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Cassazione, ordinanza del 12 ottobre 2011, n. 20956, sulla nullità
del negozio in frode al divieto del patto commissorio
“Con atto di citazione notificato il 17-4- Nel costituirsi, la convenuta contestava la fondatezza
della domanda e ne chiedeva il rigetto. Il Tribunale adito, con sentenza depositata il 16-1-2003,
rigettava la domanda. Con sentenza depositata il 3-3-2010 Per la cassazione di tale sentenza ricorre I.C., sulla base di un unico motivo. C.D., C.T., C.M. e B. I. resistono con controricorso. Rileva in diritto. Con l’unico motivo il ricorrente, denunciando la
violazione degli artt. 2744 e 1963 c.c., l’erronea valutazione della
prova ex art. 116 c.p.c. e l’insufficienza,
contraddittorietà ed erroneità della motivazione su fatti decisivi della
controversia, sostiene che nella specie, contrariamente a quanto ritenuto
dalla Corte di Appello, non si è in presenza di un
contratto simulato, ma di una vera compravendita con patto di riscatto, nella
quale il venditore si è riservato il diritto di riavere la proprietà del bene
alienato mediante la restituzione del prezzo, delle spese e degli interessi. Fa altresì presente che, contestualmente alla vendita, tra
le parti è stato stipulato un contratto di locazione che ha consentito al C.
di continuare ad abitare nello stesso immobile alienato all’
I., dietro pagamento di un canone. Il ricorso è inammissibile. Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha ritenuto
la nullità del contratto in questione, in quanto
posto in essere in violazione del divieto del patto commissario sancito
dall’art. 2744 c.c., e, conseguentemente, affetto da causa illecita. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte,
infatti, il divieto del patto commissario, sancito dall’art.
2744 c.c., si estende a qualsiasi negozio, ancorchè
di per se astrattamente lecito, che venga impiegato
per conseguire il concreto risultato, vietato dall’ordinamento, di
assoggettare il debitore all’illecita coercizione da parte del
creditore, sottostando alla volontà del medesimo di conseguire il
trasferimento della proprietà di un suo bene, quale conseguenza della mancata
estinzione di un debito (v., tra le tante, Cass. 12-1-2009 n. 437;
Cass. 11-6-2007 n. 13621; Cass. 19-5-2004 n. 9466; Cass. 2, 20-7-1999 n.
7740). In particolare, è stato puntualizzato che la
vendita con patto di riscatto o di retrovendita, anche quando sia previsto il
trasferimento effettivo del bene, è nulla se stipulata per una causa di
garanzia (piuttosto che per una causa di scambio), nell’ambito della quale il versamento del danaro, da parte del
compratore, non costituisca pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo,
ed il trasferimento del bene serva solo per costituire una posizione di
garanzia provvisoria capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o
meno l’obbligo di restituire le somme ricevute. La predetta vendita,
infatti, in quanto caratterizzata dalla causa di
garanzia propria del mutuo con patto commissario, piuttosto che dalla causa
di scambio propria della vendita, pur non integrando direttamente un patto
commissorio vietato dall’art. 2744 c.c., costituisce un mezzo per
eludere tale norma imperativa ed esprime, perciò, una causa illecita che
rende applicabile, all’intero contratto, la sanzione dell’art.
1344 c.c. (Cass. 4-3-1996 n. 1657; Cass. 20-7-2001 n. 9900; Cass.
8-2-2007 n. 2725). Nel caso in esame La validità delle conclusioni cui è pervenuto il giudice
di appello non può essere inficiata dalle deduzioni svolte dal ricorrente,
con le quali, in buona sostanza, vengono proposte
mere censure di merito, basate su una ricostruzione della vicenda alternativa
rispetto a quella posta a base della decisione impugnata. In tal modo, si
sollecita a questa Corte una diversa valutazione in fatto delle emergenze
processuali, estranea alla natura ed alle finalità
del giudizio di legittimità. L’accertamento della effettiva
volontà delle parti e della concreta portata dell’atto dalle stesse
posto in essere, infatti, è compito esclusivo del giudice di merito, che
nella specie ha fondato il proprio giudizio su argomentazioni esaustive ed
immuni da vizi logici. Il ricorso può essere trattato in camera
di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c.”. La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e
notificata alle parti costituite. Il ricorrente ha depositato una memoria ex
art. 378 c.p.c.. Motivi della decisione Il Collegio, all’esito della discussione, condivide
i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, ai
quali non sono stati opposti validi argomenti nella memoria difensiva
depositata dal ricorrente. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. |
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