Aggiornamento - Amministrativo |
Corte
costituzionale, sentenza 2 aprile 2014, n. 73 E’ infondata la
questione di legittimità costituzionale – dell’artuicolo 7 del c.p.a.a il
quale dispone che ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica «è ammesso unicamente per le
controversie devolute alla giurisdizione amministrativa». Ritenuto in fatto 1.– Con ordinanza depositata il 20 maggio 2013 e
iscritta al n. 269 del registro ordinanze 2013, il Consiglio di Stato,
sezione prima, nell’esercizio della propria funzione consultiva in sede
di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’art. 7,
comma 8, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione
dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al
governo per il riordino del processo amministrativo), per violazione del
combinato disposto degli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione. 1.1.– Il collegio rimettente riferisce che un
dipendente regionale ha impugnato, con ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica, le determinazioni dirigenziali relative a
una procedura selettiva per mobilità interna, contestando
l’attribuzione del posto alla vincitrice controinteressata,
asseritamente disposta in violazione di legge ed eccesso di potere sotto
svariati profili. Il collegio a quo espone, inoltre, che la relazione
ministeriale ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso in ragione della disposizione censurata, a mente della quale «il
ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla
giurisdizione amministrativa». Ad avviso del Consiglio di Stato, il proposto ricorso straordinario
riguarda, in effetti, una controversia in tema di rapporto di lavoro pubblico
contrattualizzato, che spetta alla cognizione della giurisdizione ordinaria.
Il giudice a quo rammenta che, fino all’entrata in vigore della
disposizione censurata, ciò non avrebbe escluso l’ammissibilità del
ricorso straordinario, considerato quale rimedio concorrente, anziché
alternativo, con la tutela giurisdizionale ordinaria. La disposizione del
codice del processo amministrativo oggetto di censura, tuttavia, modificando
il sistema e facendo divenire la giurisdizione
amministrativa presupposto di ammissibilità del ricorso straordinario,
imporrebbe, nella fattispecie sottoposta al parere del Consiglio di Stato, la
dichiarazione di inammissibilità del ricorso straordinario per difetto di
giurisdizione. Il collegio rimettente, tuttavia, dubita della legittimità
costituzionale del citato art. 7, comma 8, del
d.lgs. n. 104 del 1.2.– In punto di rilevanza, il Consiglio di Stato
osserva che la questione costituisce «argomento pregiudiziale
incidente proprio sulla norma che la priva della potestas iudicandi» e
dalla quale «non è dato prescindere nella presente controversia» essendo essa
«decisiva per la prosecuzione dell’affare e la sua definizione nel
merito in sede consultiva». 1.3.– Relativamente alla
non manifesta infondatezza, il collegio rimettente rileva come una
«innovazione legislativa, che importa una revisione così sostanziale
nell’ambito del sistema del ricorso straordinario, quale prefigurato
dal legislatore sin dall’origine e configurato da una secolare
giurisprudenza non solo amministrativa stabilizzata a “diritto
vivente”», sia stata «introdotta con una decretazione legislativa, in
mancanza di alcun esplicito riferimento nella legge delega al particolare
“oggetto” in discorso». La disposizione censurata è infatti intervenuta – ad avviso del collegio a quo
– senza che la legge delega recasse una «diretta prescrizione con
riguardo alle attribuzioni del Consiglio di Stato in sede di adozione di
parere su ricorso straordinario», in una materia «non contemplata come
oggetto della delega». Il Consiglio di Stato, rammentando anche la
giurisprudenza di questa Corte sulla necessità di ricostruire il significato
dei principi e criteri direttivi tenendo conto del complessivo contesto normativo e delle finalità che ispirano la
delega, osserva che le disposizioni dettate dalla legge delega (art. 44 della
legge n. 69 del 2009) riguardano soltanto il riordino del «processo
amministrativo», mentre non contengono alcuna «proposizione espressa o
implicita riferibile al ricorso straordinario». Aggiunge
ancora il collegio rimettente che la disposizione censurata, volta a
limitare l’ambito di applicazione del ricorso straordinario, è stata
introdotta in accoglimento di un parere formulato dalle competenti
commissioni parlamentari sulla scorta di una motivazione –
l’obiettivo di «una più rapida definizione del processo» – che
tuttavia è intimamente contraddittoria, attesa la «funzione deflattiva
propria del ricorso straordinario». L’analisi puntuale delle
disposizioni dell’art. 44 della legge n. 69
del 2009, sulla cui base è stato approvato il decreto in cui si colloca la
norma censurata, induce quindi l’autorità rimettente a ritenere che
l’oggetto della delega fosse «circoscritto al coordinamento e al
riassetto del settore logico-sistematico della giurisdizione amministrativa»,
non essendo invece rinvenibile «alcun cenno alla disciplina del ricorso
straordinario». Ad avviso del Consiglio di Stato, ciò risulterebbe
ulteriormente confermato dalla circostanza che la materia del ricorso
straordinario è separatamente disciplinata in altro articolo (art. 69) della
medesima legge n. 69 del 2009, intitolato «Rimedi giustiziali contro la
pubblica amministrazione». Il legislatore avrebbe dunque inteso mantenere
separate le distinte materie regolate, rispettivamente, dall’art. 44 e dall’art. 69 della legge n. 69 del 2009, con la
conseguenza che la ratio della delega prevista dalla prima disposizione «era
quella di riordinare e riassettare la giustizia amministrativa, non quella di
riformulare l’ambito del ricorso straordinario», in ordine al quale
«non si rinviene e non può rinvenirsi alcun espresso principio e criterio
direttivo». 2.– Con atto depositato in cancelleria il 7 gennaio
2014, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio,
chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata
manifestamente infondata. 2.1.– La difesa dello Stato ricorda innanzitutto
come, secondo l’orientamento giurisprudenziale tradizionale, il ricorso
straordinario fosse ammissibile anche nelle controversie devolute alla
giurisdizione ordinaria, nelle quali tuttavia il
giudice civile poteva disapplicare la decisione del ricorso, avente natura
amministrativa. Tale assetto, secondo l’Avvocatura generale dello
Stato, per un verso, incideva negativamente «sul piano organizzativo e sulla
rapidità della definizione delle questioni rientranti nelle competenze del
Consiglio di Stato»; per altro verso, «impediva una corretta qualificazione
dell’istituto», in quanto la disapplicabilità
della decisione straordinaria da parte del giudice civile impediva di
qualificarla come pronuncia giurisdizionale ed escludeva quindi la
proponibilità del giudizio di ottemperanza. La legge n. 69 del 2009, nella
ricostruzione proposta dalla difesa statale, ha inteso superare le incertezze
sulla natura del ricorso straordinario, qualificandolo a tutti gli effetti
come rimedio giurisdizionale. A tal fine, il legislatore ha riformato il
procedimento del ricorso straordinario eliminando l’elemento ritenuto
da questa Corte (sentenza n. 254 del 2004) decisivo per affermarne la natura
amministrativa, cioè la facoltà del Consiglio dei ministri
di disattendere il parere obbligatorio del Consiglio di Stato. Divenuto
quest’ultimo vincolante, oltre che obbligatorio, il rimedio del ricorso
straordinario, ad avviso della difesa statale, ha definitivamente acquisito
natura giurisdizionale. La norma censurata costituisce, secondo
l’Avvocatura generale dello Stato, «una logica conseguenza di questa
innovazione normativa». Se, infatti, il ricorso straordinario, divenuto
rimedio giurisdizionale, fosse esperibile anche nelle controversie devolute
al giudice ordinario, occorrerebbe «ritenere l’autorità giurisdizionale
ordinaria vincolata al contenuto della decisione (giurisdizionale) del
ricorso straordinario, determinando una situazione di inammissibile
interferenza tra le giurisdizioni». Di conseguenza, ad avviso della difesa
statale, la norma censurata, nella misura in cui costituisce «una conseguenza
logica necessitata della mutata natura del mezzo del
ricorso straordinario», deve ritenersi «come tale legittima», anche «a
prescindere dalla sussistenza di qualunque specifico criterio o principio di
delega». Peraltro, l’Avvocatura generale dello Stato osserva
anche che la disposizione censurata è coerente con la ratio di una delega che
è formulata in termini molto ampi e, in particolare, risponde sia al criterio
della «concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire
la ragionevole durata del processo» (art. 44, comma 2,
lettera a), sia al criterio del «riordino delle norme sulla giurisdizione del
giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni» (art. 44,
comma 2, lettera b, numero 1). Considerato in diritto 1.– Il Consiglio di Stato, sezione prima,
nell’esercizio della propria funzione consultiva in sede di ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 7, comma
8, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione
dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al
governo per il riordino del processo amministrativo), per violazione del
combinato disposto degli articoli 76 e 77, primo comma, della Costituzione. Ad avviso del collegio rimettente, la disposizione
censurata, secondo cui il ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica «è ammesso unicamente per le controversie devolute alla
giurisdizione amministrativa», avrebbe determinato un effetto innovativo in
una materia estranea all’oggetto della delega di mero riordino sulla
cui base è stata adottata. 2.– Preliminarmente, deve riconoscersi la
legittimazione del Consiglio di Stato a sollevare questioni di legittimità costituzionale in sede di parere sul ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica. Come già affermato da questa Corte ai fini
dell’ammissibilità di questioni di legittimità costituzionale sollevate
dal Consiglio di giustizia amministrativa per Tale disposizione, contenuta in una legge ordinaria, è
coerente con i criteri posti dall’art. 1 della
legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, ai sensi del quale la questione
di legittimità costituzionale deve essere rilevata o sollevata «nel corso di un
giudizio» e deve essere ritenuta non manifestamente infondata da parte di un
«giudice». L’istituto del ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica, cui questa Corte in passato aveva riconosciuto natura
amministrativa, soprattutto in ragione della facoltà del Consiglio
dei ministri di adottare una decisione difforme dal parere del
Consiglio di Stato (sentenza n. 254 del 2004), è stato di recente oggetto di
importanti interventi legislativi. Tra questi rileva, in particolare,
l’art. 69, secondo comma, della legge n. 69
del 2009, che, modificando l’art. 14 del d.P.R. n. 1199 del 3.– Nel merito, la questione non è fondata. 3.1.– Va innanzitutto escluso che la disposizione
censurata si riferisca ad un oggetto estraneo alla
delega per il «riassetto della disciplina del processo amministrativo»,
contenuta nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009. Questa tesi,
sostenuta dal collegio rimettente, non considera che la medesima legge n. 69 del 2009, come rilevato, ha profondamente
modificato la disciplina del ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica, rendendo vincolante il parere del Consiglio di Stato e
consentendo che in tale sede vengano sollevate questioni di legittimità
costituzionale. Per effetto di queste modifiche, l’istituto ha perduto
la propria connotazione puramente amministrativa ed ha assunto la qualità di
rimedio giustiziale amministrativo, con caratteristiche strutturali e
funzionali in parte assimilabili a quelle tipiche del processo
amministrativo. La disposizione censurata, perciò, è intesa a coordinare i
rapporti fra la giurisdizione amministrativa e l’ambito di applicazione
di un rimedio giustiziale attratto per alcuni profili nell’orbita della
giurisdizione amministrativa medesima, in quanto
metodo alternativo di risoluzione di conflitti, pur senza possederne tutte le
caratteristiche. Essa, dunque, non può considerarsi al di fuori
dell’oggetto della delega sul riassetto del
processo amministrativo, la quale include, fra l’altro, il riordino
delle norme vigenti «sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche
rispetto alle altre giurisdizioni». 3.2.– Né può ritenersi che la norma censurata
produca un effetto innovativo incompatibile con la natura della delega di cui
all’art. 44 della legge n. 69 del 2009. Essa
– come ha precisato questa Corte – autorizza l’esercizio di
poteri innovativi della normazione vigente a condizione che siano
«strettamente necessari in rapporto alla finalità di ricomposizione sistematica
perseguita con l’operazione di riordino o riassetto» (sentenza n. 162
del 2012). L’esperibilità del ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica anche per controversie devolute alla giurisdizione del giudice
ordinario, in regime di concorrenza e non di alternatività con tale
giurisdizione, si basa su una risalente tradizione interpretativa,
consolidatasi, praeter legem, nel presupposto della natura amministrativa del
rimedio; in virtù di tale natura, al giudice ordinario era sempre consentito
disapplicare la decisione sul ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica. La legge n. 69 del 2009, modificando la disciplina del
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nel senso che si è in
precedenza illustrato, ha fatto venir meno quel presupposto, su cui si
fondava il regime di concorrenza fra tale rimedio amministrativo e il ricorso
dinanzi all’autorità giurisdizionale ordinaria. Nel nuovo contesto, simile concorrenza si trasformerebbe, come ha
rilevato la difesa dello Stato, in una inammissibile sovrapposizione fra un
rimedio giurisdizionale ordinario e un rimedio giustiziale amministrativo,
che è a sua volta alternativo al rimedio giurisdizionale amministrativo e ne
ricalca solo alcuni tratti strutturali e funzionali. Per risolvere questa anomalia, la disposizione censurata, superando
l’assetto consolidatosi in via interpretativa, ha limitato
l’ammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica alle sole controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.
Tale soluzione, che avrebbe potuto ricavarsi dal sistema, è comunque la
conseguenza logica di una scelta – la traslazione del suddetto ricorso
straordinario dall’area dei ricorsi
amministrativi a quella dei rimedi giustiziali – che è stata compiuta
dalla legge n. 69 del 2009. Sotto tale profilo, la norma censurata risponde,
quindi, ad una evidente finalità di ricomposizione
sistematica, compatibile con la qualificazione di delega di riordino o
riassetto normativo propria dell’art. 44 della legge n. 69 del 2009. 3.3.– Deve pertanto dichiararsi non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 7,
comma 8, del d.lgs. n. 104 del 2010, sollevata dal Consiglio di Stato in
riferimento al combinato disposto degli articoli 76 e 77, primo comma, Cost. Per Questi Motivi dichiara non fondata la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, del decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della
legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del
processo amministrativo), sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo
comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione prima, con
l’ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2014. F.to: Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2014.
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