Cass. Civ., sez.
III, 14 luglio 2003, n. 11003, sul danno biologico in caso di decesso
1.
Il
giorno 6 dicembre 1992, N.G., alla guida di un'auto di proprietà
di S. G., assicurata con la spa Unione Subalpina, investì sulle
strisce pedonali di Viale Caravaggio di Grosseto il professor A.R., che
le attraversava sotto il braccio della moglie L.B.. In conseguenza
dell'investimento, il R. riportò gravissime lesioni, per le
quali decedeva dopo ventinove giorni, e L.B. riportò lesioni
personali con postumi invalidanti.
2.
L.B.,
A. e P. G., figli di A., con atto di citazione del 13 aprile 1994,
hanno convenuto in giudizio davanti al tribunale di Grosseto i G. e la
loro Compagnia di assicurazione, chiedendone la condanna in solido al
risarcimento dei danni subiti.
Nel giudizio si è costituita la sola società
assicuratrice, che ha dedotto l'esistenza di un concorso di colpa delle
parti offese e l'eccessività delle richieste risarcitorie.
3.
Il
tribunale, accogliendo in parte le domande, ha reso le seguenti
decisioni: a) condannato i convenuti in solido a risarcire il danno
morale nella misura di lire 200 milioni in favore di L.B. e di lire 100
milioni in favore di A. e P. G. ciascuno; b) ha condannato i convenuti,
sempre in solido, al pagamento in favore degli attori, quali eredi di
A. G., della somma di lire 50 milioni, a titolo di risarcimento del
danno biologico e morale "iure hereditario", ed al pagamento della
somma di oltre lire quattro milioni a titolo di rimborso delle spese
funerarie sostenute, oltre gli interessi legali dal giorno del fatto;
c) ha rigettato la domanda di risarcimento del danno patrimoniale degli
attori per la perdita, rispettivamente, del marito e del padre.
4.
La
decisione è stata impugnata dalla Allianz Subalpina di
Assicurazioni e Riassicurazioni (risultata dalla fusione tra la spa
Unione Subalpina e la spa Allianz Pace), la quale ha dedotto che le
liquidazioni contenute nella sentenza del tribunale erano eccessive.
Gli appellati hanno proposto, a loro volta, impugnazione incidentale,
insistendo sulla richiesta di risarcimento del danno patrimoniale.
La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza del 12 luglio 1999, ha
rigettato l'appello incidentale ed ha accolto in parte quello
principale. Più precisamente, ha ridotto l'importo del danno
biologico e morale iure hereditario a lire 10 milioni ed ha determinato
nel quattro per cento all'anno la misura degli interessi.
5.
Per
la cassazione della sentenza L.B., A. e P. G. hanno proposto ricorso.
Resiste con controricorso la spa Allianz Subalpina.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
1.
Il
primo motivo del ricorso si riferisce alla liquidazione del danno
biologico e morale "iure hereditario".
Il motivo è fondato.
1.
1.
La Corte di Firenze, accogliendo l'appello della Compagnia di
assicurazione, ha liquidato il danno biologico e morale "iure
hereditario" in lire 10 milioni, applicando il "criterio tabellare" per
ventinove giorni di malattia. In particolare, la Corte ha dichiarato
che la somma determinata dal tribunale era "spropositata",
perché non poteva "sussistere un danno biologico e morale" da
morte, giacché con l'evento morte una persona cessa di esistere
come soggetto giuridico e non può quindi, proprio a causa
dell'evento che la pone nel nulla, acquisire diritti; il diritto
risarcitorio può e deve essere limitato al periodo di
sopravvivenza.
I ricorrenti sostengono che la riduzione è ingiusta ed
addebitano alla sentenza impugnata l'errore di avere determinato il
danno con riferimento alla durata della malattia, senza tenere conto
del peso straordinario del danno morale maturato in 29 giorni di
"straziante agonia" e della gravità delle lesioni, che erano
diffuse per tutto il corpo.
1.
2.
Il danno biologico e morale, cosiddetto terminale, che è quello
che la vittima di un sinistro subisce nell'apprezzabile lasso di tempo
tra la lesione e la conseguente morte, è un danno nel quale i
fattori della personalizzazione debbono valere in un grado assai
elevato e, per questa ragione, non può essere liquidato
attraverso l'applicazione di criteri contenuti in tabelle, che, per
quanto dettagliate, nella generalità dei casi, sono predisposte
per la liquidazione del danno biologico o delle invalidità
temporanee o permanenti di soggetti che sopravvivono all'evento dannoso.
Il danno terminale è differente da queste due ultime voci.
Nel danno biologico o da invalidità temporanea o permanente,
fatta eccezione delle invalidità permanenti assai gravi,
infatti, la salute del danneggiato tende a regredire o, almeno, a
stabilizzarsi; in quello terminale, invece, si assiste ad un danno che
tende ad aggravarsi progressivamente. Questa differenza deve essere
tenuta nel dovuto conto, per non mettere nel nulla il principio della
personalizzazione del danno, che è l'elemento cardine della
valutazione del danno alla persona.
La sentenza impugnata non ha considerato alcun fattore di
personalizzazione, ponendosi rispetto al problema della liquidazione
del danno biologico e morale, subito direttamente dal danneggiato, e
del quale gli eredi hanno chiesto il risarcimento, alla stessa maniera
di come ci si pone nella liquidazione di un danno per
un'invalidità temporanea della durata di 29 giorni, come si
legge nella motivazione della decisione che è stata prima
riportata. Nella valutazione del danno, infatti, non compare alcun
accenno alla gravità delle lesioni ed all'intensità del
dolore della vittima, delle quali, invece, occorreva dare preciso
conto, soprattutto nel momento in cui era operata la riduzione di un
importo di danno, già liquidato dal giudice di primo grado in
maniera che non si poteva definire senz'altra motivazione
"spropositata".
Il capo della decisione relativo alla liquidazione del danno biologico
e morale "iure hereditario", quindi, deve essere cassato con rinvio ed
il giudice del rinvio, esaminando l'appello della compagnia di
assicurazione sul punto, dovrà tenere conto dei necessari
fattori di personalizzazione del danno prima esposti.
2.
Il
secondo motivo del ricorso si riferisce alla liquidazione degli
interessi sulle somme liquidate.
2.
1.
La Corte di appello ha dichiarato che il criterio del cumulo integrale
della rivalutazione e degli interessi legali dalla data del sinistro,
adottato dal primo giudice, era errato. Per evitare "duplicazioni
risarcitorie", ha dichiarato che le somme liquidate
all'attualità dovevano essere aumentate nella misura dei quattro
per cento l'anno.
I ricorrenti sostengono che la pur necessaria correzione dell'errore
del primo giudice si è risolta in un'ingiusta e "rilevantissima"
penalizzazione delle parti offese.
Anche questo motivo è fondato.
2.
2.
Nel danno da fatto illecito gli interessi non possono essere calcolati
sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata,
perché, operando in questo modo, il fattore tempo incide due
volte: una, ai fini della rivalutazione della somma capitale; una
seconda volta, nella determinazione degli interessi legali. Gli
interessi legali debbono essere determinati, invece, con riferimento ai
singoli momenti (determinati in concreto), con riguardo ai quali la
somma equivalente al bene perduto s'incrementa nominalmente in base ad
indici prescelti di rivalutazione monetaria: Cassazione, Sezioni unite,
1712/95.
2.
3.
Al criterio indicato non sì è uniformata la sentenza
impugnata.
Anche questo capo della decisione, quindi, deve essere cassato con
rinvio. Il giudice del rinvio si atterrà ai criteri di
liquidazione degli interessi legali, già enunciati dalla
giurisprudenza di questa Corte prima richiamata.
3.
Il
terzo motivo si riferisce al mancato riconoscimento del danno
patrimoniale.
3.
1.
La Corte di appello ha escluso che fosse provato che il professor A. G.
contribuisse al mantenimento dei figli, dichiarando che si doveva
presumere il contrario, perché i figli erano maggiorenni ed
economicamente indipendenti, e la vedova percepiva una pensione di
reversibilità superiore al danno patrimoniale.
L.B., A. e P. G. addebitano alla decisione il doppio errore, di una
motivazione non corretta e dell'omessa valutazione di prove che sono
indicate nel ricorso.
Il motivo è fondato.
Ricorrono, infatti, entrambi gli errori denunciati.
3.
2.
In primo luogo, il fatto che i figli della vittima fossero maggiorenni
ed economicamente indipendenti è un fatto che, di per sé,
non è in contrasto con la possibilità che essi ricevevano
provvidenze aggiuntive ai loro redditi.
La sufficienza dei redditi di figlio può escludere l'obbligo
giuridico di incrementarlo da parte dei suoi genitori, ma non esclude
il beneficio quando i genitori vi provvedono durevolmente,
prolungatamente e spontaneamente. La perdita conseguente si risolve nel
danno patrimoniale, corrispondente al minor reddito per chi ne sia
beneficato.
La domanda di risarcimento del danno proposta con l'appello incidentale
dai ricorrenti non poteva, dunque, essere rigettata con il solo
richiamo ad una presunzione, non precisa e non concordante nei termini
espressi dalla sentenza impugnata.
In secondo luogo, non è neppure corretto affermare che la vedova
non aveva subito danno dalla morte del marito, perché la
pensione di reversibilità era "presumibilmente maggiore della
pensione che il marito a lei destinava", come si legge nella sentenza
impugnata.
Questo ragionamento, infatti, si fonda su una presunzione, nella quale
i caratteri della precisione e della concordanza sono affidati dalla
decisione alla mera affermazione, che ciò era vero,
perché vero. Inoltre, non tiene in alcun conto delle deposizioni
testimoniali, riportate nel ricorso, dalle quali si poteva ricavare
l'importo elevato di quanto la vittima dell'incidente versava per far
fronte ai bisogni della moglie.
Dall'accoglimento del terzo motivo discende che il capo della decisione
relativo al rigetto dell'appello incidentale deve essere cassato con
rinvio, affinché la motivazione sul rigetto dell'impugnazione
sia resa in maniera corretta.
4.
Conclusivamente,
il ricorso deve essere accolto e la sentenza deve essere cassata con
rinvio alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.
La determinazione delle spese di questo giudizio può essere
devoluta al giudice del rinvio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie
il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese
di questo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
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