Aggiornamento - Amministrativo |
TAR
Catanzaro, sentenza 841 del ex art.
60 c.p.a. contro Regione Calabria, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Di Porto, Massimiliano Manna, Oreste Morcavallo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei
confronti Ristorante di Pesce a Rende S.r.l. Semplificata, non costituita in giudizio; e
con l'intervento di ad
adiuvandum: per
l'annullamento dell’ordinanza del Presidente della Regione Calabria
del
Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Calabria; Visti gli atti di intervento; Visti tutti gli atti della causa; Relatore
nella camera di consiglio del giorno Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO I – L’iter processuale 1.
– Oggetto dell’odierno giudizio è l’ordinanza del
Presidente della Regione Calabria del Con
tale provvedimento, adottato ai sensi dell’art. 32,
comma In particolare, si controverte della legittimità del punto n. 6, con il quale è stato disposto che, sin dalla data di adozione dell’ordinanza, è consentita, nel territorio della Regione Calabria, la ripresa dell’attività di ristorazione, non solo con consegna a domicilio e con asporto, ma anche mediante servizio al tavolo, purché all’aperto e nel rispetto di determinate precauzioni di carattere igienico sanitario. 2.
– Ad impugnare l’ordinanza, chiedendone
l’annullamento a questo Tribunale Amministrativo Regionale, è stata Ha
resistito 3. – Unitamente al ricorso è stata proposta domanda cautelare di sospensione degli effetti dell’ordinanza, nella parte impugnata, accompagnata dalla richiesta di decreto cautelare monocratico ai sensi dell’art. 56 c.p.a. In
data Esse, nell’interesse generale della giustizia, avuto riguardo oltretutto alla delicatezza dei temi trattati in ricorso, che toccano i rapporti fra Stato e Regioni dal punto di vista dei rispettivi poteri di intervento nell’attuale drammatica fase epidemica in atto, hanno concordato sulla necessità di addivenire in tempi molto brevi a una decisione collegiale, eventualmente anche quale sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a. Pertanto, l’Avvocatura dello Stato ha rinunciato all’istanza di tutela cautelare monocratica ai sensi dell’art. 56 c.p.a.; entrambe le parti hanno rinunciato ai termini a difesa di cui all’art. 55, comma 5 c.p.a. 4.
– È stata dunque fissata la camera di consiglio del 5. – Al giudizio hanno inteso intervenire anche altre amministrazioni. In
particolare, in data In
data In
data In
vista della decisione 6.
– Il ricorso è stato trattato collegialmente
in data
II – Le posizioni delle parti 7.
– 7.1.
– In primo luogo, essa violerebbe gli artt. 2,
comma 1, e 3, comma 1 d.l. Infatti, l’art. 2, comma 1 dell’atto normativo citato attribuisce la competenza ad adottare le misure urgenti per evitare la diffusione del COVID-19 e le ulteriori misure di gestione dell’emergenza al Presidente del Consiglio dei ministri, che provvede con propri decreti previo adempimento degli oneri di consultazione specificati. Per
quel che rileva, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha provveduto con d.P.C.M. del Come visto, l’ordinanza regionale, in contrasto con quanto disposto dal d.P.C.M., ha autorizzato anche la ristorazione con servizio al tavolo. Ma tale intervento integrativo non sarebbe consentito dalla normativa applicabile, in quanto l’art. 3, comma 1 d.l. n. 19 del 2020 prevede che le Regioni possano adottare misure di efficacia locale «nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale», ma tale potere è subordinato a tre condizioni, e cioè che si tratti di interventi destinati a operare nelle more dell’adozione di un nuovo d.P.C.M.; che si tratti di interventi giustificati da «situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario» proprie della Regione interessata; che si tratti di misure «ulteriormente restrittive» delle attività sociali e produttive esercitabili nella regione. Né
l’ordinanza impugnata potrebbe trovare fondamento nell’art. 32, comma 7.2. – Con il secondo motivo di ricorso si deduce che l’ordinanza sarebbe priva di un’adeguata motivazione, non sarebbe stata supportata da una valida istruttoria, sarebbe illogica e irrazionale. In particolare, non emergerebbero condizioni peculiari che giustifichino, nel solo territorio della Regione Calabria, l’abbandono del principio di precauzione; non sarebbe stato adottato un valido metodo scientifico nella valutazione del rischio epidemiologico; si porrebbe a rischio la coerente gestione della crisi epidemiologica da parte del Governo. 7.3. – Infine, l’ordinanza sarebbe viziata da eccesso di potere, evidenziato dalla violazione del principio di leale collaborazione. Invero, l’ordinanza sarebbe stata emessa in assenza di qualunque interlocuzione con il Governo. 8.
– 8.1. – Pregiudizialmente ha dedotto che il ricorso è volto ad assumere che l’ordinanza del Presidente della Regione Calabria invada una sfera di attribuzioni propria del Governo centrale, sottraendogli così la possibilità di esercizio di una propria prerogativa. La controversia assumerebbe, così, un tono costituzionale che attribuirebbe la giurisdizione alla Corte costituzionale, quale giudice dei conflitti di attribuzione ai sensi dell’art. 134 Cost. 8.2.
– Nel merito, l’ordinanza impugnata troverebbe un sicuro
fondamento nell’art. 32, comma Al
contrario, a tali principi non si conformerebbe il d.P.C.M. del Peraltro
lo strumento normativo utilizzato dal Governo (un d.P.C.M.) sarebbe palesemente inadeguato perché 8.3.
– Per altro verso, la regolamentazione dettata
dal Presidente della Regione Calabria non sarebbe in contrasto con il
contenuto del d.P.C.M. del Il ricorso, dunque, non dovrebbe essere esaminato per difetto di interesse. 8.4.
– Infine, l’ordinanza sarebbe supportata da un impianto
motivazionale sufficiente, nel quale si dà atto che l’analisi dei dati
prodotta dal Dipartimento Tutela della Salute e Politiche Sanitarie della
Regione Calabria ha fatto rilevare, alla data del 9. – Gli interventori hanno arricchito il giudizio con le loro deduzioni. 9.1. – Il Comune di Reggio Calabria, invero, ha inteso condividere in tutto i contenuti del ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. 9.2. – Il Comune di Amendolara ha aderito all’eccezione di difetto di giurisdizione di questo giudice amministrativo in favore della Corte costituzionale e ha affermato l’infondatezza dei motivi di ricorso. Ha aggiunto che il d.l. n.19 del 2020, al quale non sarebbe aderente l’ordinanza del Presidente della Regione, sarebbe in contrasto con gli artt. 77, 13, 14, 15, 16, 17 e 41, 117, co. 3 e 120, co. 2, Cost. Partendo dal presupposto che l’ordinamento costituzionale italiano non prevede lo “stato di emergenza”, la normativa in questione sarebbe in contrasto con gli artt. 77, 13, 14, 15, 16, 17 e 41 Cost. in quanto demanderebbe al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di limitare le libertà garantite dalla Costituzione. Peraltro, si tratterebbe di normativa non essenziale per affrontare l’attuale stato di emergenza, in quanto nell’ordinamento sono contemplate diverse ipotesi in cui è consentita l’emanazione di ordinanze contingibili e urgenti per affrontare situazioni urgenti. Sotto altro profilo, il d.l. n.19 del 2020 priverebbe le Regioni della potestà normativa concorrente in materia di salute, prevista dall’art. 117 Cost. e rappresenterebbe esercizio di potere sostitutivo da parte dello Stato non previsto dall’art. 120 Cost. 9.3. – Il Comune di Tropea ha aderito anch’esso all’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione. Ha poi eccepito l’illegittimità costituzionale del d.l. n. 19 del 2020, che rappresenterebbe un indebito esercizio di potere sostitutivo da parte dello Stato in violazione degli artt. 117, comma 5 e 120 Cost., e una violazione dei principi di sussidiarietà e leale cooperazione. Nel
merito, l’ordinanza sarebbe giustificata dall’art. 32, comma L’ordinanza
avrebbe alla base l’analisi dei dati epidemiologici regionali e, a ben
guardare, nemmeno si porrebbe in contrasto con il d.P.C.M. del 9.4. – CODACONS ha argomentato nel senso che la lite, qualificabile in termini di conflitto di attribuzioni, sarebbe devoluta ai sensi dell’art. 134 Cost. alla giurisdizione della Corte costituzionale, cui ha chiesto di trasmettere gli atti. 9.5. – Gli operatori della ristorazione, infine, si sono qualificati in termini di controinteressati e, costituitisi ai sensi dell’art. 28, comma 1, hanno domandato il differimento dell’udienza camerale con assegnazione di termini per poter esercitare correttamente i proprio diritto di difesa. Nel merito, hanno aderito alle tesi difensive della Regione Calabria. 9.6.
– Va infine notato che
III – Le questioni pregiudiziali e preliminari III.1. – La questione di giurisdizione 10. – È opinione del Tribunale di essere dotato di giurisdizione sul ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tale conclusione si basa su tre, concatenate osservazioni. 10.1.
– È innegabile che il provvedimento emanato dal Presidente della
Regione Calabria abbia natura di ordinanza contingibile
e urgente in materia di igiene e sanità, nel quadro
della disciplina dettata dall’art. Si tratta, dunque, di esercizio di potere amministrativo, sul quale il sindacato giurisdizionale è naturalmente attribuito al giudice della funzione pubblica, cioè il giudice amministrativo. 10.2. – Il fatto che le ragioni di illegittimità dedotte da parte ricorrente siano inerenti anche ai confini delle attribuzioni assegnate ai diversi poteri dello Stato non è sufficiente ad attribuire alla controversia un tono costituzionale. In
proposito, si richiama la costante giurisprudenza della Corte costituzionale,
secondo la quale il tono costituzionale del conflitto sussiste quando il
ricorrente non lamenti una lesione qualsiasi, ma una lesione delle proprie
attribuzioni costituzionali (ex plurimis,
Corte cost. È
stato, in particolare, chiarito (da Corte cost. Ebbene,
il ricorso con il quale è stato innescato il sindacato giurisdizionale da
parte di questo Tribunale Amministrativo Regionale fa valere la dedotta
violazione, da parte del Presidente della Regione Calabria, dei limiti che
dalla legge, e in particolare dal d.l. In questa prospettiva, l’atto è giustiziabile d’innanzi al giudice della funzione pubblica, giacché questo giudice non è chiamato a regolare il conflitto sulle attribuzioni costituzionali tra gli Enti coinvolti nella controversia, ma solo a valutare la legittimità, secondo i parametri legislativi indicati nei motivi di ricorso, dell’atto impugnato. 10.3. – In ogni caso, se pure si opinasse che nel caso di specie fosse attivabile, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il conflitto di attribuzione d’innanzi alla Corte costituzionale, ciò non esclude che sia legittimamente esperibile anche la via del ricorso d’innanzi al giudice amministrativo. Secondo
il costante insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr.
Cass. Civ., Sez. Un., Anche
il Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. VI,
III.2 – Le condizioni dell’azione 11.
– Benché 11.1.
– Il Tribunale ritiene, dunque, di dover esplicitare
che sussiste la legittimazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri a
impugnare un’ordinanza ex art. 32, comma 11.2.
– Limitando l’esame ai rapporti tra Stato, Regioni e Province
autonome, e senza alcuna pretesa di esaustività, si rileva che spetta al Presidente
del Consiglio dei Ministri il compito di promuovere e coordinare “l'azione
del Governo per quanto attiene ai rapporti con le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano” (art. 5, comma 3, lett. b) l. Per svolgere tali funzioni, il Presidente si avvale della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 2, comma 2, lett. d) d.lgs. n. 303 del 1999), presso la quale è istituito un Dipartimento per gli Affari regionali (art. 4, comma 2 d.lgs. n. 303 del 1999). Presso
Spetta, infine, al Presidente del Consiglio dei Ministri “promuove le iniziative necessarie per l'ordinato svolgimento dei rapporti tra Stato, regioni e autonomie locali ed assicura l'esercizio coerente e coordinato dei poteri e dei rimedi previsti per i casi di inerzia e di inadempienza” (art. 4, comma 1 d.lgs. n. 303 del 1999). 11.3.
– In sintesi, In altri termini, in capo ad essa si sintetizzano i vari interessi alla cura dei quali le amministrazioni pubbliche, statali, regionali e locali, sono preposte. Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri è attribuito il compito di assicurare l’esercizio coerente e coordinato dei poteri amministrativi; cosicché è logica conseguenza ritenere che ad essa sia assegnato dall’ordinamento anche il potere di agire giudizialmente, in alternativa all’esercizio delle funzioni di controllo e sostitutive previsti dalla Costituzione, laddove l’esercizio dei poteri amministrativi avvenga in maniera disarmonica o addirittura antitetica. 12. – Sussiste anche l’altra condizione dell’azione, invero messa in dubbio dalla difesa della Regione Calabria, e cioè l’interesse ad agire. In
effetti, allo stato risultano in vigore sia
l’ordinanza del Presidente della Regione Calabria oggetto di
impugnativa, sia il d.P.C.M. del Benché sia stato negato in giudizio che il provvedimento regionale sia in contrasto con il d.P.C.M., di cui costituirebbe invece mera specificazione, osserva il Tribunale che il provvedimento impugnato ammette una nuova e diversa eccezione alla sospensione delle attività dei servizi di ristorazione. Dunque, l’ordinanza impugnata ha un contenuto parzialmente difforme dal d.P.C.M., rispetto al quale si pone in posizione di antinomia. Sicché, essendo effettivo ed attuale il contrasto tra i due provvedimenti, sussiste l’interesse all’odierna decisione.
III.3. – Sui controinteressati, gli interventori e la loro posizione processuale 13.
– 13.1. – Tuttavia, è evidente che il provvedimento impugnato ha natura generale, sicché non sono individuabili controinteressati. Infatti,
la figura del controinteressato in senso
formale, peculiare del processo amministrativo, ricorre soltanto nel caso in
cui l'atto sul quale è richiesto il controllo giurisdizionale di legittimità
si riferisca direttamente ed immediatamente a soggetti,
singolarmente individuabili, i quali per effetto di detto atto abbiano già
acquistato una posizione giuridica di vantaggio; per definizione, tale figura
non è ravvisabile nei riguardi dell'atto generale, atteso che esso non
riguarda specifici destinatari, che sia a priori che a posteriori non sono
individuabili (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. VI,
Poiché, dunque, nel caso di specie il terzo destinatario della notifica è sostanzialmente estraneo alla presente controversia, la sua mancata costituzione non impedisce la definizione del giudizio. 13.2. – Le medesime considerazioni valgono con riferimento all’intervento degli operatori del settore della ristorazione. A fronte di un atto amministrativo generale, essi non rivestono ruolo di controinteressati, e il loro intervento, da riqualificare in termini di intervento adesivo ai sensi dell’art. 28, comma 2 c.p.a., non comporta alcuna specifica necessità di salvaguardia dei diritti della difesa, giacché, come infra sarà ricordato, essi debbono accettare lo stato e il grado in cui si trova il giudizio. 14. – Occorre dunque occuparsi degli interventi adesivi spiegati, onde verificarne l’ammissibilità. 14.1. – L’art. 28, comma 2 c.p.a. stabilisce che chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall'esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova. In via generale, si deve osservare che tale norma recepisce una consolidata tradizione pretoria, per cui l'intervento in giudizio va riconosciuto ammissibile anche in presenza di un interesse di mero fatto, dipendente o riflesso rispetto a quello delle parti. Gli
intervenienti, tuttavia, sono tenuti a chiarire nell'atto di
intervento e a dimostrare quale sia l'interesse che intendono tutelare
(cfr. CGA 14.2.
– Quanto all’intervento ad adiuvandum,
è ammesso dalla giurisprudenza più recente anche da parte del cointeressato,
purché non sia decaduto dall'esercizio delle relative azioni e vi abbia
interesse, senza tuttavia potere ampliare il thema
decidendum; l'intervento del cointeressato è,
quindi, ammesso nei limiti della domanda già proposta, in conformità allo
strumento azionato, il quale comporta per l'interveniente di accettare, ex art.
28 comma 2, c.p.a . lo
stato e il grado in cui il giudizio si trova (Cons. Stato, Sez. V, 14.3. – Alla stregua di tali criteri, si deve ritenere ammissibile l’intervento degli Enti locali e degli operatori del settore della ristorazione. Quanto
al Comune di Reggio Calabria, intervenuto ad adiuvandum,
esso ha espressamente dedotto che l’ordinanza di cui si discorre incide
in maniera grave sul diritto alla salute dei cittadini di cui è Ente
esponenziale e che l’auspicato accoglimento del ricorso comporterà un
indiretto ma rilevante vantaggio nei confronti del Comune di Reggio Calabria.
Tanto più che il Sindaco del Comune ha adottato in data Anche
il Comune di Tropea, intervenuto ad opponendum, ha illustrato gli interessi che hanno
animato la sua iniziativa processuale, sebbene questi si pongano in una
prospettiva ribaltata rispetto al Comune di Reggio Calabria. Infatti, il
territorio su cui è costituito l’Ente ha forte vocazione turistica,
sicché la chiusura forzata degli operatori della ristorazione per attenuare i
contagi da COVID- Le medesime considerazioni valgono per il Comune di Amendolara. L’interesse fattuale degli operatori della ristorazione alla conservazione dell’ordinanza regionale impugnata è, dal canto suo, evidentemente individuabile nella possibilità di riprendere le attività imprenditoriali. 14.4. – Al contrario, è inammissibile l’intervento del CODACONS - Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori. In
effetti, esso ha depositato in giudizio il proprio Statuto, da cui si evince
che persegue il fine di «tutelare con ogni mezzo legittimo, ivi compreso
il ricorso allo strumento giudiziario, i diritti e gli interessi dei
consumatori ed utenti […] tale tutela si
realizza nei confronti dei soggetti pubblici e privati, produttori e/o
erogatori di beni e servizi, anche al fine di contribuire ad eliminare le
distorsioni del mercato determinate dalla commissione di abusi e di altre
fattispecie di reati contro Ma non ha specificato quale interesse, sussistente in modo omogeneo in capo agli associati, l’intervento è inteso a tutelare. 15. – Va infine esaminata la sollecitazione della difesa della Regione Calabria affinché il Tribunale differisca l’udienza camerale allo scopo di consentirle di prendere posizione sugli atti di intervento. Ebbene, poiché gli interventi spiegati, siano essi ad adiuvandum o ad opponendum, non hanno condotto a un ampliamento dell’oggetto del giudizio, in nessuno dei suoi aspetti, in quanto un simile ampliamento è vietato dall’ordinamento processuale, non sussiste alcuna lesione del diritto di difesa dell’amministrazione regionale, che ha avuto modo di argomentare su ciascuno dei motivi di ricorso proposti dalla Presidenza del Consigli dei Ministri.
IV – Esame dei motivi di ricorso 16. – Si può finalmente passare all’esame dei motivi di ricorso. Nondimeno, il forte interesse che nell’opinione pubblica ha suscitato l’odierno giudizio giustifica alcune sintetiche considerazioni di carattere generale. Non è compito del giudice amministrativo sostituirsi alle amministrazioni e, dunque, stabilire quale contenuto debbano avere, all’esito del bilanciamento tra i molteplici interessi pubblici o privati in gioco, i provvedimenti amministrativi. Tale
principio, valido in via generale, è da affermare ancora con più forza
quando, come nel caso di specie, il provvedimento amministrativo oggetto di
sindacato sia stato adottato dal vertice politico-amministrativo, dotato di
legittimazione democratica in quanto eletto a
suffragio universale, di una delle Autonomie da cui In questa prospettiva, l’operato dell’Autorità giurisdizionale, in questo caso del giudice amministrativo quale giudice naturale della funzione pubblica, è meramente tecnica, e finalizzata a verificare la conformità del provvedimento oggetto di attenzione al modello legale. 17. – Si è già accennato al § 7.1. al contenuto del d.l. n. 19 del 2020. L’art. 1 prevede, per quel che in questa sede rileva, che, allo scopo di contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID-19, su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso, possono essere adottate una o più misure che, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso, possono prevedere, tra l’altro, la limitazione o sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti. Il successivo art. 2, comma 1, attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di emanare, con d.P.C.M., tali misure. L’art. 3, comma 1 consente alle Regioni di adottare misure di efficacia locale «nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale». Ma ciò è possibile solo a condizione che si tratti di interventi destinati a operare nelle more dell’adozione di un nuovo d.P.C.M.; che si tratti di interventi giustificati da «situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario» proprie della Regione interessata; che si tratti di misure «ulteriormente restrittive» delle attività sociali e produttive esercitabili nella Regione. Il comma 3 dell’art 3, infine, precisa che «le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente». 18. – Il Tribunale ritiene che non ci siano gli estremi per sospendere il giudizio e sollevare d’innanzi alla Corte costituzionale questione di legittimità del decreto legge il cui contenuto è stato illustrato. 18.1.
– Innanzitutto, va ricordato che l’odierna controversia riguarda
esclusivamente la possibilità di svolgere, dal In proposito, si osserva che l’art. 41 Cost., nel riconoscere libertà di iniziativa economica, prevede che essa non possa svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Come noto, non è prevista una riserva di legge in ordine alle prescrizioni da imporre all’imprenditore allo scopo di assicurare che l’iniziativa economica non sia di pregiudizio per la salute pubblica, sicché tali prescrizioni possono essere imposte anche con un atto di natura amministrativa. Non si coglie dunque un contrasto, in particolare nell’attuale situazione di emergenza sanitaria, tra la citata norma costituzionale e una disposizione legislativa che demandi al Presidente del Consiglio dei Ministri di disporre, con provvedimento amministrativo, limitazione o sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti, allo scopo di affrontare l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus COVID-19. Tanto più che, come rivela l’esame dell’art. 1 del d.l. n. 19 del 2020, il contenuto del provvedimento risulta predeterminato («limitazione o sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande (...)»), mentre alla discrezionalità dell’Autorità amministrativa è demandato di individuare l’ampiezza della limitazione in ragione dell’esame epidemiologico. 18.2. – Non vi può essere dubbio che lo Stato rinvenga la competenza legislativa all’adozione del decreto de quo innanzitutto nell’art. 117, comma 2, lett. q) Cost., che gli attribuisce competenza esclusiva in materia di «profilassi internazionale». Ma la competenza legislativa si rinviene anche nel terzo comma del medesimo art. 117 Cost., che attribuisce allo Stato competenza concorrente in materia di «tutela della salute» e «protezione civile». 18.3. – A tale ultimo proposito, occorrono alcune ulteriori osservazioni, che traggono le mosse dal duplice rilievo critico secondo cui l’impianto normativo delineato dal d.l. n. 19 del 2020 comporterebbe un’inammissibile delega al Presidente del Consiglio dei Ministri del potere di restringere le libertà costituzionali dei cittadini e comporterebbe un’alterazione alla ripartizione dei compiti amministrativi delineata dall’art. 118 Cost. Limitando, per evidenti ragioni, il campo dell’analisi alla sola possibilità di limitare o sospendere le attività di somministrazione al pubblico di cibi e bevande, il Tribunale ritiene di dover innanzitutto ribadire quanto già anticipato al § 18.1., e cioè che è la legge a predeterminare il contenuto della restrizione alla libertà di iniziativa economica, demandando ad un atto amministrativo la commisurazione dell’estensione di tale limitazione. Ciò posto, il fatto che la legge abbia attribuito al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di individuare in concreto le misure necessarie ad affrontare un’emergenza sanitaria trova giustificazione nell’art. 118, comma 1 Cost.: il principio di sussidiarietà impone che, trattandosi di emergenza a carattere internazionale, l’individuazione delle misure precauzionali sia operata al livello amministrativo unitario. 18.4. – Ma, una volta accertato che l’individuazione nel Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Autorità che deve individuare le specifiche misure necessarie per affrontare l’emergenza è conforme al principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., deve altresì essere affermato che ciò giustifica l’attrazione in capo allo Stato della competenza legislativa, pur in materie concorrenti quali la «tutela della salute» e la «protezione civile». È
noto, infatti, che Nel caso di specie, conformemente al principio enucleato dalla Corte costituzionale, l’art. 2 d.l. n. 19 del 2020 prevede espressamente che il Presidente del Consiglio dei Ministri adotti i decreti sentiti – anche – i Presidenti delle Regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale. 18.5. – Quanto illustrato ai §§ che precedono esclude che si possa affermare che nel caso di specie siano stati attribuiti all’amministrazione centrale dello Stato poteri sostituitivi non previsti dalla Costituzione. L’art. 120, comma 2 Cost., invero, prevede che «il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali». In
tali casi deve essere seguita la procedura prevista dall’art. Ma, come supra specificato, nel caso di specie non vi è stato un intervento sostitutivo dello Stato, bensì avocazione delle funzioni amministrative in ragione del principio di sussidiarietà, accompagnata dalla chiamata in sussidiarietà della funzione legislativa. 18.6. – Va conclusivamente affermato che le questioni di legittimità costituzionale del d.l. n. 19 del 2020 sollevate appaiono manifestamente infondate, onde non occorre rimetterle alla Corte costituzionale. 19.
– Il d.P.C.M. Esso non può essere oggetto di disapplicazione da parte del giudice amministrativo, essendo piuttosto onere del soggetto interessato promuovere tempestivamente l’azione di annullamento. 20. – Giunti a questo punto, emerge chiaramente l’illegittimità dell’ordinanza del Presidente della Regione Calabria denunciata con il primo motivo di ricorso. Spetta infatti al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus COVID-19, mentre alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall’art. 3, comma 1 d.l. n. 19 del 2020, che però nel caso di specie è indiscusso che non risultino integrati. Né
l’ordinanza di cui si discute potrebbe trovare un fondamento
nell’art. Infatti, come correttamente messo in evidenza dall’Avvocatura dello Stato, i limiti al potere di ordinanza del Presidente della Regione delineati dall’art. 3, comma 1 d.l. n. 19 del 2020 valgono, ai sensi del successivo terzo comma, per tutti gli «atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente». 21. – È fondato, nei limiti di seguito specificati, anche il secondo motivo di ricorso. Invero, l’ordinanza regionale motiva la nuova deroga alla sospensione dell’attività di ristorazione, mediante l’autorizzazione al servizio al tavolo, con il mero riferimento del rilevato valore di replicazione del virus COVID-19, che sarebbe stato misurato in un livello tale da indicare una regressione dell’epidemia. È però ormai fatto notorio che il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto quale quello della Regione Calabria, ma anche da altri elementi, quali l’efficienza e capacità di risposta del sistema sanitario regionale, nonché l’incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate (si pensi, in proposito, alla diminuzione delle limitazioni alla circolazione extraregionale). Non a caso, le restrizioni dovute alla necessità di contenere l’epidemia sono state adottate, e vengono in questa seconda fase rimosse, gradualmente, in modo che si possa misurare, di volta in volta, la curvatura assunta dall’epidemia in conseguenza delle variazioni nella misura delle interazioni sociali. Un tale modus operandi appare senza dubbio coerente con il principio di precauzione, che deve guidare l’operato dei poteri pubblici in un contesto di emergenza sanitaria quale quello in atto, dovuta alla circolazione di un virus, sul cui comportamento non esistono certezze nella stessa comunità scientifica. Si
badi, che detto principio, per cui ogni qual volta non siano conosciuti con
certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione
dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al
consolidamento delle conoscenze scientifiche (cfr. Cons.
Stato, Sez. III, È chiaro che, in un simile contesto, ogni iniziativa volta a modificare le misure di contrasto all’epidemia non possono che essere frutto di un’istruttoria articolata, che nel caso di specie non sussiste. 22. – Va infine rilevata la fondatezza anche dell’ultimo motivo di ricorso. Sul
punto, occorre ricordare come la violazione del principio di leale
collaborazione costituisca elemento sintomatico del vizio dell’eccesso
di potere (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen.
Nel caso di specie, non risulta che l’emanazione dell’ordinanza oggetto di impugnativa sia stata preceduta da qualsivoglia forma di intesa, consultazione o anche solo informazione nei confronti del Governo. Anzi,
il contrasto nei contenuti tra l’ordinanza regionale e il d.P.C.M. 23. – In conclusione, per tutte le ragioni esposte l’ordinanza, nella parte oggetto di impugnativa, deve essere annullata. La novità, la complessità, la delicatezza della tematiche trattate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese e competenze di lite. P.Q.M. Il
Tribunale Amministrativo Regionale per a) dichiara inammissibile l’intervento di CODACONS - Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori; b) accoglie
il ricorso e, per gli effetti, annulla l’ordinanza del Presidente della
Regione Calabria del c) compensa tra le parti le spese e le competenze di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così
deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno |
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