Aggiornamento - Amministrativo |
Cds Spetta al GA la responsabilità pre contrattuale alle azioni a titolo di responsabilità precontrattuale proposte dalla P.A. nei confronti delle controparti private, per condotte scorrette nella fase delle trattative (fattispecie in cui in sede di verifica della dichiarazione sostitutiva cumulativa prevista dall’art. 32 del capitolato speciale d’appalto emergeva che il suo procuratore speciale, signor -OMISSIS-, era stato condannato in applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. per reati di natura finanziaria) NDR sussiste un contrasto interpretativo in punto di
giurisdizione ( Cass. Sez. Un., Presupposti della responsabilità e danno risarcibile il danno: risarcibile è quello
conseguente alle spese di indizione di una nuova
gara (se non vi sono stati altri partecipanti), ovvero quello conseguente ai
maggiori esborsi di denaro, conseguenti alla aggiudicazione disposta in base
allo “scorrimento” Consiglio di Stato, sez. II – sentenza FATTO 1. Il -OMISSIS- ha annullato, con
determinazione dell’ 3. L’andamento ondivago delle vicende cautelari
all’interno del richiamato contenzioso, consentiva al
-OMISSIS- di stipulare il contratto di appalto con la a.t.i.
-OMISSIS- in data 4. Con ricorso n.r.g. -OMISSIS-il Comune adiva nuovamente il T.A.R. -OMISSIS-per sentire condannare 5. Il T.A.R. per-OMISSIS-, respingeva il ricorso, compensando le spese di giudizio. Il pregiudiziale giudicato amministrativo riveniente dalla sentenza del Consiglio di Stato n.-OMISSIS-si è limitato a sancire la legittimità dell’esclusione dalla gara della Società per difetto del requisito della moralità professionale, ma nulla ha detto circa la natura non veridica delle dichiarazioni di parte. La necessità di ricondurre comunque la clausola contrattuale invocata nel paradigma dell’illecito civile avrebbe richiesto la prova della colpa nella condotta della parte, insussistente nel caso di specie, stante che le omissioni dichiarative del procuratore della Società attenevano ad una condanna, sulla cui rilevanza, con riferimento alla sua attività di attuale rappresentanza della stessa, sussistevano all’epoca tali dubbi interpretativi da aver indotto lo stesso T.A.R., con la sentenza n. -OMISSIS-, a ritenere illegittimo l’annullamento dell’aggiudicazione. 6. Avverso tale sentenza ha proposto appello il -OMISSIS- contestandone la correttezza in fatto e in diritto con tre articolate censure: I) la sentenza del Consiglio di Stato n. 3241 del II) non sarebbe corretto estendere ad un privato l’esimente del contrasto interpretativo sull’effettiva portata di una norma, valida per “scriminare” la condotta delle pubbliche amministrazioni. Non vi era peraltro alcuna incertezza sulla circostanza che la falsità delle dichiarazioni rileva ex se, e non in ragione dell’elemento psicologico che la sorregge; III) l’art. 39 del capitolato,
costituente lex specialis della
gara, commisura il risarcimento del danno al maggior esborso sostenuto dal
Comune a causa dell’annullamento, ovvero, nel caso di specie, al
superiore prezzo unitario dei pasti contenuto nell’offerta del nuovo
aggiudicatario, secondo in graduatoria (euro 4,11, anziché euro 3,61). Da qui
la quantificazione del danno nella somma di euro 377.856,52, oltre IVA,
calcolata dalla data di inizio del servizio ( 7. Si è costituita in giudizio 8. Il -OMISSIS- ha altresì
depositato memoria di replica in data 9. Alla camera di consiglio del DIRITTO 10. Preliminarmente il Collegio ritiene di dovere
scrutinare l’eccezione di inammissibilità
della memoria di replica del 11. Nel merito, l’appello si palesa infondato. 12. Va premesso che
la possibilità di agire in giudizio a tutela dei propri diritti soggettivi in
ambiti di giurisdizione esclusiva da parte della p.a. è stata da sempre
riconosciuta dal giudice amministrativo, avuto riguardo in particolare alle
azioni a titolo di responsabilità precontrattuale proposte nei confronti
delle controparti private, per condotte scorrette nella fase delle
trattative. A favore della riconosciuta bilateralità direzionale delle tutele
milita in primo luogo il principio di concentrazione delle stesse, che
avrebbe reso irrazionale ed antieconomico non
trattare unitariamente la domanda riconvenzionale di un’amministrazione
verso il privato che l’abbia evocata in giudizio innanzi al giudice
amministrativo, con l’evidente rischio anche di contrasto di giudicati (Cons.
Stato, sez. VI, 13. Afferma il primo giudice che al fine di dirimere una controversia che veda quale parte attrice l’Amministrazione, anziché il privato, debbano comunque essere utilizzate le categorie concettuali elaborate dalla giurisprudenza “a parti rovesciate”. L’assunto merita condivisione, in un’accezione ancora più estesa del semplice riferimento alla rilevata operatività a discolpa (anche) del privato della “esimente” della «obiettiva situazione di incertezza circa le corrette determinazioni (pubblicistiche) da assumere» (§ 4.5 della sentenza impugnata). Si pone pertanto l’esigenza di individuare la cornice ordinamentale nella quale collocare la fattispecie, onde ricostruirne i postulati, salvo adattarli al fatto del richiamato ribaltamento di prospettiva. Collocazione che, come meglio chiarito nel prosieguo, riporta la vicenda proprio nell’alveo della responsabilità precontrattuale, tipico scenario risarcitorio della pubblica amministrazione nei confronti della controparte privata. Rileva ancora il Collegio come occorra allo scopo focalizzare attentamente la peculiarità della vicenda, non circoscritta solo alla richiamata inversione di ruolo tra le parti pubblica e privata rispetto al tradizionale schema risarcitorio in ambito pubblicistico, ma connotata anche dalla circostanza che l’evento causale del danno non viene individuato in un comportamento –recte, non viene individuato “direttamente” in un comportamento- , bensì in un provvedimento, per rimediare alla illegittimità del quale l’Amministrazione sceglie di esercitare il proprio potere di autotutela. Attraverso un meccanismo sussumibile al noto brocardo latino del causa causae est causa causati, cioè, l’Amministrazione accolla le conseguenze della propria scelta al privato che con il suo comportamento avrebbe determinato il vizio dell’atto, attingendo nella quantificazione del danno subito alle indicazioni cristallizzate nell’art. 39 del capitolato di gara. L’aggiudicazione, cioè, sarebbe stata inficiata di falso per induzione, volendo mutuare efficace terminologia penalistica al riguardo, non potendo le conseguenze del ripristino della legalità lesa non ricadere sull’autore della condotta illecita. Ricostruzione, tuttavia, che pretermette di dare rilievo al fatto che è stata necessaria una complessa istruttoria interna, supportata dal parere di un legale, nonché l’esito di uno specifico contenzioso, per chiarire in maniera inconfutabile l’esatta portata dei presupposti morali la cui consistenza il procuratore della Società avrebbe dovuto invece conoscere da subito in tale ricostruita accezione. 14. Il dibattito sulla responsabilità riveniente dalla non
corretta gestione della dinamica relazionale nella contrattualistica pubblica
ha costituito da tempo l’ambito più fertile di
sviluppo della teorica di un sistema di diritto comune che attingendo ai
principi civilistici ne mutua l’essenza al fine di ampliare la soglia
della risarcibilità ed elevare il livello di collaborazione richiesto alla
pubblica amministrazione, seppur senza rinunciare alle prerogative del
proprio potere autoritativo. La commistione tra
regole pubblicistiche e regole privatistiche che ne connota la disciplina,
infatti, sì da renderle operanti non in sequenza temporale, ma in maniera
contemporanea e sinergica, sia pure con diverso oggetto e con diverse
conseguenze in caso di rispettiva violazione, ben giustificano
l’approccio osmotico a categorie concettuali tipiche del diritto
privato da parte dei titolari di pubblici poteri (cfr. sul punto Cons. Stato,
sez. II, Va ricordato altresì come la differenza tra violazione delle regole pubblicistiche e civilistiche risiede nel fatto che la prima, in quanto riferita all’esercizio diretto ed immediato del potere, impatta sul provvedimento, determinandone, di regola, l’invalidità; l’altra, invece, si riferisce al comportamento, seppur collegato in via indiretta e mediata all’esercizio del potere, complessivamente tenuto dalla stazione appaltante o dall’amministrazione aggiudicatrice nel corso della gara e la loro violazione genera non invalidità provvedimentale, ma responsabilità. Il che non può non valere anche con riferimento alla condotta del privato, seppure a sua volta destinata a confluire in atti dell’Amministrazione. Essa, dunque, va egualmente valutata alla stregua della rispondenza ai richiamati canoni di correttezza comportamentale, non potendo certo porsi sullo stesso piano un errore o una dimenticanza o, come nel caso di specie, una scelta determinata da errore di diritto scusabile, e un’altra, consapevolmente volta invece a trarre in inganno il contraente pubblico. Diversamente opinando, si arriverebbe al paradosso di “punire” con maggior rigore la condotta che abbia inciso in via “mediata” su un provvedimento, rispetto a quella ascrivibile direttamente al funzionario preposto ad esprimere la volontà dell’Amministrazione, la cui responsabilità, espressamente evocata in caso di annullamento d’ufficio dal portato testuale del comma 1 dell’art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990, rientra comunque nella normale perimetrazione della colpevolezza. 15. Il paradigma cui
ascrivere la fattispecie, dunque, quanto meno in
termini astratti, è quello della responsabilità precontrattuale, collocandosi
il comportamento che ha causato l’evento dannoso nella fase antecedente
la stipula del contratto pubblico, nella quale il Comune, prima ancora
che L’aggiudicazione definitiva, infatti, pur integrando
il momento di cesura tra una generica aspettativa di
buon esito della gara, più o meno rafforzata dalla tipologia dei contatti
intercorsi, e una specifica connotazione soggettiva quale “vincitore”
della procedura ad evidenza pubblica, attiene
ancora tuttavia al piano delle “trattative”, di cui
costituisce il massimo punto espressivo, al di là del quale nasce il
sinallagma contrattuale e gli obblighi tra le parti si connotano della vicendevolezza riconducibile allo stesso. Il suo
annullamento, quindi, eliminando tale diaframma formale fra la fase delle
trattative e la fase della stipula del contratto e
della susseguente esecuzione della prestazione, fa sostanzialmente retroagire
i rapporti tra le parti alla prima di esse, ivi collocando la necessaria
valutazione del comportamento del privato. Esso, cioè, rileva quale
epifenomeno della condotta causativa del vizio, per cui pur essendo la
relativa scelta da attribuire materialmente al
-OMISSIS-, ne dovrebbe rispondere 16. Come ben evidenziato nei più recenti arresti della
giurisprudenza in materia (v. Cons. Stato, A.P., E’ evidente che la relativa dizione non può non subire aggiustamenti ove riguardata dall’angolazione dell’Amministrazione aggiudicatrice, che in quanto chiamata a muoversi (anche) all’interno di un quadro procedimentale rigorosamente predeterminato fin dalla fase della scelta del contraente, non gode certo della medesima “libertà di autodeterminazione”, se non nel senso della tutela dell’affidamento riposto nel buon esito delle procedure, scongiurando fattori di indebito procrastinamento della definizione delle stesse e conseguentemente dell’interesse pubblico sotteso all’attivazione della procedura concorsuale. Affinché, tuttavia, tale generica aspettativa di buon esito intrinseca all’esercizio di qualsivoglia funzione pubblica, venga attinta dal comportamento del privato è necessario che quest’ultimo abbia colpevolmente orientato le scelte (sbagliate) dell’Amministrazione. 17. Il risarcimento
del danno non è una conseguenza automatica dell’annullamento
giurisdizionale dell’aggiudicazione, richiedendosi la positiva verifica
di tutti i requisiti previsti, e cioè la lesione della situazione soggettiva
tutelata, la colpa dell’Amministrazione, l’esistenza di un danno
patrimoniale e la sussistenza di un nesso causale tra l’illecito e il
danno subito. Affinché nasca la responsabilità
dell’amministrazione non è sufficiente, dunque, che il privato dimostri
la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un
affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha
fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose).
Gli ulteriori presupposti necessari a fondare la
responsabilità dell’Amministrazione sono stati da ultimo analiticamente
enunciati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (cfr.
ancora A.P. n. 5 del 2018, cit. supra).
E’ pertanto necessario: a) che
l’affidamento incolpevole risulti leso da una
condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine
sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria
ai doveri di correttezza e di lealtà; b) che tale
oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente
imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo; c) che il privato
provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione
negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa
delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti
di causalità rispetto alla condotta scorretta che si imputa
all’amministrazione. «Occorre, dunque, che dimostri che il
comportamento scorretto dell’amministrazione ha rappresentato, secondo
la logica civilistica del “più probabile che non”, la condicio sine qua non della
scelta negoziale rivelatasi dannosa e, quindi, del pregiudizio economico di
cui chiede il risarcimento. In altri termini, il privato deve fornire la
prova che quelle scelte negoziali non sarebbero state compiute
ove l’amministrazione si fosse comportata correttamente» (v. ancora
Cons. Stato, A.P., n. 5 del 2018). 18. Se così è, dunque, mutatis mutandis,
oltre a dover valutare l’effettiva inescusabilità
del comportamento reticente tenuto dalla Società nel rendere le dichiarazioni
propedeutiche alla partecipazione alla gara, occorre esaminarne anche il
profilo di incidenza sulle scelte del -OMISSIS-. In termini di ordine logico,
ciò implica lo scrutinio se Tale richiamo, evidentemente non direttamente pertinente, appare tuttavia utile a chiarire l’equivoco di fondo su cui poggia la tesi dell’avvocatura civica, laddove identifica la nozione di declaratoria obiettivamente non veridica con quella di declaratoria falsa, intendendosi per tale non necessariamente, in questo ambito, quella coperta da giudicato penale, ma quanto meno riconducibile ad una condotta volutamente omertosa, nella consapevolezza dell’esistenza di una circostanza che al contrario avrebbe dovuto essere estrinsecata. Consapevolezza di cui non è prova nell’odierna controversia. Al contrario, rileva ancora il Collegio, l’annullamento dell’aggiudicazione non è conseguito a tale falsità, bensì alla ritenuta mancanza dei requisiti di partecipazione alla gara. Circostanza questa non addebitabile alla Società che, al contrario, era talmente convinta della bontà degli stessi da essersi opposta da ultimo perfino con giudizio in Cassazione all’annullamento dell’aggiudicazione conseguitone. 19. L’art. 12 del d.lgs. Il procuratore speciale della Società ha dichiarato di essere in possesso dei requisiti morali per partecipare alla gara, ovvero, riguardando alla medesima dichiarazione dalla prospettiva inversa, ha omesso di indicare di avere patteggiato una condanna per reato finanziario ascrittogli nella precedente qualità di Presidente di una cooperativa di pulizie. I dubbi interpretativi all’epoca esistenti, ed incontestati tra le parti, attenevano sia al ruolo dallo stesso rivestito all’interno della Società, sia al fatto che i reati egualmente erano stati commessi con riferimento ad analogo ruolo di rappresentanza di altro Ente, cui pertanto dovevano essere ascritti, sia alla portata del patteggiamento intervenuto in epoca antecedente l’introduzione della disposizione di legge che ne prevedeva comunque la rilevanza, sia, infine, all’avvenuta decriminalizzazione medio tempore della relativa fattispecie di reato. Non è chi non veda come fosse del tutto plausibile la circostanza che la condanna de qua non sia stata resa nota in quanto non ritenuta rilevante, tesi peraltro ribadita dalla Società per difendere la legittimità dell’aggiudicazione, assai prima che si profilasse l’odierna controversia risarcitoria. 20. Con riferimento alla -in
verità assai diversa- formulazione testuale dell’attuale disciplina dei
requisiti morali riveniente in particolare dalla lett. c) ed f bis)
del comma 5 dell’art. 80 del d.lgs. 21. Il primo giudice ha limitato la portata del giudicato riveniente dalla sentenza del Consiglio di Stato del 2003, di conferma della legittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione alla sola riscontrata assenza dei requisiti morali nella Società, in quanto mancanti nel suo procuratore speciale. Nessun riferimento, invece, è ivi contenuto alla valenza della falsità della dichiarazione di possesso dei medesimi requisiti. Non è pertanto possibile inferirne la rilevanza in maniera implicita, siccome pretenderebbe parte appellante. Un conto è, infatti, declinare una lettura della normativa vigente indicando i soggetti che devono possedere i requisiti e la tipologia di reati che ne escludono la sussistenza, altro stigmatizzare come “falsa” la diversa lettura datane dalla Società. In sintesi, l’annullamento della aggiudicazione è stato correttamente effettuato in quanto il procuratore speciale era « persona dotata, proprio in relazione al settore dell’attività aziendale corrispondente all’oggetto dell’appalto, di tutti i poteri necessari per partecipare alle gare pubbliche e per stipulare i relativi contratti in nome e per conto della società rappresentata, vale a dire per instaurare con l’Amministrazione appaltante esattamente quei rapporti – partecipazione alla gara, stipulazione ed esecuzione del contratto – che la norma in esame, come s’è detto, intende in particolare evitare» e come tale avrebbe dovuto possedere i previsti requisiti morali, la cui portata è stata egualmente precisata dal giudice. Non in quanto lo stesso si era reso “gravemente colpevole di false dichiarazioni”, siccome richiesto dalla normativa dell’epoca. 22. Che il quadro non fosse così chiaro è d’altro
canto prova per tabulas nella
formulazione letterale dello stesso provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione n. 28 dell’ Va infine ricordato, quale ulteriore
fattore di confusione, come al momento della dichiarazione effettuata nella
gara in oggetto, i reati finanziari imputati al procuratore della Società non
erano più tali, in quanto depenalizzati dal d.lgs. 23. Resta infine da dire della portata dell’art. 39 del capitolato di gara che, contemplando espressamente l’ipotesi di dichiarazioni non veritiere, ne codificherebbe la rilevanza ex se, a prescindere da ulteriori verifiche sugli elementi costitutivi dell’illecito civile. Il Collegio osserva preliminarmente come la norma si collochi nell’alveo delle tutele che l’ordinamento si è da sempre preoccupato di approntare per cauterizzare i possibili comportamenti scorretti successivi all’aggiudicazione, tali da procrastinare indebitamente la stipula del contratto e, quindi, la esecuzione della prestazione. Non a caso, infatti, la relativa rubrica fa riferimento a tale specifica fase, preoccupandosi, nei commi precedenti a quello in contestazione, di declinare in positivo gli adempimenti dell’impresa aggiudicataria in vista della stipulazione del contratto. Essa, dunque, pare replicare il modello già previsto nel
sistema della legge sulla contabilità di Stato (regio decreto Con la legge n. 348 del 1982 (poi trasfusa nella legge n. 109 del 94) si consentì ai partecipanti alle gare di non depositare somme a titolo di cauzione, ma di produrre “polizze fideiussorie”. Infine, l’art. 75 del codice n. 163 del 2006 e l’art. 93 del codice n. 50 del 2016 hanno disposto la presentazione di “garanzie a prima richiesta” (commisurate in percentuale fissa al prezzo di gara e aventi anch’esse una funzione di garanzia), che attribuiscono alla stazione appaltante una “tutela rafforzata”, cioè il potere di disporre l’escussione dell’importo previsto, per il caso in cui l’aggiudicatario non intenda stipulare il contratto. In pratica, al fine di consentire alla stazione appaltante la più rapida soddisfazione nel caso di mancata stipula del contratto, si è a seconda dei casi previsto o l’incameramento della cauzione, nel sistema della legge di contabilità di Stato, o la richiesta di pagamento “a prima richiesta” al garante, nel sistema a base dei codici del 2006 e del 2016. Pertanto, già nel
vigore della legge sulla contabilità di Stato si è consolidato nella
giurisprudenza un principio generale, per il quale quando
l’aggiudicatario di una gara pubblica senza giustificazione non stipula
il contratto non rilevano le discussioni concernenti
la natura della sua responsabilità: il danno risarcibile è quello conseguente
alle spese di indizione di una nuova gara (se non vi sono stati altri
partecipanti), ovvero quello conseguente ai maggiori esborsi di denaro,
conseguenti alla aggiudicazione disposta in base allo
“scorrimento” (Cons. Stato, sez. III, Tali rimedi preventivi si fondano sul principio indiscusso
-basato anche sul buon senso – della risarcibilità del danno prodotto
dal partecipante che rifiuti senza motivo di stipulare il contratto, con ciò
solo violando inconfutabilmente i principi di buona fede e di correttezza (v.
anche Cass., Sez. Un., L’art. 39 del capitolato “allarga” le maglie di tali previsioni generali, tentando di codificare tutti i possibili comportamenti ostativi alla stipulazione, in assenza della quale la sottesa aggiudicazione deve essere necessariamente caducata, includendovi anche la “non veridicità delle dichiarazioni rilasciate”. L’annullamento dell’aggiudicazione, cioè, nel meccanismo ivi delineato, si configura più propriamente come una revoca, resa necessaria dall’esigenza di azzerare anche formalmente il procedimento destinato a non trovare uno sbocco fisiologico nel contratto a causa del comportamento del contraente privato, con ciò giustificando sostanzialmente il recesso unilaterale del Comune dalle trattative. Nel caso di specie, invece, l’accertamento della sussistenza delle cause ostative alla partecipazione alla gara ha determinato ridetto annullamento e a cagione di ciò non si è addivenuti alla stipula del contratto. Si è pertanto al di fuori del perimetro operativo della disposizione. Ma quand’anche si volesse aderire alla tesi della difesa civica che pretenderebbe di dare rilievo oggettivo alla circostanza della non veridicità delle dichiarazioni rese ex se, una corretta lettura della clausola che tenga conto del senso fatto proprio dalle parole utilizzate, porta a distinguere tra incameramento della cauzione, reso possibile dalla scelta dell’Amministrazione indotta dal comportamento di controparte in maniera pressoché automatica e causa risarcitoria, anche eccedente l’importo della stessa. Mentre, infatti, avuto riguardo al primo, la formulazione della frase è in senso assertivo, il risarcimento dei danni costituisce una mera evenienza («danni che “potranno” derivare all’Amministrazione»), con ciò non potendo che rendersi necessario accertare i presupposti dell’illecito civile che ne fondino la eventuale richiesta. Sussistendone i presupposti, la relativa quantificazione è predeterminata contrattualmente, con ciò esonerando l’Amministrazione da prove aggiuntive in merito. Al contrario, la insussistenza degli stessi, per come ampiamente chiarita nei paragrafi precedenti, rende superfluo scrutinare più approfonditamente la corrispondenza del calcolo effettuato al criterio indicato nella norma, stante che la durata del servizio risulta anticipata rispetto a quella dell’aggiudicazione al secondo offerente e posticipata di otto mesi, rispetto alla scadenza originariamente prevista. |
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