Aggiornamento - Civile

Cass. civ., sez. III, 12 dicembre 2003, n. 19057, sull'art. 2059 c.c., danno biologico e morte sopravvenuta del danneggiato

           SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

           Con citazione del 10.3.1988 Gelsomini Luca, assumendo di aver riportato lesioni con
           postumi permanenti a causa di incidente stradale verificatosi il 4.9.1985 sull’autostrada
           Firenze-Mare, per colpa esclusiva di Bruscoli Carlo Alberto, il quale alla guida della propria
           autovettura l’aveva investito, nel mentre prestava con il proprio autocarro soccorso
           stradale ad un veicolo, conveniva in giudizio davanti al tribunale di Pistoia, il Bruscoli e la
           s.p.a. La Fondiaria, assicuratrice del veicolo del convenuto, per ottenere il risarcimento
           del danno, quantificato in £. 58.681.632. 
           Si costituiva la s.p.a. Fondiaria, che era autorizzata a chiamare in causa l’Inail, poichè
           l’attore risultava titolare di una rendita in conseguenza dell’infortunio. 
           Il processo veniva interrotto per morte dell’attore e riassunto dai suoi eredi. 
           Il tribunale, con sentenza depositata il 9.4.1996, ritenuta la colpa esclusiva del Bruscoli,
           liquidava per danno biologico pari al 12% la somma in valori attuali di £. 45 milioni e £. 24
           milioni per il danno morale, £. 487.240 per spese documentate e £. 1.800.000 per spese
           non documentate, con gli interessi legali per le prime due voci dalla data del sinistro sulle
           somme rivalutate. 
           Avverso questa sentenza proponevano appello gli eredi del Bruscoli, nelle more
           deceduto, nonchè La Fondiaria Assicurazioni s.p.a.. 
           Si costituivano gli appellati Gelsomini Antonio, Lucia e Renzo. 
           La Corte di Appello di Firenze, con sentenza depositata il 21.6.1999, statuiva che gli
           interessi legali sulla somma di £. 73.208.000, dovuta per danni biologico (permanente e
           temporaneo) e morale, fossero dovuti nella misura del 4% dalla data del fatto alla data
           della sentenza e nella misura legale successivamente. 
           Riteneva la corte di merito che la liquidazione del danno biologico, effettuata dal primo
           giudice, nella misura di £. 2.500.000 per punto e del danno morale nella misura di £. 2
           milioni per punto fosse congrua, tenuto conto delle condizioni psicofisiche del soggetto;
           che nessuna rilevanza sulla liquidazione del danno morale e di quello biologico aveva la
           circostanza che il soggetto danneggiato era deceduto nel corso del giudizio di primo
           grado, per cause indipendenti dal sinistro, poichè il decesso poteva avere effetti solo in
           tema di liquidazione del danno patrimoniale, che doveva essere rapportato alla durata
           effettiva della vita, e non relativamente alla liquidazione del danno biologico e di quello
           morale, che dovevano essere, in ogni caso, liquidati con riferimento alle speranze di vita
           del soggetto danneggiato. 
           Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione Melani Eliana, Bruscoli
           Barbara, Bruscoli Ilaria e Bruscoli Maria Luce, quali eredi di Bruscoli Carlo Alberto, nonchè
           La Fondiaria Assicurazioni s.p.a.. 
           Non si sono costituiti gli intimati eredi Gelsomini. 

           MOTIVI DELLA DECISIONE 

           1.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l’omessa motivazione, la
           violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056 e 2059 c.c.. 
           Assumono i ricorrenti che, avendo essi proposto appello avverso la liquidazione del danno
           biologico, liquidato in £. 2.500.000 a punto, e del danno morale, liquidato in £.
           2.000.000, la sentenza di appello è affetta da vizio di motivazione, allorchè ha ritenuto
           congrua la liquidazione adottata dal primo giudice, tenendo conto delle complessive
           condizioni psicofisiche del soggetto. 
           1.2. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione e falsa
           applicazione degli artt. 2043, 2056 e 2059 c.c., nonchè il vizio di illogicità e
           contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, per avere il giudice di
           appello ritenuto che la morte del soggetto danneggiato nel corso del giudizio di
           liquidazione del danno biologico e di quello morale non incidesse sull’entità degli stessi,
           ma solo sull’entità di eventuale danno patrimoniale. 
           2.1. Ritiene questa Corte che i due motivi di ricorso sono strettamente connessi e vanno
           esaminati congiuntamente. 
           Essi sono fondati e vanno accolti. 
           Osserva preliminarmente questa Corte che nell’evoluzione dei criteri relativi alla
           liquidazione del danno, fermo il principio per cui nella liquidazione del danno biologico e di
           quello morale occorre far riferimento al criterio equitativo, di cui agli artt. 2056 e 1223
           c.c. (Cass. 23.1.1996, n. 477), nella necessità di rendere effettiva la valutazione
           equitativa del danno biologico, il giudice di merito deve considerare le circostanze del
           caso concreto, e specificamente, quali elementi di riferimento pertinenti, la gravità delle
           lesioni, gli eventuali postumi permanenti, l’età, l’attività espletata, le condizioni sociali e
           familiari del danneggiato. 
           E’ un criterio valido, nell’ambito dei vari criteri utilizzabili di liquidazione equitativa del
           danno alla salute, quello che assume a parametro il valore medio del punto di invalidità,
           calcolato sulla media dei precedenti giudiziari; onde la decisione che ricorre a tale criterio
           non è di per sè censurabile in sede di legittimità, purchè sia sorretta da congrua
           motivazione in ordine all’adeguamento del valore medio del punto alla peculiarità del
           caso, mentre non può essere adottato il criterio di cui all’art. 4 l. n. 39/1977 (triplo della
           pensione sociale), che è norma speciale, attinente solo alla liquidazione del danno
           patrimoniale nell’ambito dell’azione diretta contro l’assicuratore (Cass. 22.5.1998, n.
           5134; Cass. 16.11.1998, n. 11532; Cass. 13.5.1995, n. 5271; Cass. 11.11.1996, n 9835,
           Cass. 30.5.1996, n. 5005, Cass. 14.5.1997, n. 4236). 
           2.2. Tale criterio di liquidazione del danno biologico non muta, pur a seguito del nuovo
           orientamento di questa Corte sulla portata dell’art. 2059 c.c., espresso da Cass.
           31.5.2003, n. 8827 e Cass. 31.5.2003, n. 8827 e Cass. 31.5.2003, n. 8828, per cui
           nell’ambito del danno non patrimoniale rientrano anche i casi di danno d lesione di valori
           della persona umana costituzionalmente protetti, non potendo il legislatore ordinario
           rifiutarne la riparazione mediante indennizzo, che costituisce la forma minima di tutela di
           tali valori. 
           Infatti, una volta esattamente ritenuto che il concetto di danno non patrimoniale, a cui
           testualmente fa riferimento l’art. 2059 c.c., non si identifichi con la formula tradizionale
           riduttiva di danno morale subiettivo (sofferenza o patema d’animo), limitazione estranea
           alla lettera della norma, ed una volta ritenuto che la lettura costituzionalmente orientata
           della norma comporti che, per il principio della gerarchia delle fonti, il legislatore ordinario
           non possa limitare, ai soli casi previsti dalla normativa ordinaria, il risarcimento della
           lesione dei valori della persona umana ritenuti inviolabili dalla Costituzione, ne consegue
           che non vi è più la necessità di allocare la tutela del danno biologico nell’art. 2043 c.c.,
           attraverso la costruzione dell’ipotesi del “danno-evento” o del tertium genus di danno
           rispetto al danno patrimoniale ed al danno morale subiettivo. 
           2.3. Riportata la responsabilità aquiliana nell’ambito della bipolarità prevista dal codice
           vigente tra danno patrimoniale (art. 2043 c.c.) e danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.)
           e ritenuto che il danno non patrimoniale sia risarcibile non solo nei soli casi previsti dalla
           legge ordinaria, ma anche nei casi di lesione di valori della persona umana
           costituzionalmente protetti, secondo la recente suddetta interpretazione dell’art. 2059
           c.c., poichè il danno biologico, quale danno alla salute, rientra a pieno titolo, per il
           disposto dell’art. 32 Cost., tra i valori della persona umana considerati inviolabili dalla
           Costituzione, e poichè detta norma (come anche le altre che attengano a diritti inviolabili
           della persona) non solo ha efficacia precettiva nei confronti dello Stato ma è anche
           immediatamente efficace tra i privati (secondo la teoria cd. della drittwirkung), ne
           consegue, per coerenza del sistema, che la sua tutela è apprestata dall’art. 2059 c.c. e
           non dall’art. 2059 c.c. e non dall’art. 2043 c.c., che attiene esclusivamente ai danni
           patrimoniali. 
           2.4. Nella struttura della responsabilità aquiliana il danno sia esso patrimoniale che non
           patrimoniale non si identifica con l’evento illecito (che rimane pur sempre una
           componente dell’elemento materiale ed, in buona sostanza, del fatto illecito) ma è una
           conseguenza dello stesso, cioè un pregiudizio (o, se si vuole, una perdita intesa in senso
           ampio, cioè come elemento negativo rispetto alla situazione preesistente patrimoniale e
           non patrimoniale) subito dal danneggiato, alla cui riparazione, in caso di danno non
           patrimoniale non si può provvedere che con criterio equitativo, a norma del combinato
           disposto degli artt. 1226 e 2056 c.c.. 
           Ne consegue che, anche a seguito del nuovo inquadramento della tutela del diritto
           all’integrità psicofisica della persona umana nell’ambito del combinato disposto degli artt.
           2059 c.c. e 32 Cost., rimangono validi i principi elaborati da questa Corte per il
           risarcimento del danno biologico (nonchè – ovviamente – di quello morale) sopra esposti.

           3. Nella fattispecie la sentenza impugnata ha ritenuto congrua la liquidazione del danno
           biologico nella misura di £. 2.500.000 a punto di invalidità per il danno biologico e £. 2
           milioni a punto di invalidità per il danno morale, “tenuto conto delle complessive
           condizioni psicofisiche del soggetto”. 
           Detta motivazione, fondata su un riferimento assolutamente generico alle “condizioni
           psicofisiche del soggetto”, finisce per essere una motivazione apparente e, come tale,
           mancante, in quanto non permette di individuare il percorso argomentativo che il giudice
           ha effettuato per giungere a tale liquidazione, sia pure nell’ambito del suo potere di
           liquidazione equitativa. 
           4. Fondata è anche la censura secondo cui erratamente il giudice di appello ha ritenuto
           che fosse ininfluente ai fini della liquidazione del danno biologico e di quello morale la
           durata effettiva della vita del soggetto danneggiato, dovendosi gli stessi liquidare con
           riferimento alle speranze di vita e non all’effettività della stessa. Da ciò il giudice di
           appello ha tratto la conseguenza che nella fattispecie fosse ininfluente ai fini della
           liquidazione del danno la circostanza che il soggetto danneggiato fosse deceduto nel
           corso del giudizio dopo tre anni dal sinistro, per quanto per cause dipendenti dallo
           stesso. 
           Tale principio di diritto, espresso dalla sentenza impugnata, è errato. 
           5.1. Infatti, qualora al momento della liquidazione del danno biologico la persona offesa
           sia deceduta per una causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza
           dell’illecito, alla valutazione probabilistica va sostituita quella del concreto danno
           effettivamente prodottosi e richiesto dagli eredi “jure successionis”, cosicché la morte
           della persona sopravvenuta prima della liquidazione del risarcimento, rende misurabile e
           rapportabile alla durata della vita successivamente alla menomazione l’incidenza negativa
           da questa arrecata (Cass. 7 aprile 1998, n. 3561; Cass. 20 gennaio 1999, n. 489). 
           Quindi a determinazione del danno biologico che gli eredi del defunto richiedono “iure
           successionis” va effettuata non con riferimento alla durata probabile della vita futura del
           soggetto, ma alla sua durata effettiva. 
           5.2. Assumere, come mostra di ritenere la sentenza impugnata, che il risarcimento del
           danno biologico, cui consegua dopo un certo tempo (ma prima della decisione definitiva)
           la morte, sia dovuto per intero, come se il soggetto avesse raggiunto la durata di vita
           conforme alle speranze, non è corretto, perchè esclude uno degli elementi costitutivi del
           danno risarcibile: e cioè la durata di detto danno (l’altro elemento è l’entità del danno). 
           Poichè anche il danno biologico è una perdita (del bene salute), non può dar luogo allo
           stesso risultato risarcitorio risentire di questa perdita del bene salute (in una percentuale
           X) solo per alcuni mesi o anni o – invece – per la restante intera durata della vita media.

           Se si dovesse opinare diversamente, e quindi escludere ogni valenza al fattore tempo di
           durata del danno biologico, dovrebbe ritenersi che il diritto al risarcimento del danno
           biologico entra per intero nel patrimonio del danneggiato, anche se questi è
           sopravvissuto solo pochi momenti dopo il fatto lesivo, mentre è pacifica la giurisprudenza
           di legittimità, secondo cui, affinchè vi sia un diritto al risarcimento del danno biologico, è
           necessario che vi sia stato un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte
           causata dalle stesse e che il danno biologico va liquidato i9n relazione al periodo di
           tempo in cui è perdurata detta menomazione psicofisica del soggetto, ovviamente in vita
           (pur dovendo in questi casi e nell’attività di “personalizzazione della liquidazione” il
           giudice tener conto della massima entità raggiunta dal danno biologico, sia pure per un
           breve tempo, cfr. Cass. n. 7632/03). 
           Le stesse categorie del danno biologico temporaneo o del danno biologico permanente
           (unitamente riconosciute) sarebbero messe in crisi, se si escludesse la valenza al fattore
           tempo nella liquidazione di questo tipo di danno. 
           6.1. Quanto detto per il danno biologico vale anche per il danno morale: anche il danno
           morale è maggiore se esso si protrae per tutto il resto della vita media rispetto al caso in
           cui detto patema d’animo cessi dopo qualche mese o anno, per morte del danneggiato
           prima del termine della vita media (cioè della sua speranza di vita). 
           Che poi il danno morale possa avere un’entità decrescente con l’allontanarsi dal momento
           del fatto illecito generatore, ciò non esclude che il fattore del tempo di durata abbia una
           rilevanza nella consistenza ontologica di detto danno, mentre il lenirsi del dolore nel
           tempo va valutato dal giudice nell’attività di personalizzazione della liquidazione al caso
           concreto, qualora, il soggetto che ha subito il danno morale deceda nel corso del
           giudizio. 
           In altri termini sarà il giudice di merito che dovrà tener conto che nei primi tempi dal
           fatto illecito il patema d’animo e più intenso rispetto ai tempi successivi, ma non potrà
           ritenere che esso abbia effetti istantanei, per cui questi sorgono e si esauriscono nello
           stesso momento. 
           6.2. Poichè, infatti, anche il danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.), di cui costituisce
           una categoria il danno morale subiettivo, postula la verifica della sussistenza degli
           elementi nei quali si articola l’illecito civile extracontrattuale definito dall’art. 2043 c.c. e
           poichè, quindi, il risarcimento attiene alle conseguenze dannose, (Cass. n. 8827/2003;
           Corte Cost. n. 372/1994), la durata di dette conseguenza ha un ruolo determinante nella
           liquidazione del danno. 
           Ne consegue che la sentenza impugnata, che, nell’ambito della liquidazione del danno
           biologico e di quello morale, ha escluso ogni rilevanza al fatto che il soggetto
           danneggiato sia deceduto dopo tre anni dal sinistro, è errata. 
           7. Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione del principio della
           corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, poichè, pur avendo essi richiesto la
           restituzione di quanto corrisposto in più a seguito della sentenza di primo grado, sul
           punto il giudice di appello non si è pronunciato, nonostante che avesse accolto
           parzialmente l’appello, almeno in tema di interessi legali. 
           8. Il motivo è fondato e va accolto. 
           Infatti La Fondiaria Assicurazioni s.p.a., avendo provveduto al pagamento degli importi
           stabiliti dalla sentenza di primo grado, a titolo di capitale, interessi e rivalutazione e
           spese legali, aveva chiesto in appello la condanna degli appellati alla restituzione della
           differenza tra quanto corrisposto e quanto sarebbe risultato effettivamente dovuto. 
           Su questa richiesta degli appellanti nessuna pronunzia da parte del giudice di appello vi è
           stata, così violando il disposto dell’art. 112 c.p.c., pur essendo stato accolto il motivo di
           appello in relazione alla base di calcolo degli interessi legali. 
           9. In definitiva va accolto il ricorso e va cassata l’impugnata sentenza, con rinvio, anche
           per le spese di questo giudizio di legittimità, ad altra sezione della corte di appello di
           Firenze, che si uniformerà ai principi di diritto sopra esposti. 

           P.Q.M. 
           Accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza con rinvio, anche per le spese del giudizio
           di Cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze. 
           Così deciso in Roma, lì 23 ottobre 2003. 
           DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 12 DICEMBRE 2003
 
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