Cassazione civ., Sez. I, Sent. 5 dicembre 2003 n. 18619 la riconciliazione
tra coniugi e la comunione legale
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con atto
notificato il 22-23/12/1992, Boccia Maria Felicia, premesso di essere convolata
a nozze
con Fioravante Prisco il 25/10/1975; di essersene legalmente e consensualmente
separata
il 28/3/1977; di essersi, poi, a fine 1977 riconciliata con lo stesso;
che il
Fioravante
con atto del 28/12/1978 aveva acquistato una masseria agricola con
sovrastante
fabbricato rurale sito nel comune di Penne (Pescara); che il 30/12/1991,
lo
stesso
Prisco Fioravante aveva alienato il cespite a Mauro e Franco Antico, senza
il suo
consenso;
poiché l'atto doveva ritenersi stipulato in violazione del regime
di comunione
legale
fissato all'atto del matrimonio e automaticamente ripristinatosi con la
riconciliazione,
citava, avanti al tribunale di Napoli, il marito, gli Antico ed il Banco
di
Napoli,
che aveva iscritto ipoteca sul bene a garanzia del mutuo concesso agli
acquirenti,
per sentir dichiarare la nullità del contratto di compravendita
ex art. 184 c.c.,
vinte
le spese e con clausola di provvisoria esecuzione.
Restava
contumace il Prisco Fioravante, mentre si costituivano i convenuti Antico
e il
Banco
di Napoli, i quali, resistendo alla domanda, eccepivano l'incompetenza
territoriale,
contestavano
l'anteriorità della riconciliazione tra i coniugi rispetto alla
stipula del
contratto
di alienazione, richiamavano il principio della tutela dell'affidamento
dei terzi,
per avere
il Fioravante dichiarato in sede di compravendita di essere separato dalla
moglie
e in regime di separazione dei beni.
La causa
veniva istruita con prove documentali e, sulle conclusioni delle parti,
era decisa
con sentenza
del 3/11/1998, con il rigetto della domanda e la condanna dell'attrice
a
pagare,
in favore dei convenuti, le spese del giudizio.
Il successivo
gravame della Boccia veniva respinto dalla Corte di Napoli.
Ed avverso
quest'ultima sentenza, depositata il 24 ottobre 2000, la stessa Boccia
ricorre
ora per
cassazione.
Resistono
Mauro e Franco Antico ed il Banco di Napoli, con distinti controricorsi.
Non si
è costituito il Fioravante.
Tutte
le parti costituite, hanno anche depositato memoria.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
5. Con
i due motivi, in cui si articola l'impugnazione, si censura la Corte territoriale:
e) per
avere violato, ad avviso della ricorrente l'art. 157 c.c., così
come interpretato
dalla
sentenza n. 11419/98, di questa Corte di legittimità, con l'affermare
che l'effetto
ripristinatorio
del regime di comunione legale, connesso alla riconciliazione dei coniugi,
in
precedenza
separatisi, ai sensi della norma citata, non possa essere opposto ai terzi
in
assenza
di correlative forme di pubblicità;
f) per
essere incorsa in ulteriori violazioni di legge e vizi di motivazione,
non ammettendo
le prove,
dalla medesima ricorrente richieste, in ordine alla circostanza che l'immobile
alienato
dal marito ai convenuti Antico - e sul quale era stata iscritta ipoteca
dal
mutuante
Banco di Napoli - era stato acquistato, dallo stesso coniuge, in data
"successiva”
a quella dell'avvenuta riconciliazione.
2. La
questione sottesa al riferito primo mezzo impugnatorio, si risolve propriamente
nello
stabilire
se il ripristino automatico (ex intervallo) dell'originario regime patrimoniale
legale
di comunione,
tra coniugi separatisi, in conseguenza di successiva riconciliazione ex
art.
157 cit.,
possa, o non, espletare i suoi effetti anche nei rapporti esterni, in assenza
di
alcuna
forma di correlativa pubblicità ed in presenza, come nella specie,
di annotazione,
invece,
di un precedente (definitivo) provvedimento di separazione giudiziale.
2/1. Si
tratta di questione che - contrariamente all'assunto della Boccia - non
è stata
affrontata
"ex professo" (né tantomeno affermativamente risolta, come ella
pretende)
dalla
richiamata (ed unica in argomento) sentenza di questa Corte n. 11418/98.
Detta
sentenza - in una controversia che atteneva esclusivamente ai rapporti
interni tra
coniugi,
relativamente alla "efficacia, tra gli stessi, dell'acquisto effettuato
da uno solo di
essi dopo
l'evento riconciliativo" - si è posta ben vero (in funzione della
soluzione di quel
caso concreto)
il quesito, a monte, se "gli effetti della separazione" - che, ai sensi
dell'art.
157 c.c., "i coniugi possono far cessare, senza l'intervento del giudice",
con una
"espressa
dichiarazione” o con un "comportamento non equivoco" di riconciliazione
-
siano
soltanto quelli (c.d. "permanenti" da taluna dottrina) di cui ai precedenti
artt. 156
e 155
(obbligazione di mantenimento, assegnazione della casa coniugale ed affidamento
della
prole), ovvero anche l'effetto (c.d. istantaneo) di "scioglimento della
comunione"
(ricollegato,
appunto, alla separazione personale dall'art. 191 c.c.).
E prendendo
posizione al riguardo - dopo diffusa e meditata analisi delle varie
(estremamente
divaricate ed articolate) proposte esegetiche formulate in dottrina –
quella
sentenza ha ricostruito il quadro effettuale, ricollegato alla sequenza
"matrimonio
– separazione-riconciliazione",
con adesione alla soluzione interpretativa - cui la Corte
napoletana
non ha mosso contestazione alcuna - per cui "é del tutto aderente
al
sistema
delineato dal legislatore della riforma che, posta nell'art. 191 c.c. la
separazione
personale
come causa di scioglimento della comunione dei beni, si ripristini
automaticamente
tra i coniugi, una volta rimossa con la riconciliazione la causa di
scioglimento
della comunione, quel regime di comunione originariamente adottato,
esclusa
ovviamente ogni retroattività per gli acquisti effettuati durante
il periodo di
separazione".
2. E se
é pur vero che la stessa sentenza n. 11418 cit. ha segnalato il
"problema"
dell'assenza
di previsione normativa di specifici atti formali di pubblicità
della
riconciliazione,
diversamente da quanto espressamente invece disposto con riguardo alle
causa
di scioglimento della comunione (ivi comprese, contra Cass. 12098/98, le
sentenze
di separazione
personale ex artt. 4, 23 l. n. 74/87), ciò ha fatto, però,
quella sentenza
incidenter
tantum, al solo fine di escludere che la rilevata carenza normativa potesse,
in
tesi,
influenzare, in senso ostativo o limitativo, il riespandersi automatico
(per effetto
della
riconciliazione) dell'originario regime di comunione, subordinandolo (come
pur
sostenuto
da autorevole dottrina) alla stipula di una convenzione ad hoc tra i coniugi
riconciliati.
Per cui
- ribadito l'automatismo del ripristino di “qual regime di comunione che
integra
una delle
scelte fondamentali del legislatore della riforma (conclusione, questa,
che
anche
questo Collegio condivide) - coerentemente la sentenza in esame ha, quindi,
sottolineato
che "restano ovviamente aperti i problemi di tutela dei terzi”; problemi
non
coinvolti,
in quel caso, dall'oggetto della lite, attinente alla ricognizione degli
effetti della
riconciliazione
per il profilo esclusivo dei rapporti (patrimoniali) tra i coniugi.
2/3. La
posizione - e le connesse esigenze di tutela dell'affidamento - dei terzi,
rispetto
al mutamento
del regime patrimoniale dei coniugi (con cui vengano a contrarre),
conseguente
"ex se" all'evento riconciliativo, vengono dunque propriamente qui per
la
prima
volta in rilievo.
Ed al
riguardo, ritiene questa Corte senz'altro corretta la soluzione alla quale
sono
pervenuti
i giudici, quibus.
Per cui
in difetto di alcuna segnalazione esterna di quell'evento, secondo le norme
generali
che governano la pubblicità delle vicende giuridiche a tutela dei
terzi -
l'intervenuto
nuovo mutamento del regime patrimoniale della famiglia, per ripristino
del
regime
originario di comunione con sovrapposizione a quello di separazione dei
beni
(conseguente
alla precedente separazione personale dei coniugi), pur già operante
tra i
coniugi
stessi, dalla data della loro riconciliazione, non possa, però,
essere opposto ai
terzi
che, come nella specie, abbiano acquistato in buona fede, a titolo oneroso,
dal
coniuge
che risultava unico ad esclusivo titolare dell'immobile alienato, per averlo
egli, a
sua volta,
acquistato, come da annotazione a margine dell'atto di matrimonio, in regime
di separazione
dei beni.
Una diversa
interpretazione non sarebbe invero compatibile con i precetti costituzionali
di
tutela
della buona fede dei contraenti e della correttezza del traffico giuridico
(artt. 2,
41 Cost.)
che vanno, in materia, bilanciati con il valore della parità dei
coniugi anche sul
piano
economico (artt. 3, 29 Cost.), e non possono, quindi, essere a quello sacrificati.
Risultando,
per altro, confermato, anche a livello codicistico, che una scissione dei
profili
effettuali
-interni ed esterni - del regime patrimoniale dei coniugi è ben
possibile, ed è
anzi (in
funzione delle rilevate esigenze di bilanciamento dei contrapposti interessi)
necessitata:
come si desume (sul piano sistematico) dalla disposizione dell'art. 162
ultimo
comma cod. civ.. La quale - nell'escludere l'opponibilità ai terzi
delle convenzioni
matrimoniali
sostitutive o modificative del regime legale di comunione, che non risultino
"annotate
a margine dell'atto di matrimonio" - disciplina una ipotesi speculare a
quella di
modifica,
in senso inverso, del regime patrimoniale della famiglia, per ripristino
della
originaria
comunione in luogo della separazione dei beni, instauratasi con lo scioglimento
di quella
comunione per effetto (ex art. 191 cit.) della separazione personale dei
coniugi.
2/4. Il
primo motivo del ricorso va, pertanto, respinto, resistendo la sentenza
impugnata
a censura
in parte qua.
3. Inammissibile
è poi, a sua volta, il residuo secondo mezzo, non avendo la parte
interesse
a dolersi della mancata ammissione di mezzi di prova in ordine ad una
circostanza
fattuale - quale l'anteriorità della riconciliazione rispetto all'acquisto
dell'immobile
poi rivenduto dal Fioravante - che, nell'economia della decisione della
Corte
di merito,
risulta ininfluente (ed è sostanzialmente data anzi per ammessa),
per avere
quei giudici
attribuito (correttamente, per quanto detto) decisivo rilievo, ai fini
della
esclusa
nullità della compravendita per cui é causa, alla mancata
attivazione, nella
specie,
di alcun meccanismo di conoscibilità esterna della suddetta riconciliazione.
4. Il
ricorso della Boccia va integralmente, pertanto, respinto.
5. La
novità e complessità della questione dibattuta tra le parti
giustifica la
compensazione,
tra le stesse, delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e compensa la spese.
In Roma,
il 10 giugno 2003.
DEPOSITATO
IN CANCELLERIA IL 5 DICEMBRE 2003
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