver mutato tale domanda in quella di accertamento del diritto di
proprietà, hanno deciso la controversia con esclusivo
riferimento alla predetta azione personale di restituzione, applicando
la disciplina giuridica ad essa inerente, che prescinde dalla prova
della proprietà del bene.
Pertanto il motivo va respinto.
2.- Con il secondo motivo il Tarim deduce: "Contraddittorietà,
insufficiente ed omessa motivazione su punti decisivi della
controversia (art. 360 n. 5)".
La sentenza impugnata dà atto sia del diritto di
proprietà del Tarim sia della mancanza di titolo del Citriniti
ad occuparlo, atteso che la Mirabelli non poteva affittargli un bene di
cui non aveva la proprietà. I giudici di appello rigettano la
domanda di rilascio della cantina così consentendo al Citriniti
di continuare a goderne pur essendo stato dichiarato occupante abusivo.
Separando in tal modo le domande correlate e dipendenti il Tribunale
incorre nel vizio di omessa e/o insufficiente motivazione della
sentenza. Infatti il Tribunale, nell'affermare la legittimazione
passiva del Citriniti e nel negare qualsiasi valore al contratto
locativo da lui prodotto con i terzi, e nel prendere atto del diritto
di proprietà del Tarim, avrebbe dovuto accogliere le domande di
questi, che invece immotivatamente rigetta.
Il motivo è infondato.
Per assumere la qualità di locatore non è necessario
avere un diritto reale sulla cosa, né agire in nome del titolare
di esso, in quanto il contratto di locazione ha natura personale e
prescinde dall'esistenza e titolarità nel locatore di un diritto
reale sul bene, essendo sufficiente che egli ne abbia la
disponibilità. E' però necessario che tale
disponibilità sia giuridica e non di mero fatto, ossia abbia
genesi in un rapporto (o titolo) giuridico che giustifichi il potere
del locatore di trasferire al conduttore la detenzione e il godimento
del bene, con la conseguenza che non può assumere la
qualità di locatore colui che abbia soltanto la
disponibilità di fatto della cosa stessa.
Pertanto, poiché dalla sentenza impugnata - e dallo stesso
ricorso - emerge che il Tarim, per contrastare il diritto alla
detenzione della cantina da parte del Citriniti, fondato sul contratto
di locazione intervenuto con la Mirabelli, si è limitato a
dedurre che costei non ne è la proprietaria, correttamente i
giudici di appello ne hanno respinto la domanda di restituzione.
Concludendo il ricorso va respinto. Ricorrono giusti motivi per
dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di
Cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio
di Cassazione.
Così deciso in Roma il 27 settembre 2004.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 10 DICEMBRE 2004
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