SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Credito Fondiario della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde
richiese, con domanda avanzata nelle forme di cui all'art. 101 l.f.,
che fosse ammesso al passivo del fallimento di Toti Francesco, titolare
della ditta "Stylart", il credito di lire 186.866.894 assistito da
garanzia ipotecaria e derivante dall'anticipazione mediante apertura di
credito di originarie lire 100.000.000 concessa al Toti con rogito del
13.09.1982 per notar Giovenzano, cui era seguita il 25.09 successivo
l'iscrizione dell'ipoteca.
Nel giudizio seguito alla contestazione del curatore, quest'ultimo
reiterò le ragioni della sua opposizione all'ammissione del
credito. Sostenne che con la domanda tardiva l'Istituto bancario
duplicava la propria ragione di credito; dedusse che l'anticipazione
del credito era stata concessa per "coprire lo scoperto di conto
corrente già in essere presso la Cariplo" e che la ragioni
creditorie dell’istante erano state già esaminate nelle
operazioni di formazione dello stato passivo al quale la banca era
stata ammessa come chirografaria; eccepì, inoltre, la non
opponibilità al fallimento della documentazione prodotta
dall’istante. L'adito Tribunale di Vallo della Lucania, con sentenza
del 05.02.1993, pur disattendendo la tesi della curatela circa la
duplicazione del credito, respinse la domanda di ammissione al passivo
con la motivazione che "non vi era la prova che l'erogazione al Toti
della somma di lire 100.000.000 era avvenuta prima della dichiarazione
di fallimento (sentenza del 22.05.1986 ) in quanto la quietanza
rilasciata dal Toti al momento dell’erogazione non era opponibile al
fallimento ai sensi dell'art. 2704 cod. civ." perché priva di
data.
La Corte d’Appello di Salerno, adita con gravame dalla Cassa di
Risparmio delle Province Lombarde "Cariplo S.p.a.", che già in
primo grado si era costituita quale soggetto subentrato all’istante
Sezione di Credito Fondiario, con sentenza emessa in data 11.10.2000,
riformò la sentenza del Tribunale avendo ritenuto provata
l'anteriorità al fallimento dell'erogazione della somma e con
essa l'anteriorità della quietanza.
Avverso la sentenza, la Curatela del fallimento ha proposto ricorso per
cassazione, al quale resiste la Cassa con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di merito, con la sentenza ora impugnata, ha dato atto
dell'anteriorità al fallimento (dichiarato con sentenza del
22.05.1986) della stipulazione del contratto di apertura di credito con
garanzia ipotecaria, avvenuta con il suddetto rogito del 13.09.1982,
ricavandone l'opponibilità al fallimento del contratto medesimo.
Ha tuttavia precisato, richiamando alcune pronunce di questa Corte (la
n. 6594 del 1981 e la n. 1688 del 1973) che "nel contratto di
anticipazione mediante apertura di credito l'accreditato diventa
debitore della banca quando utilizza le somme messe a sua
disposizione".
Ha poi ritenuto che l'assunto della Cariplo, secondo la quale
l'erogazione della somma di 100 milioni di lire era avvenuta in data
23.12.1982, era stata provata nel giudizio attraverso a) le deposizioni
dei dipendenti della stessa Cariplo nel senso che "l'anticipazione
fondiaria sopra indicata era stata accreditata sul conto corrente della
Stylart, di cui il Toti era titolare, il data 23.12.1982, come da
contabile di credito allegata agli atti e confermata", b) la copia
autentica dell'estratto del conto corrente n. 5499/1 "dove l'accredito
era registrato in data 23.12.1982", la nota contabile confermata dai
suddetti testimoni, la copia del bilancio della Stylart al 31.12.1984
"nel quale era riportato il debito fondiario di lire 100 milioni"; c)
il decreto ingiuntivo del 24.01.1984 "passato in giudicato", che la
Cariplo aveva ottenuto avvalendosi dell'estratto conto non contestato,
nel quale era riportato l'accredito della somma di lire 100 milioni. Ha
tratto poi la conclusione, conseguente alla promessa in diritto circa
l'ammissibilità di ogni prova in ordine alla data della
quietanza, giusta il disposto del comma 3° dell'art. 2704 c.c., che
una volta accertata l'anteriorità al fallimento dell'erogazione
della somma in esecuzione dell'apertura di credito ne restava accertata
anche la data - corrispondente a quella dell'operazione, dunque il
23.12.1982 - della quietanza.
La stessa Corte ha poi disaminato e ritenuto infondata la tesi della
"nullità, per frode alla legge (art. 1344 c.c.) del contratto di
anticipazione mediante apertura di credito" riproposta dalla curatela,
seconda secondo la quale "se anche la Cariplo avesse effettivamente
erogato un mutuo fondiario al Toti, tale operazione si sarebbe risolta
in un mero giro contabile in quanto la somma sarebbe transitata sul
conto corrente andando a coprire lo scoperto, con l'effetto di far
acquisire alla Cariplo il rango privilegiato del proprio credito
chirografario". Sul punto la Corte di merito ha osservato, tra l'altro,
che "nessuna norma imperativa aveva violato la Cariplo nello stipulare
con il Toti il contratto suddetto, risalente, peraltro, a molti anni
(nel 1982) prima della dichiarazione di fallimento, intervenuta il
24.05.1986".
La curatela ricorrente censura la sentenza con due mezzi di cassazione,
come segue rubricati e svolti.
Con il primo è denunciata la "violazione e falsa applicazione
dell'art. 1344 c.c. e degli artt. 52, 92 e 110 l.f." .
Il motivo in realtà contiene due distinte censure.
La prima censura attiene al mancato rilievo del carattere fraudolento,
nei senso di cui all'art. 1344 c.c., del contratto di anticipazione
bancaria in questione, caratterizzato, secondo l'assunto, dal fine di
apprestare una garanzia ipotecaria al credito chirografario della
Cariplo, derivante dallo scoperto di conto corrente, e, dunque, posto
in essere con l'intento di "eludere l'inefficacia degli atti in frode
ai creditori" e "alterare la par condicio creditotorum".
Tale censura é infondata. Correttamente la Corte di merito ha
escluso che il contratto in questione avesse costituito il mezzo per
eludere l'applicazione di una norma imperativa e del resto, è la
stessa ricorrente ad individuare la "frode" non più che nella
lesione della par condicio creditorum, a tutela della quale la legge
fallimentare appresta altri e specifici mezzi. Nella giurisprudenza di
questa Corte non si negano effetti giuridici validi alla costituzione,
in sede di apertura di credito, di una garanzia ipotecaria in favore
della banca da parte di un cliente che sia già debitore per
saldo passivo relativo ad altro contratto regolato in conto corrente -
salva la revocabilità della garanzia medesima ex art. 67 comma
primo della legge fallimentare (v. Cass. n. 2742 del 1994 ed altre
conformi).
La seconda censura che è svolta nel senso che "la sentenza
impugnata ha posto in non cale, violando così gli artt. 1813 e
1852 c.c., la disciplina propria del contratto di anticipazione
bancaria e le disposizioni dettate in tema di operazioni bancarie in
conto corrente, nella misura in cui non ha tenuto nel debito conto, da
un canto il momento perfezionativo dell'anticipazione, da ottenersi
esclusivamente mediante la traditio rei, e dall'altro la (non)
disponibilità da parte del correntista della somma (laddove)
effettivamente mutuata" .
Tale censura, per l'unicità del tema, può essere
disaminata in uno al secondo motivo di ricorso che, rubricato come
"omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione avuto riguardo
all'art. 2704 c.c.", addebita alla Corte d’Appello di aver mancato di
accertare "se la somma asseritamente erogata a titolo di anticipazione
fondiaria fosse stata effettivamente messa a disposizione del fallito"
atteso che "gli stessi documenti esibiti dalla banca avevano avuto
esclusivamente ad oggetto l'atto dell'erogazione, non il fatto della
stessa, perché la prova formale dell'anticipazione fondiaria
proveniente dalla banca non aveva minimamente corroborato l'effettiva e
concreta messa a disposizione delle somme dal mutuante al mutuatario"
ed ancora di aver erroneamente richiamato l'art. 2704 c.c. in presenza
di una quietanza del tutto priva di data, applicandosi invece detta
norma all'accertamento della data non certa e non all'inserimento della
data non apposta".
Tali censure non meritano accoglimento.
Con riferimento al contratto di cui all'art. 1842 c.c. (apertura di
credito bancario) e, del resto richiamandosi espressamente alle
ricordate pronunce di questa Corte, i giudici dell'appello hanno ben
individuato in quello dell'utilizzazione da parte dell'accreditato
delle somme messe a sua disposizione il momento in cui l'accreditato
medesimo si costituisce debitore della banca e questa diviene, a sua
volta e contestualmente, creditrice. E altrettanto corretto è
che sia stato assunto a decisivo thema probandum, proprio muovendo
dall'inopponibilità della quietanza rilasciata dal Toti
perché priva di data, quello dell'anteriorità al
fallimento dell'erogazione (così la sentenza impugnata a pag. 9)
della somma messa a disposizione del Toti con il contratto.
E' vero anche che la prova del fatto suddetto non avrebbe potuto essere
tratta dai soli documenti contabili prodotti in giudizio dalla banca e
relativi all'operazione, atteso che da questi null'altro si evinceva,
secondo quanto la stessa sentenza pone in rilievo, se non l'avvenuto
(in data 13.09.1982) accreditamento sul conto corrente della Stylart n.
5499/1 della somma di 100 milioni di lire oggetto del contratto di
apertura di credito - circostanza questa che in realtà sarebbe
stata insufficiente ed inidonea a dar prova dell'effettività
dell'utilizzazione della somma da parte del Toti, ossia di quella
decisiva circostanza di fatto che la stesa Corte, correttamente, aveva
indicato come oggetto precipuo della prova. E' utile qui richiamare il
principio di diritto, che consegue all’individuazione nei termini di
cui sopra del momento di insorgenza del debito dell'accreditato e del
corrispondente credito dell'accreditante, secondo il quale
nel contratto di apertura di credito, la semplice annotazione in conto
corrente della somma messa a disposizione del cliente non concretizza
l'ipotesi della tradizione simbolica, idonea e sufficiente a realizzare
l'estremo della consegna e il vero rapporto obbligatorio, in ragione
del quale l'accreditante può dirsi creditore dell'accreditato,
sorge soltanto nel momento ed a causa del prelievo della somma messa a
disposizione (in tal senso la sentenza di questa Corte n. 1688 del 1973
dalla quale non v'è ragione ora di discostarsi). E tuttavia la
prova dell'utilizzazione da parte del Toti, in epoca anteriore alla
dichiarazione del suo fallimento, della somma accreditata la Corte
d’Appello ha tratto non soltanto dai suddetti documenti più
strettamente bancari (l'estratto conto e la nota contabile)
bensì anche dalla circostanza che la posizione debitoria
conseguente all'utilizzazione della somma di lire 100 milioni risultava
iscritta nel bilancio 1984 della Stylart.
Tale risultanza documentale - in ordine alla quale (e alla relativa
valutazione fattane dalla Corte d’Appello) nessuna censura specifica la
curatela ricorrente ha formulato - correttamente è stata
ritenuta idonea (anche a prescindere dalla conseguente collocazione
temporale della quietanza priva di data) a dar prova, nel concorso
degli altri elementi, dell'anteriorità al fallimento di quel
credito ipotecario, derivante dall'eseguito contratto di anticipazione
bancaria, del quale la Cariplo chiedeva l'ammissione al passivo. Il
bilancio, al pari di ogni altra scrittura dell'imprenditore (art. 2709
c.c.) è, infatti, documento ben idoneo a fornire la prova - la
cui valutazione resta affidata al prudente apprezzamento del giudice di
merito in ordine ai debiti dell'imprenditore medesimo (v. la sentenza
di questa Corte n. 2148 del 1983).
Anche tale secondo motivo di ricorso resta dunque rigettato.
La ricorrente ha, inoltre, "eccepito" la "violazione da parte della
sentenza impugnata delle norme disciplinanti il calcolo degli interessi
da parte dell'istituto bancario in sede di ammissione al passivo come
quantificati nella sentenza, eccezione questa già proposta nella
domanda subordinata della Curatela nel giudizio di merito di secondo
grado".
La materia cui la censura é rivolta dev'essere ritenuta "nuova"
onde la censura stessa é inammissibile. Ed invero, nè la
Corte d’Appello ha deciso alcunché relativamente agli interessi,
se non l'estensione agli stessi del grado ipotecario, ai sensi
dell'art. 2855 comma secondo cod. civ. e i conseguenti diritti nella
ripartizione dell'attivo, ai sensi dell'art. 54 l.f., l'una e l'altra
norma espressamente enunciate nella motivazione; né dalla
sentenza risulta che la suddetta questione - relativa ai criteri di
computo e alla quantificazione finale degli interessi - abbia formato
oggetto del giudizio di gravame.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio, liquidate in euro 2.900,00 di cui 100,00 per
esborsi e 2.800,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori
come dovuti per legge.
Coni deciso addì 5 maggio 2004 nella Camera di Consiglio della
Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 9 SETTEMBRE 2004
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