Aggiornamento - Civile

Cass. civ. sez. II, 24 settembre 2002, n. 13868 sul carattere usurario  prima dell'entrata in vigore dell'art. 1 della  legge 108/96 e sull'adempimento parziale nelle obbligazioni solidali

          

           REPUBBLICA ITALIANA 
           IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
           LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
           SEZIONE I CIVILE 

           Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
           Dott. Angelo GRIECO - Presidente - 
           Dott. Giovanni LOSAVIO - Consigliere - 
           Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO - Consigliere - 
           Dott. Donato PLENTEDA - Consigliere - 
           Dott. Giuseppe MARZIALE - Rel. Consigliere - 
           ha pronunciato la seguente 

           SENTENZA 

           sul ricorso proposto da: 
           Sebastian Andorfer Ohg e Alfred Amann, in proprio e quale legale rappresentante della
           predetta societa', elettivamente domiciliati in Roma, via Archimede n. 44, presso l'avv.
           Stefano Coen, che con il prof. avv. Ennio Volli li rappresenta e difende in virtu' di procura
           speciale autenticata in data 27 novembre 1998 dal dott. Herman Werner, notaio in
           Straubing (Repubblica Federale di Germania); 

           - ricorrenti - 

           contro 

           Finanziaria Regionale Friuli Venezia Giulia - Friulia s.p.a., in persona del presidente,
           elettivamente domiciliato in Roma, via Paisiello n. 49, presso l'avv. Gianfrancesco
           Manunza, che la rappresenta e difende con l'avv. Loredana Bruseschi del Foro di Trieste,
           in virtu' di procura a margine dell'atto di controricorso e di ricorso incidentale; 

           - controricorrente e ricorrente incidentale - 

           nonche' 

           sul ricorso proposto da: 
           Finanziaria Regionale Friuli Venezia Giulia - Friulia s.p.a., in persona del presidente,
           elettivamente domiciliato in Roma, via Paisiello n. 49, presso l'avv. Gianfrancesco
           Manunza, che la rappresenta e difende con l'avv. Loredana Bruseschi del Foro di Trieste,
           in virtu' di procura a margine dell'atto di controricorso e di ricorso incidentale; 

           - ricorrente incidentale - 

           contro Sebastian Andorfer Ohg e Alfred Amann, in proprio e quale legale rappresentante
           della predetta societa', elettivamente domiciliati in Roma, via Archimede n. 44, presso
           l'avv. Stefano Coen, che con il prof. avv. Enzio Volli li rappresenta e difende in virtu' di
           procura speciale autenticata in data 27 novembre 1998 dal dott. Herman Werner, notaio
           in Straubing (Repubblica Federale di Germania); 

           - resistenti - 

           avverso la sentenza della Corte d'Appello di Trieste n. 487/98 del 21 settembre 1998. 
           Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19 febbraio 2002 dal
           relatore cons. dott. Giuseppe Marziale; 
           Udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale dott. Umberto de Augustinis,
           il quale ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi. 

           SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

           1 - Con ricorso depositato il 23 gennaio 1986, la Finanziaria Regionale Friuli - Venezia
           Giulia - Friulia s.p.a. (d'ora innanzi Friulia) chiedeva al Presidente del Tribunale di Trieste
           di essere autorizzata al sequestro conservativo dei beni mobili e dei crediti di pertinenza
           della societa' Andorfer Ohg e del signor Manfred Amann, che di tate societa' era socio
           amministratore e legale rappresentante, fino alla concorrenza: 
           - della somma di L. 136.150.685, pari al valore della partecipazione azionaria della
           societa' Andorfer al capitale della s.p.a. Laminatoio di Buttrio, maggiorato del 7% annuo
           calcolato alla data del 31 ottobre 1985; 
           della somma di L. 349.289.496, dovuta dalla s.p.a. Laminati di Butrio per capitale ed
           interessi di mora (8% semestrali) in restituzione del mutuo che le era stato erogato. 
           Esponeva la societa' Friulia: 
           - che il 31 luglio 1980 aveva acquisito una partecipazione azionaria pari al 10% del
           capitale della societa' Laminatoio di Butrio s.p.a., sulla base di accordi raggiunti con i
           suoi azionisti, i quali avevano assunto l'impegno di realizzare un programma di
           riorganizzazione e di sviluppo dell'attivita' sociale obbligandosi, se tale impegno non fosse
           stato rispettato, a riscattare la partecipazione per un prezzo predeterminato; 
           - che il 1. settembre 1980 aveva erogato alla societa' Laminatoio di Butrio un mutuo di L.
           400.000.000; 
           - che gli accordi sopra menzionati erano stati, il 5 ottobre 1982, sottoscritti anche dalla
           societa' di diritto tedesco Sebastian Andorfer Ohg che era divenuta socia della s.p.a.,
           Laminatoio di Butrio, acquisendo una partecipazione pari al 46% del capitale sociale, e
           dal signor Manfred Amann legale rappresentante e socio amministratore di detta societa';

           - che in tale occasione le intese originarie erano state integrate con la previsione che, in
           caso di inadempienza agli obblighi assunti verso la Friulia, gli altri azionisti della s.p.a.
           Laminatoio di Butrio avrebbero dovuto provvedere all'immediato rimborso dei
           finanziamenti erogati da detta societa' e alla sua liberazione dalle garanzie
           eventualmente prestate; 
           - che dal mese di marzo 1985 la s.p.a. Laminatoio di Butrio aveva cessato ogni sua
           attivita' produttiva ed aveva rottamato i propri impianti onde poter fruire dei contributi
           previsti dalla legge 31 maggio 1984, n. 193, in tema di razionalizzazione e di
           ristrutturazione del settore siderurgico; 
           - che tale comportamento era in palese contrasto con gli impegni assunti con gli accordi
           del 1. settembre 1980/5 ottobre 1982; 
           - che era fondato il timore di perdere ogni garanzia del proprio credito, dal momento che
           le uniche attivita' della societa' Andorfer e dell'Amann esistenti in Italia erano costituiti
           da crediti nei confronti della societa' Laminatoio di Butrio il cui pagamento era dato per
           imminente. 
           1.1 - Il sequestro era disposto con decreto del 27 gennaio 1986, con il quale la societa'
           ricorrente era autorizzata, ai sensi dell'art. 151 c.p.c., ad effettuare la notifica degli atti
           prescritti per sunto, a mezzo telex o telegramma, nel termine stabilito dall'art. 680 dello
           stesso codice e, in un secondo momento, nelle forme ordinarie stabilite per la notifica
           degli atti all'estero. 
           1.2 - Le notifiche erano effettuate il 10 febbraio e il 28 febbraio 1986. Il sequestro
           presso la societa' Laminatoio del Butrio era eseguito il 31 gennaio 1986, con riferimento a
           tute le somme "dovute o debende ...per qualsiasi titolo, ragione o causa" da detta
           societa' agli intimati, e il 13 marzo 1986 presso le sedi di Udine della Banca Cattolica del
           Veneto, della Banca del Friuli e della Banca Popolare Udinese in relazione a titoli cambiari,
           beni e somme di loro pertinenza. 
           1.3 - 5i costituiva in giudizio solo la societa' Andorfer, opponendosi all'accoglimento delle
           domande attrici ed eccependo, in via preliminare, la nullita' della notificazione (anche
           nell'interesse dell'Amann), il difetto di giurisdizione del giudice italiano, l'invalidita' e
           l'inefficacia dei sequestri. Chiedeva altresi' la condanna dell'attrice per lite temeraria ai
           sensi dell'art. 96 c.p.c. 
           Il Tribunale, con sentenza del 22 giugno 1993 dichiarava: 
           - la contumacia dell'Amann, dopo aver rilevato la tempestivita' e la ritualita' delle
           notificazioni; 
           - la giurisdizione del giudice italiano; 
           L'inefficacia del sequestro eseguito presso la societa' Laminatoio del Butrio, perche'
           detta societa' era stata, nel frattempo dichiarata fallita. 
           Con la stessa sentenza i convenuti erano condannati, in solido tra loro, al pagamento: 
           - di L. 136.150.685, pari all'importo dovuto per il riscatto delle azioni secondo quanto
           stabilito dall'art. 7 degli accordi del 1980/82; 
           di L. 349.289.496, a titolo di capitale e interessi, per la restituzione del mutuo. 
           La domanda di condanna ai sensi dell'art. 96 c.p.c. era invece respinta. 
           2 - L'appello proposto dalla societa' Andorfer e dall'Amann era respinto dalla Corte
           territoriale con sentenza del 21 settembre 1998, sul rilievo; 
           - che non erano emersi profili di irregolarita' nelle notifiche effettuate nelle forme speciali
           autorizzate ai sensi dell'art. 151 c.p.c. e che comunque quelle eseguite nelle forme
           ordinarie erano state pienamente tempestive e rituali; 
           - che, in particolare, la notifica all'Amann era stata legittimamente effettuata pressa la
           sede della societa' Andorfer, in considerazione dell'elezione di domicilio contenuta nel
           punto n. 16 degli "accordi" sottoscritti il 5 ottobre 1982; 
           - che in ordine al sequestro eseguito presso la sede di Udine della Banca Cattolica del
           Veneto non vi era stata la dedotta omissione di pronuncia, dovendo tale statuizione
           ritenersi ricompresa nella declaratoria di inefficacia dei sequestri eseguiti nei confronti
           della s.p.a. Laminatoio di Butrio a seguito della sua dichiarazione di fallimento; 
           - che la cessazione dell'attivita' produttiva da parte di quest'ultima societa' integrava
           certamente i presupposti richiesti dalle scritture in data 1. settembre 1980 e 5 ottobre
           1982 cui era ricollegata la possibilita' di ottenere, da parte della societa' Friulia, il
           riscatto delle azioni e l'immediato rimborso del finanziamento erogato; 
           che il riscatto delle azioni era stato formalmente richiesto con lettera del 23 maggio 1985
           e non era subordinato al rispetto di ulteriori specifici adempimenti formali; 
           - che l'ammontare degli importi dovuti era stato esattamente determinato dal Tribunale e
           non era comunque controvertibile, essendo in dubbio che ciascuno degli obbligati era
           tenuto per l'intero, al netto di eventuali acconti versati dai singoli obbligati ed accertati
           dalla comune creditrice; 
           - che il tasso degli interessi (8% al semestre) fissato nelle scritture sopra indicate non
           eccedeva i limiti di legge e non poteva essere quindi considerato "usurario" ai sensi della
           legge 108/96, sia perche' tale legge non ha effetti retroattivi e sia perche' trattasi di
           interessi moratori, nel cui ammontare e' insita una componente risarcitoria. 
           3 - La societa' Andorfer e l'Amann chiedevano la cassazione di tale sentenza con sette
           motivi di ricorso. La societa' Friulia si opponeva all'accoglimento del gravame e avanzava,
           a sua volta, ricorso incidentale con due motivi illustrati con memoria. I ricorrenti principali
           depositavano controricorso con il quale chiedevano che sia dichiarata l'infondatezza del
           ricorso incidentale. 
           Poiche' con il primo motivo del ricorso principale la sentenza era censurata per motivi
           attinenti alla giurisdizione, la causa era rimessa all'esame delle Sezioni Unite le quali, con
           sentenza n. 14306 dell'8 ottobre 2001, rigettavano il mezzo, ponendo in evidenza che la
           sentenza di primo grado aveva dichiarato la giurisdizione del giudice italiano e che tale
           statuizione era passata in giudicato. 
           I ricorsi sono stati quindi assegnati a questa Sezione per l'esame degli altri motivi. 

           MOTIVI DELLA DECISIONE 

           4 - Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi ai sensi dell'art. 335
           c.p.c. 
           5 - Con il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, che per la loro connessione
           possono essere esaminati congiuntamente, la societa' Andorfer e l'Amann - deducendo
           violazione e falsa applicazione dell'art. 151 c.p.c. e degli artt. 1362 segg. c.c., nonche'
           vizio di motivazione - censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto valide le
           notificazioni, senza considerare; 
           - che la notificazione del decreto di sequestro e della citazione per la convalida entro il
           termine (di quindici giorni) stabilito dall'art. 680 "per sunto" e in sola lingua italiana era
           stata illegittima; 
           - che l'autorizzazione concessa dal Presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 151 c.p.c.
           non era idonea a neutralizzare le irregolarita' rilevate; 
           - che la notificazione successivamente eseguita nei confronti dell'Amann era stata
           effettuata nella sede della societa' Andorfer presso la quale egli aveva eletto il proprio
           domicilio solo con riferimento alla propria qualita' di amministratore di detta societa'. 
           5.1 - Tali rilievi sono tutti infondati. 
           Invero, l'art. 151 c.p.c. lascia al giudice un'ampia (anche se non illimitata, dovendo
           ritenersi che le modalita'. prescelte debbano essere pur sempre tali da non
           compromettere il diritto di difesa, tutelato dall'art. 24 Cost. come "inviolabile" in ogni
           stato e grado del processo) liberta' di apprezzamento in ordine alla individuazione dei
           presupposti per la sua applicazione e alla concreta determinazione delle modalita' di
           notificazione. E, attesa la sua formulazione, non possono esservi dubbi neppure circa
           l'operativita' di detta disposizione rispetto alla notificazione degli atti di parte. 
           Nel caso di specie, le notificazioni riguardavano, secondo la disciplina vigente prima
           dell'entrata in vigore della legge 26 novembre 1990, n. 353, la convalida di un sequestro
           conservativo autorizzato "anta causam" e dovevano essere effettuate all'estero, entro il
           termine di 15 giorni da quello in cui era stato compiuto il primo atto di esecuzione,
           stabilito dall'art. 680 c.p.c., abrogato dall'art. 89, primo comma, della citata legge
           353/90. Termine, la cui applicazione alle notificazioni da effettuarsi all'estero e' stata
           considerata dal Giudice delle leggi "irragionevole e contraddittoria, oltre che lesiva del
           diritto di adone del notificante", e percio' costituzionalmente illegittima, sul rilievo che in
           tal caso il procedimento notificatorio deve avvenire "tramite la necessaria attivita' delle
           autorita' locali ... ed e' parzialmente sottratto alla disponibilita' del notificante" e non
           puo' quindi esigersi che l'atto da notificare pervenga in uno spazio temporale cosi'
           ristretto, e a pena di decadenza, nella sfera di conoscibilita' del destinatario (C. Cost. n.
           94 del 3 marzo 1994). Muovendo da queste premesse, e' stata individuata "quale
           soluzione costituzionalmente obbligata" quella per cui "il compimento, entro il suddetto
           termine, delle sole formalita' che non sfuggono alla disponibilita' del notificante, sia
           sufficiente al perfezionamento nei suoi confronti, della notifica da eseguirsi all'estero". Di
           qui la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 142, terzo comma, 143, terzo
           comma, e 680, primo comma, c.p.c. "nella parte in cui non prevedono che la
           notificazione all'estero del sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto
           termine, con il tempestivo compimento delle formalita' imposte al notificante dalle
           convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del d.p.r. 5 gennaio 1967, n. 200", le quali
           prescindono dalla consegna dell'atto da notificare al destinatario. 
           Tale orientamento e' stato successivamente ribadito dalla stessa Corte con la sentenza
           n. 358 del 22 ottobre 1996 in relazione alla disciplina dettata, nella suddetta materia, dal
           vigente art. 669 octies c.p.c. 
           5.1.1 - Alla stregua di tali premesse appare evidente che le modalita' di notificazione
           prescelte dal presidente del Tribunale di Trieste, in base alle quali la societa' ricorrente
           era autorizzata ad eseguire tale adempimento, entro il ristretto termine fissato dal citato
           art. 680 c.p.c., in una forma "abbreviata", che tuttavia prevedeva la consegna al
           destinatario degli atti da notificare, sia pure in "sintesi", e successivamente nelle forme
           "ordinarie", non possono essere ritenute illegittime. 
           5.1.2 - Quanto al rilievo che la consegna del plico nella sede della societa' sarebbe stata
           irregolare poiche' l'elezione di domicilio presso la stessa sarebbe stata effettuata
           dall'Amann solo con riferimento alla sua qualita' di legale rappresentante della medesima,
           e' sufficiente rilevare che la doglianza, cosi' come formulata, e' inammissibile, perche'
           basata su una ricostruzione della comune intenzione manifestata dalle parti con la
           scrittura del 5 ottobre 1982 diversa da quella individuata dal giudice del merito con
           apprezzamento di fatto congruamente motivato e immune da errori giuridici, la cui
           esattezza non puo' essere riconsiderata in questa sede di legittimita'. 
           6 - Con il quarto motivo, i ricorrenti principali - denunziando violazione e falsa
           applicazione dell'art. 96 c.p.c., nonche' vizio di motivazione - censurano la sentenza
           impugnata per aver disatteso la richiesta di condanna ai sensi della norma appena
           richiamata, pur avendo preso atto della sopravvenuta inefficacia del sequestro eseguito
           presso la s.p.a. Laminatoio di Butrio e prescindendo da ogni considerazione del
           comportamento della societa' istante. 
           E' pero' agevole replicare che nella sentenza impugnata si pone in evidenza che il
           sequestro era stato dichiarato inefficace (non gia' perche' illegittimo, ma) perche'
           assorbito negli effetti del fallimento della societa' debitrice e che non erano stati
           ravvisati "danni di sorta". Tali constatazioni (ritenute decisive dalla Corte territoriale ai
           fini del rigetto della pretesa risarcitoria) non sono state specificamente contestate dai
           ricorrenti, che tuttavia rivolgono al giudice del merito l'addebito di non aver verificato la
           ricorrenza dei presupposti per la convalida del sequestro e di non aver accertato
           l'esistenza di eventuali danni derivati dalla sua esecuzione. 
           Trattasi, peraltro, di doglianze formulate in modo del tutto generico che, come tali, non
           possono non essere dichiarate inammissibili. Il che dispensa dall'osservare che,
           comunque, i fatti posti a fondamento del diritto fatto valere in giudizio non possono
           essere verificati d'ufficio dal giudice, ma debbono essere dedotti e provati dalla parte
           interessata secondo i principi che regolano l'onere della prova (art. 2697 c.c.) e nel
           rispetto del principio dispositivo che regge il processo civile di cognizione (artt. 112 e
           115 c.p.c.). 
           Anche tale mezzo e' quindi infondato. 
           7 - A non diverse conclusioni deve giungersi per il quinto motivo del ricorso principale,
           con il quale i ricorrenti - denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1362
           segg. e 2932 c.c., nonche' vizio di motivazione - censurano la sentenza impugnata sotto
           un triplice profilo: a) per aver affermato che si erano determinati i presupposti per il
           riscatto delle azioni e per il rimborso del finanziamento; b) per aver ritenuto che essi
           ricorrenti erano tenuti, in solido, ad ottemperare a tali richieste; c) per aver considerato
           non necessaria la preventiva offerta delle azioni delle quali era stato chiesto il riscatto. 
           Invero, il convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine ai punti specificati alle
           lettere a) e b) si fonda sull'interpretazione di una clausola (la n. 14) contenuta nella
           scrittura del 5 ottobre 1982 e, quindi, su un apprezzamento di fatto, la cui esattezza
           non puo' essere sindacata in questa sede di legittimita'. Tali censure sono quindi
           inammissibili. In ordine al punto sub c), e' sufficiente rilevare che la Corte territoriale,
           contrariamente a quel che assumono i ricorrenti, non ha affatto escluso la necessita'
           dell'offerta in restituzione delle azioni delle quali e' stato chiesto il riscatto, ma si e'
           limitata a rilevare che le modalita' del "rilievo" delle azioni erano specificate nella scrittura
           del 5 ottobre 1982, gia' ricordata, e che la restituzione di tali titoli era da ritenersi "mero
           atto consequenziale della gia' manifestata richiesta di riscatto". Quanto poi alla
           precisazione che, dopo la dichiarazione di fallimento della societa' emittente, un problema
           di offerta reale delle azioni "non poteva porsi", essa e' da intendersi nel senso che, a
           partire da tale momento, i riscattanti non avrebbero avuto, presumibilmente, alcun
           interesse alla loro effettiva consegna, trattandosi di titoli che, con ogni probabilita',
           sarebbero stati privi di ogni valore. La precisazione era, pertanto, diretta a contestare
           (non gia' la necessita', ma) l'utilita' della consegna delle azioni ed era quindi inidonea a
           configurare gli estremi dell'errore di diritto denunziato. 
           8 - Del pari inammissibile e' il sesto motivo, con il quale si assume che la motivazione
           della sentenza impugnata sarebbe viziata, in quanto i dati in essa indicati ai fini della
           determinazione delle somme di cui nel frattempo la Friulia ha ottenuto il rimborso dal
           fallimento della societa' fallita e da altri coobbligati non sarebbero perfettamente
           collimanti e non sarebbero quindi atte a spiegare perche' la somma complessivamente
           indicata in totale sia di L. 501.582.841 e non di L. 504.542.841. 
           La doglianza e', invero, formulata in modo assai lacunoso e dalla sua formulazione non e'
           possibile arguire se la lieve discrepanza posta in evidenza sia conseguenza di un errore
           materiale di calcolo (non deducibile in questa sede: Cass. 11 settembre 1999, n. 9689) o
           di un vizio logico della motivazione. 
           9 - Resta il settimo motivo del ricorso principale, con il quale i ricorrenti - denunziando
           violazione e falsa applicazione dell'art. 1855 c.c. [recte: 1815 c.c.], nonche' vizio di
           motivazione - censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto valida ed operante la
           clausola sul tasso degli interessi moratori anche per il periodo successivo all'entrata in
           vigore della legge 7 marzo 1996, n. 108, sebbene il suo ammontare fosse stato stabilito
           dalle parti in misura superiore al limite oltre il quale, secondo quanto stabilito da tale
           legge, gli interessi dovrebbero essere ritenuti "usurari". 
           La doglianza e' stata formulata nel presupposto che i criteri fissati dalla citata legge
           108/96 per la individuazione degli interessi "usurari" valgono anche per le pattuizioni
           stipulate, come nel caso di specie, in epoca anteriore alla sua entrata in vigore che,
           conseguentemente, da quest'ultimo momento non possono essere portate ulteriormente
           ad effetto. In tal senso si era espressa anche la giurisprudenza di questa Corte (Cass.
           22 aprile 2000, n. 5286), precisando che, pertanto, ai fini della qualificazione usuraria
           dell'interesse il momento rilevante era costituito dalla "dazione" e non dalla "stipula" del
           contratto. 
           E' tuttavia da rilevare che il legislatore e' nuovamente intervenuto in materia chiarendo,
           in sede di interpretazione autentica, che debbono intendersi come usurari "gli interessi
           che superano il limite della legge nel momento in cui sono promessi o comunque
           convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente del momento del loro pagamento" (art.
           1, primo comma, d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito nella legge 28 maggio 2001,
           n. 24). Non vi e',quindi dubbio che siano venuti meno i presupposti per paralizzare
           l'operativita' delle clausole, stipulate prima dell'entrata in vigore dell'art. 1 della citata
           legge 108/96, che abbiano determinato il saggio degli interessi in misura da qualificarsi
           "usuraria", alla stregua dei criteri stabiliti da detta disposizione, tanto piu' che la
           conformita' di tale norma al dettato costituzionale e' stata di recente riconosciuta dal
           Giudice delle leggi (sent. 29 del 2002). 
           Le ulteriori doglianze formulate a tale riguardo dai ricorrenti perdono conseguentemente
           ogni rilievo, essendo venuto meno il presupposto da cui muove la complessa censura
           formulata con il motivo in esame. 
           Il ricorso principale deve essere pertanto respinto in ogni sua parte. 
           10. Il ricorso incidentale si articola in due motivi. 
           Con il primo la societa' Friulia - censurando violazione falsa applicazione degli artt. 1292,
           1297, 1300 - 1304, 1306 c.c. e, in genere, della disciplina in tema di obbligazioni solidali,
           nonche' vizio di motivazione - censura la sentenza impugnata per aver affermato che "il
           pagamento parziale intervenuto da parte di taluno degli altri condebitori solidali
           determina la oggettiva riduzione del debito". 
           La doglianza e' infondata. Invero, la disciplina delle obbligazioni solidali e' retta dal
           principio che i fatti istintivi giovano, per regola, a tutti i condebitori (artt. 1292 e 1300 -
           1303 c.c.). Non e' possibile ritenere che tale principio non si applichi all'adempimento
           parziale. Il creditore, infatti, ha il potere di rifiutarlo, anche quando abbia ad oggetto uria
           prestazione divisibile (art. 1181 c.c., in relazione all'art. 1292 c.c.). Se lo accetta, non
           puo' non rimanere assoggettato a tutti gli effetti che a tale atto sono ricollegati dalla
           legge. In caso contrario, come esattamente si rileva nella sentenza impugnata, il
           debitore solidale che ha eseguito un pagamento parziale accettato dal creditore sarebbe
           esposto al regresso degli altri condebitori anche per la parte del credito da lui
           soddisfatto, contro ogni logica e senza che cio' risponda ad alcun interesse apprezzabile.

           10.1 - L'ulteriore censura, che si appunta contro la compensazione parziale delle spese,
           disposta dalla Corte territoriale, si ricollega a quella formulata con il primo motivo dello
           stesso ricorso ed e' conseguentemente assorbita dal suo rigetto. 
           11 - In conclusione, entrambi i ricorsi vanno respinti. Ricorrono giusti motivi di
           compensazione delle spese di questa ulteriore fase. 

           P.Q.M. 

           La Corte di cassazione, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese di giudizio. 
           Cosi' deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 19 febbraio 2002. 
           DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 24 SETTEMBRE 2002

 

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